Stragi: i tanti lati ancora oscuri dell’omicidio del Maresciallo Guazzelli

Sul gravissimo episodio rimangono alcuni lati oscuri.

Ipotesi su cui ha lavorato la procura di Palermo: come il fatto che l’omicidio sarebbe stato un segnale di Cosa nostra per l’ex ministro Calogero Mannino

Un pregevole articolo di Giovanni Bianconi, inviato a Palermo nel 2013 dal Corriere della sera, apriva nuovi scenari, nuove piste investigative e una miriade di dubbi sul delitto eccellente del maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli che ha già visto condannare in via definitiva esecutori e mandanti del delitto. E la pista indicata dall’articolo fa espresso riferimento alla trattativa tra Stato e mafia. Ecco cosa scrisse Bianconi: “C’è un nuovo omicidio nella trama della trattativa fra Stato e mafia, avviata – secondo l’accusa – nella primavera del 1993 con l’assassinio dell’eurodeputato Salvo Lima. È quello del maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli, ucciso la mattina del 4 aprile ’92 (vigilia di elezioni politiche),Il sottufficiale era un buon conoscente dell’allora ministro de Calogero Mannino, e l’avrebbe messo in contatto con l’ex generale Antonio Subranni, all’epoca comandante del Ros; Mannino e Subranni sono oggi imputati nel processo sulla trattativa, e la morte di Guazzelli diventa, per la Procura, un elemento in più per sostenere la loro responsabilità. Le indagini appurarono che fu un avvertimento per Mannino, che proprio a Guazzelli aveva confidato ,a ll’ex ministro di sentirsi in pericolo dopo l’omicidio Lima. Cosa preoccupava Guazzelli? Cosa sapeva?

Secondo l’accusa in quell’ occasione Guazzelli avrebbe rivelato (o ribadito) al generale i timori di Mannino, all’indomani dell’eliminazione del vecchio referente politico Salvo Lima, di essere la vittima designata successiva. Subito dopo la mafia uccise, secondo alcune piste investigative, il maresciallo per rafforzare l’intimidazione agli esponenti democristiani siciliani più potenti dell’epoca. Mannino , in quel tempo era potentissimo. Sciacca, la provincia di Agrigento e anche la Valle del Belice erano roccaforti del suo elettorato democristiano. Un suo stretto collaboratore era il Notaio Pietro Ferraro originario di Castelvetrano e che in quegli anni influenzava non poco la vita politica ed economica di Castelvetrano e del Belice. C’erano i manniani e successivamente i mangrilliani scaturiti dall’accordo tra l’ex ministro e il deputato Grillo di Marsala . Un accordo che produsse quintali di voti e numerose poltrone di potere. L’acme di potere di Mannino nel trapanese , con la rappresentanza di Ferraro, si compie proprio in quegli anni prima delle stragi. Se la relazione politica tra Lima e Mannino non trova riscontri sulle preoccupazioni di Guazzelli, rimane evidente che il contesto politico rilevato , agiva in un territorio dove la mafia non stava di certo a guardare . Perchè la mafia , almeno dalle carte processuali decide di eliminare Guazzelli? Semplice ritorsione ? Ammazzare un uomo in divisa per la mafia di quel tempo, era una scelta da ultima spiaggia . Non poteva compiersi un omicidio di questo livello solo per ripicca

 

 

L’uccisione del Maresciallo Guazzelli

Il 4 aprile del 1992 il maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli viene assassinato a colpi di mitra nei pressi di Agrigento. Un agguato che rimane ancora oggi poco chiaro. Per i magistrati che hanno indagato sulla trattativa tra pezzi delle istituzioni e Cosa Nostra, Guazzelli avrebbe raccolto diverse confidenze da parte di Calogero Mannino, diventando, nell’ultimo periodo di vita, addirittura il trait d’union tra il ministro democristiano e il capo del Ros Antonio Subranni. L’obiettivo sarebbe stato quello di “aprire” un contatto con Cosa nostra. È per questo che la sua eliminazione viene considerata un segnale della mafia nei confronti di Mannino. Non sarà Mannino, però, l’obbiettivo successivo dei corleonesi.

Il 23 maggio, da una collinetta nei pressi di Capaci, il boss Giovanni Brusca schiaccia il telecomando che fa deflagrare 500 chili di tritolo, nascosti sotto l’autostrada. Obiettivo del maxi attentato è il giudice Giovanni Falcone, che proprio in quell’istante sta percorrendo l’autostrada con la scorta. Nell’esplosione muore anche Francesca Morvillo, la moglie del giudice che aveva dichiarato guerra a Cosa Nostra, oltre a tre uomini della scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Due giorni dopo, in un’Italia dilaniata dal dolore, salta a sorpresa l’elezione di Giulio Andreotti a presidente della Repubblica, considerata nei mesi precedenti quasi “naturale”. Al suo posto le camere riunite eleggono, dopo varie votazioni, il democristiano Oscar Luigi Scalfaro. Ai funerali di Falcone, della moglie e della scorte, le più alte cariche politiche vengono prese a sputi e spintoni dalla folla inferocita, che in lacrime grida: “Andatevene da Palermo, siete voi la mafia”. Lo Stato è in ginocchio.

È forse per questo che, pochi giorni dopo, il ministro dell’Interno Vincenzo Scotti candida pubblicamente Paolo Borsellino a capo della super procura antimafia, ideata da Falcone. Borsellino non la prende bene: “Hanno messo l’osso davanti ai cani” dice al tenente Carmelo Canale. “E Borsellino satò” avrebbe esclamato il boss Piddu Madonia guardando l’intervista di Scotti in televisione.

La storia prende una piega nettamente diversaquando, il 30 maggio 1992, l’allora capitano del Ros Giuseppe De Donno incontra Massimo Ciancimino in aereo. De Donno vede Ciancimino Junior già all’aeroporto e chiede alla hostess di sedere accanto a lui. La proposta del carabiniere e semplice: incontrare don Vito Ciancimino in via “confidenziale”. Massimo porta il messaggio al padre che convoca subito Bernardo Provenzano. “Va bene facciamo un tentativo – dice il boss – prova a trattare, prova a proporti da mediatore tra Riina, Cinà e i Carabinieri e vediamo cosa succede”. Inizia di fatto la trattativa. L’otto giugno però, il guardasigilli Claudio Martelli, di concerto con Scotti, fa approvare un decreto legge che, tra le altre cose, inasprisce il trattamento carcerario per i detenuti mafiosi. . I misteri sono ancora chiusi nei cassetti

Fonte: Web documents