Parlare di mafie doc a Ravenna

I primi incontri li fecero a Mezzano, un paese alle porte di Ravenna. Era il 2009 e quei ragazzi, quasi tutti ventenni, le sere si ritrovavano per parlare di mafie, di libertà di stampa, di giornalisti mincacciati, di zone grigie dello Stato. Lo facevano dentro l’appartamento di uno di loro, un ex alloggio per operai dello zuccherificio ormai dismesso del paese: da qui il nome “Gruppo dello Zuccherificio”.
Poca fantasia, ma tanta voglia di fare, soprattutto in un periodo in cui nelle ex regioni rosse parlare di mafia era tanto cool, a una sola condizione: le mafie dovevano essere quelle degli altri.
Mafie a denominazione di origine controllata, solo meridionali, “perché qui – si diceva all’epoca – ci saranno certo criminali, ma la mafia no. Quella è roba del sud”.
Eppure la criminalità organizzata proprio in quegli anni si infiltrava sulla via Emilia. E a rompere quel tabu, almeno in Romagna, furono proprio I ragazzi dello zucchericio, all’epoca guidati da Massimo Manzoli (nella vita ingegnere e ora consigliere comunale a Ravenna con una lista civica di sinistra alternativa al Pd)
La loro prima iniziativa di rilievo parte però dal mondo dell’informazione. Il Gdz organizza il festival Il grido della farfalla. Un festival dell’informazione indipendente. Arrivano nomi di calibro come Rizzo, Travaglio e altri.
Poi negli anni a seguire sono loro a fare giornalismo investigastivo. Di quello vecchia maniera. E sono loro ad accendere per primi un faro importante. Vanno in strada, sentono i residenti della zona, raccolgono confidedenze. E infine nel 2011 raccontano in un dossier che mettono on line sugli intrecci legati al mondo dei videopoker di un imprenditore calabrese allora quasi sconosciuto. Parlano delle sue società e delle sale gestite. Un impero del quale la stampa locale ignora l’esistenza per non parlare delle radici. Quell’uomo è Rocco Femia – ora collaboratore di giustizia – che pochi mesi dopo verrà arrestato nel corso dell’operazione Black Monkey dalla Dda di Bologna. Forse la prima vera inchiesta sulle infiltrazioni imprenditoriali ndranghetiste in Emilia Romagna.
Oggi a 10 anni di distanza dalla prima serata insieme i ragazzi continuano a vedersi. Molti hanno lasciato Ravenna per motivi di lavoro, ma nelle scuole (dove organizzano incontri) cercano il ricambio generazionale.  seminano coscienze critiche, raccontano le storie delle vittime, portano testimonianze.
Tutto come 15 anni fa. Con una sola differenza: nessuno , purtroppo, può smentirli quando dicono che la mafia è qui.

fonte http://mafie.blogautore.repubblica.it/