Todo Modo tra Sciascia e Petri: lo sterminio della politica italiana

Il racconto dimenticato degli Anni di Piombo

Ci sono stati dei momenti in cui cinema e letteratura italiana hanno trovato formidabili punti e vie di convergenza. Durante uno dei momenti più duri della storia italiana repubblicana – i cosiddetti Anni di Piombo – registi, scrittori ed artisti in genere hanno raccontato in pagine o in sequenze memorabili i fatti dell’epoca.

Caso più unico che raro nel panorama culturale italiano riguarda – tanto per cambiare – Elio Petri, autore di uno dei più riusciti instant movie della storia del cinema italiano. Riguarda però anche Leonardo Sciascia, intellettuale critico e pungente pienamente immerso nel suo tempo. Le parole di Sciascia si son trasformate in sequenze visive con una rapidità tale da far invidia alle grandi produzioni americane.

Parliamo, nello specifico, di Todo Modo, romanzo uscito originariamente nel 1974 per I Coralli di Einaudi, collana pensata per raccogliere la narrativa di autori italiani già affermati. Parliamo anche dell’omonimo film di Elio Petri del 1976, liberamente tratto dal lavoro di Sciascia.

Il piccolo libricino narrato in prima persona rivoluziona il giallo italiano. Sciascia fa parlare direttamente il suo personaggio, un innominato ma molto noto pittore, facendolo muovere attraverso una trama lineare e consequenziale.

Libro Todo Modo: Don Gaetano ed il Pittore

Il pittore, spinto dalla noia estiva, vaga per le campagne contigue ad una grande città italiana, probabilmente Roma. Si imbatte, quindi, in un eremo-albergo chiamato Eremo di Zafer 3. La struttura, che sorge su una antica cripta, è realizzata in “stile moderno”, plausibilmente secondo i canoni del Brutalismo. Il protagonista, incuriosito da questa struttura così futuristica gestita da monaci, decide di passarvi alcune notti. Il direttore, l’indecifrabile Don Gaetano, è un prete astuto ed intelligente, ben avvezzo ai giochi di potere che si rimpallano tra politica e clero.

Durante la permanenza del pittore si svolgono i cosiddetti “Esercizi Spirituali”, in teoria una pratica di purificazione mutuata dai precetti di Sant’Ignazio di Loyola, nei fatti un’occasione per politici e grandi industriali di riunirsi al di fuori di occhi indiscreti. Specialmente nella prima parte del racconto, l’ironia è pungente ed il sarcasmo veramente tangibile.

Il pittore, politicamente di credo simil-socialista, racconta allo spettatore in maniera apparentemente distaccata il circo umano in cui è immerso. Ironia che è anche elemento fondamentale per la riuscita del romanzo: lo sguardo qualunquista e populista del pittore riesce ad ingannare il lettore grazie alla sua ingenuità e buonafede. Il narratore, però, non è esente da colpe negli sviluppi del romanzo.

Il casus belli capita durante un esercizio di preghiera in compagnia di ministri e notabili. Un politico in vista viene ucciso: è l’occasione per far esplodere l’ipocrisia e i veleni latenti tra i vari compagni di partito in situazione di forzata convivenza.

Il clima narrativo creato da Sciascia è decisamente opprimente. Il pittore, nella vista di cittadino-osservatore, è costretto ad assistere allo sfacelo della propria classe politica: una metaforica Zattera della Medusa dal prevedibile epilogo. A rendere molto più grève la situazione è l’intervento del quasi diabolico Don Gaetano, curato che ama essere identificato come scaltro, intelligente e in un tal senso demoniaco.

In Todo Modo una forte critica al Compromesso Storico

Proprio tra i fulminei botta e risposta tra il pittore ed il prete, tutto sommato due facce della stessa medaglia, nasce il sottotesto politicoche caratterizza indelebilmente il romanzo. Sciascia, anche lui successivamente parlamentare, si guarda bene da accusare apertamente l’una o l’altra fazione politica, mascherandosi dietro il già citato qualunquismo e dietro l’equivoco stereotipo della voracità del potere.

Non è comunque difficile intuire che i ministri sopracitati appartengano alla Democrazia Cristiana. Sciascia, già critico verso il Compromesso Storico, vuole così criticare l’intera struttura di un partito che si appresta a stringere accordi con il PCI.

Il finale dell’opera è emblematico, e questo è il forte elemento di modernità del racconto. Verso la metà del libro il sottotesto politico diventa trama, e la trama è implicitamente declassata a semplice espediente narrativo. Il mistero degli omicidi illustri è irrisolto, come lo è l’eliminazione fisica del reggente dell’Eremo. Tuttavia il lettore è avvisato: ciò che interessa non è il nome dell’esecutore materiale degli omicidi perchè tutti gli ospiti dell’albergo sono allo stesso tempo mandanti ed esecutori materiali. Pittore compreso.

Ecco l’elemento sinceramente opprimente e soffocante del romanzo: siamo tutti colpevoli, noi italiani, della nostra conflittualità sociale. Sciascia quindi fornisce, con astuzia e grande mestiere, un saggio antropologico su un popolo, esaminato tramite i suoi rappresentanti.

La riscrittura di Petri: il film Todo Modo

Nonostante possa sembrar difficile radicalizzare questa posizione già abbastanza estrema, Elio Petri fa il possibile per arrivare a questo traguardo. Il cineasta romano, già amato e criticato per la sua Trilogia della Nevrosi, dirige la sua personalissima versione di Todo Modo, così differente dall’originale ma così pregnante da essere lodata da Sciascia in persona:

TODO MODO È UN FILM PASOLINIANO, NEL SENSO CHE IL PROCESSO CHE PASOLINI VOLEVA E NON POTÉ INTENTARE ALLA CLASSE DIRIGENTE DEMOCRISTIANA OGGI È PETRI A FARLO. ED È UN PROCESSO CHE SUONA COME UN’ESECUZIONE… NON ESISTE UNA DEMOCRAZIA CRISTIANA MIGLIORE CHE SI DISTINGUA DA QUELLA PEGGIORE, UN MORO CHE SI DISTINGUA IN MEGLIO RISPETTO A UN FANFANI. ESISTE UNA SOLA DEMOCRAZIA CRISTIANA CON LA QUALE IL POPOLO ITALIANO DEVE DECIDERSI A FARE DEFINITIVAMENTE E RADICALMENTE I CONTI

Il significato dell’aggettivo “pasoliniano”, così pronunciato a pochi mesi dalla sua tragica morte e dall’uscita travagliata di Salò è presto spiegato dallo stesso Petri: si tratta di una commistione tra il fanta-romanzo di Sciascia e una trama degna delle opere del Marchese De Sade. Dice Petri:

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