A Te che rappresenti le Istituzioni e ne sei nemico

Caro Nemico,

mi rivolgo direttamente a Te perché so che mi leggi e non è necessario che io ti racconti chi sono e perché ho deciso di affrontare la cinica arroganza e la bramosia di potere che ti hanno portato a vivere la parte che quotidianamente reciti.

Sono certo vorrai perdonare il tono confidenziale, senza gli orpelli che per te son ragione di vita, come lo sono per coloro i quali ti fai, ingiustamente, vanto di combattere.

Dal Dott., al Don il confine è breve e si sgretola sotto il maglio dei carteggi e delle testimonianze che rischiarano i quasi trent’anni dell’enorme pozzanghera nella quale avete affogato il diritto al futuro dei nostri figli.

Ho usato il plurale perché Tu da solo non avresti potuto. Ho trascorso intere giornate a leggere e rileggere quei documenti che, come ben sai, consegnano alla storia il grande rilievo politico istituzionale e affaristico che ha coperto la lunga latitanza di una belva sanguinaria che non si rese neppure conto di essere strumento di raffinatissime menti – come amava definirle Giovanni Falcone  – che non hanno esitato ad affidare al tritolo la soluzione alla minaccia che sapevano che di lì a poco li avrebbe travolti.

Argomenti complessi che soltanto chi ha studiato ogni singola carta può comprendere. Ma Tu che quelle carte ben conosci, sai di cosa sto parlando.

Ti immagino rabbioso ma anche pervaso  da un senso di disperazione, di drammatica impotenza dinanzi l’aver compreso l’incepparsi di quel sistema di potere incancrenito che per tanti anni ha garantito facili fortune, brillanti carriere e coperture istituzionali, per compiere i più turpi crimini che mai mente umana abbia concepito.

La belva, è stata solo strumento utile di tale perfidia, contornata da un corollario di vittime-carnefici costrette – come nel caso di Scarantino – o di autentiche e patetiche marionette che vi hanno permesso di governare per decenni i gangli vitali di questo Paese. Anche la belva è solo strumento ad usum Delphini. Lo fu agli inizi, lo è tutt’ora.

Forse fino all’ultimo hai sperato che la prudenza avesse la meglio, che facesse da argine a ciò che non mi deve interessare, a ciò di cui non mi sarei dovuto occupare. Invece, eccomi qui, a cercare, a leggere, ad analizzare, a mettere un tassello accanto all’altro, per ricomporre un puzzle che avete provato a cancellare.

La marionetta senza fili cade su sé stessa. L’anello debole di una catena che rischia di spezzarsi. Più volte mi sono chiesto come avete commesso l’errore di non togliere di mezzo l’ingranaggio prima che si usurasse definitivamente e inceppasse il sistema. Non certo per umanità, onestà o fede.

Nessuno di noi conosce il proprio destino, ma noi ci conosciamo e sappiamo che la nostra è una partita che giocheremo fino alla fine. Giorno dopo giorno, documento dopo documento, lettera dopo lettera, testimonianza dopo testimonianza, proverò a buttare giù quel muro che protegge il vostro potere incancrenito.

Non posso fare altro che essere me stesso, credere in quel che faccio, guardare negli occhi chi mi sta vicino senza doverli abbassare. Non aspetterò di vedervi costruire nuove barriere dietro le quali rifugiarvi.

Le mie carte sono scoperte. Le vostre, quantomeno quelle del passato, in parte lo sono già, e a breve lo saranno anche le altre. Cosa provi nel leggerle? Cosa pensi quando sai che la vostra marionetta potrebbe finire in ben altre mani, in quelle mani che vorranno capire e sapere chi, come e perché le tirò le fila?

Cosa aspettarmi? Sarà il Tuo rabbioso colpo di coda a impedirmelo?

Comunque vada avrò dato il mio contributo ad aprire la via alla comprensione delle vostre falsità.

Gian J. Morici