Dal libro di Falzone ‘La piccola Atene’, al ‘Sistema-Montante’: affollatissimo incontro col giornalista Bolzoni ed il magistrato Zammuto (video)

Nella sala Oratori di palazzo Moncada, il 18 dicembre, per il ciclo “Alta marea” della stagione teatrale del Comune di Caltanissetta, diretta da Aldo Rapè, si è tenuto un incontro dal titolo: “Dalla cronaca alla letteratura, l’affare Montante”.

Moderato dal giornalista Alessandro Anzalone, il dibattito si è snodato partendo dal libro “Piccola Atene” dell’avvocato Salvatore Falzone. Ai saluti del sindaco di Caltanissetta, Giovanni Ruvolo e dell’assessore alla cultura, Pasquale Tornatore,

sono seguiti gli interventi dell’autore del libro, che è stato peraltro finalista al premio ‘Racalmare Leonardo Sciascia’ nel 2014, del giornalista Attilio Bolzoni e del magistrato Stefano Zammuto. Ad accorrere sono stati in tanti, malgrado l’assordante silenzio di buona parte della stampa nazionale, riguardo ad un caso che comunque lo si chiami, ‘Sistema Montante’ o processo ‘Double face’, dovrebbe scuotere le coscienze di quanti credono ancora nei valori fondamentali della democrazia. In una città ferita, qual è Caltanissetta, questo terribile vuoto dei grandi media nazionali, se si eccettua Report ed il giornale la Repubblica, lo si avverte ancora di più. Il perché di tale vulnus, comunque, lo si è capito subito, non appena l’organizzatore dell’evento Aldo Rapè, ha letto un passo de ‘Il contesto’

di Leonardo Sciascia. E’ tutta lì la spiegazione. Chi può parlare in Italia, un Paese in cui, come soleva dire Sciascia, il potere sta sempre altrove e non nelle competenti sedi istituzionali. Dopo lo stragismo mafioso, ha esordito Bolzoni, la mafia e/o una parte dello Stato, assieme ai soliti poteri occulti, i soliti servizi segreti deviati, hanno prescelto una Caltanissetta, a cui hanno fatto indossare i panni della legalità e della lotta alla mafia. Il testimonial di questa ultima impostura di Stato, Antonello Montante, ha potuto così, urbi et orbi, esercitare un potere che ai più sembrava ben al di sopra delle sue modeste capacità. Si vede che avevano deciso di ripartire da una provincia che dava meno nell’occhio, rispetto alla Palermo dei Corleonesi od alla Trapani di Matteo Messina Denaro, ha proseguito Bolzoni. Una provincia che comunque è pur sempre di grandi tradizioni mafiose, se si considera che era il feudo di Genco Russo da Mussomeli e di Don Calò Vizzini da Villalba, il primo capomafia della Sicilia, dopo lo sbarco degli Americani. Come al solito Leonardo Sciascia in questo resta un maestro, oltre che un visionario. E’ sempre la letteratura che ci aiuta a capire certe storie e di che pasta sono fatti certi personaggi. Ed è questo il merito che va ascritto a ‘La piccola Atene’, il libro dell’avv. Falzone; quello di averci fornito l’esatta rappresentazione letteraria, con qualche anno d’anticipo, di tutto quanto il contesto ‘sciasciano’, in cui sguazzava Montante ed i suoi amici in ‘double face’. Ricordo che il giornalista di Racalmuto, Gaetano Savatteri, nella qualità di presidente della giuria del Premio Racalmare-Leonardo Sciascia, nell’edizione del 2014, non diede il primo premio al Falzone. Preferì quell’anno premiare un vecchio amico, Carmelo Sardo, con il suo libro ‘Malerba’; che è una lunga intervista ad uno spietato killer di mafia di Porto Empedocle. Ai più quella infelice scelta sembrò una sorta di inno alla mafia, tant’è che scoppiò una furibonda polemica. Non si capì bene come mai il Savatteri non espresse alcun particolare gradimento per una genuina opera di condanna di un perverso sistema di potere criminale, qual è La piccola Atene’.

Potere che un paio d’anni dopo abbiamo scoperto avere il suo epicentro a Caltanissetta. Adesso si capiscono un po’ meglio le reali motivazioni-guida (probabilmente anche queste a guida Montante) che ispirarono il Savatteri. Nel 2008, infatti, la celebre casa editrice ‘Sellerio’ stampò e distribuì un prezioso (per il suo autore), quanto curioso, panegirico del Savatteri, con ampia introduzione di Andrea Camilleri.

Quell’operazione, per così dire culturale, è servita per nobilitare Montante, la sua famiglia ed il suo sistema di potere, messo abilmente su anche grazie a queste ‘fatiche letterarie’. Si tratta della ‘Volata di Calò’ di cui oggi ci sarebbe poco da essere fieri, non solo di averlo scritto, ma anche di averlo pubblicato. Come è noto a chi bazzicava, anche per curiosità, in questi ambienti pseudo-culturali e pseudo-antimafiosi, furono in tanti a dare il massimo di sé stessi per trasformare quattro guitti ben addestrati, quattro fenomeni da baraccone, addirittura negli eredi di Falcone e Borsellino. Tra di loro, come ha ricordato Bolzoni, inizialmente, il leader indiscusso era Ivan Lo Bello. Per i suoi modi raffinati e niente di più. Fungeva da intellettuale della squadra antimafia di Confindustria Sicilia. In realtà era un modesto ma furbo ‘biscottaio’ di Siracusa che frequentava, chissà perché e per conto di chi, i salotti bene dell’alta finanza, riuscendo anche a diventare dirigente di alcune delle principali banche italiane. Come tutto ciò è stato possibile? Tutta colpa dei servizi segreti?

Non è assolutamente da escludere che tutta questa fantasmagorica costruzione di un autentico ‘nulla ben strutturato’, e persino l’esistenza stessa di questa sguaiata squadra di pseudo anti mafiosi, sia in buona sostanza opera dei servizi segreti, ha precisato il magistrato Zammuto. Non è un caso, ha proseguito Zammuto, che il presidente della Regione, Rosario Crocetta, nella trasmissione di Report, dedicata ad Antonello Montante, ha confessato una sua cruda convinzione, dicendo che lui ha scambiato Montante per un uomo dei servizi segreti. La qual cosa rende questa vicenda, se possibile, ancora più inquietante e sconvolgente. Oggi ciò che preoccupa è la continuità di un sistema, le cui recenti radici storiche si possono benissimo far risalire all’ex governatore Totò Cuffaro, mentre le ultime sue intrinseche ed estrinseche propaggini si chiamano Raffaele Lombardo, Rosario Crocetta ed il ‘finto ed ingenuo inconsapevole di tutto’, Nello Musumeci. Anche l’attuale presidente della Regione, non ha fatto altro che riconsegnare la Sicilia, ad una pletora di dirigenti regionali i cui nomi sono gli stessi dell’era Crocetta, Lombardo ed Alfano. Anche Musumeci sta contribuendo, enormemente a fare strangolare, in un’insopportabile morsa di povertà le famiglie, le scuole, le università e le piccole e medie imprese siciliane. L’attuale presidente della Regione non ha fatto altro che riconfermare i soliti burocrati e dirigenti regionali ignoranti, incapaci e corrotti; quelli che hanno rubato e consentito di rubare a man bassa svariati miliardi di euro, alla lobby di Antonello Montante. Chi ha distrutto e soffocato la Sicilia sta sempre seduto nei posti di potere dove ce li aveva lasciati Cuffaro, Lombardo Crocetta. Imperterriti continuano a massacrare Siciliani, sommergendoli con rifiuti, liquami fognari, tasse e tributi, i cui importi sono il triplo della media nazionale. Ed il bello è che si tratta di funzionari i cui incarichi dirigenziali sono stati conferiti in maniera illegittima; anche quelli suggeriti dal presidente dell’Assemblea Regionale, il forzista Gianfranco Micciché o da Don Raffaè (Lombardo). E’ come se il ‘Sistema-Montante’ continuasse a camminare sulle gambe di Nello Musumeci.

Compiendo un volo per niente pindarico, tra realtà e fantasia, già nel 2013 Salvatore Falzone trasfigurava quel potere occulto che riusciva a produrre soltanto marciume e corruzione, in una città apparentemente sonnolenta. In “La piccola Atene” Falzone aveva già colto nel segno quando descriveva il ‘metodo Montante’ :“Metta su una bella impresa, cominci a parlare di legalità, di mafia e di estorsioni, diventi amico di sbirri e magistrati, compri i giornalisti, si spedisca a casa due proiettili in busta ed è fatta”. Piaccia o no, la parola adesso è passata ai magistrati, alle prese con una serie di

equivoci e loschi personaggi delle Istituzioni: due ministri dell’Interno, Anna Maria Cancellieri ed Angelino Alfano,un ex presidente del Senato, Renato Schifani,un ex comandante di Stato Maggiore dei Carabinieri e dei Servizi Segreti Civili Nazionali, il generale Arturo Esposito

ed a cascata tutti quanti gli altri sedicenti servitori dello Stato che preferivano invece servire la lobby di Confindustria Sicilia, capitanata da Antonello Montante. I processi penali sono ancora in corso presso il Tribunale di Caltanissetta e riprendono il 7 gennaio, quello col rito abbreviato, mentre altri due tronconi, quelli col rito ordinario ed il rito immediato, il 14 gennaio 2019. Lo Stato, quello vero, stavolta c’è e sta prendendo atto delle prime ammissioni di colpa, quali quelle del 18 gennaio, quando il vice commissario di polizia, Marco De Angelis,

ha confessato i primi gravissimi reati da lui commessi, in oltre 7 anni di spionaggio al servizio di Antonello Montante. Per il resto ci sono delle lampanti intercettazioni ambientali e telefoniche: basta ascoltare la viva voce dei protagonisti di questa terribile spy-story, per rendersi conto di come andrà a finire questo così come gli altri processi che ci sono all’orizzonte, quali quello che riguarda i reati di associazione a delinquere e corruzione, ipotizzati a carico oltre che del Montante, anche del suo delfino e successore alla Presidenza di Sicindustria, Giuseppe Catanzaro, dell’ex presidente della Regione, Rosario Crocetta, degli ex assessori regionali Mariella Lo Bello e Linda Vancheri

e della dirigente esterna, Maria Grazia Brandara. L’attività di spionaggio e corruttiva emerge in maniera così prepotente, al punto tale che parecchi degli imputati, nel corso di queste prime fasi dibattimentali, hanno preferito non essere sottoposti ad alcun interrogatorio, compreso lo stesso Montante, proprio perché ci sono delle prove documentali inoppugnabili e schiaccianti che dimostrano la loro colpevolezza, ‘al di là di ogni ragionevole dubbio’.