Caso Saguto – Dobbiamo avere paura della giustizia?

La puntata di ieri del programma “Le Iene” sul caso Saguto che tanto imbarazza l’antimafia palermitana,  è da far tremare le vene e i polsi più di quanto non lo farebbe la terribile lupa del canto I dell’Inferno, quando  Dante chiede aiuto a Virgilio.

Eh sì, quasi da far rimpiangere i tempi in cui “cosa nostra” massacrava a colpi di lupara quei giornalisti che si mettevano di traverso rispetto gli interessi dei mafiosi, che almeno loro, criminali e canaglie  quanto mai, non uccidevano la reputazione e la dignità delle loro vittime, costringendo i figli a doversi ingiustamente vergognare dei loro padri.

Quello che emerge dalle nuove inedite intercettazioni che riguardano l’ex giudice Silvana Saguto, oggi radiata definitivamente dalla magistratura a seguito dell’inchiesta sui beni confiscati alla mafia, offre uno spaccato allucinante su quello che la stessa Saguto definisce “sistema”, quando parlando  di Pino Maniaci – il direttore di Telejato che per primo affrontò la questione delle consulenze degli amministratori giudiziari – con l’avvocato Cappellano Seminara (amico intimo della Saguto e anche lui coinvolto nel procedimento che riguarda la giudice e altre 13 persone, oltre l’avvocato, – rinviate a giudizio dal tribunale di Caltanissetta) dice: “quello che non capisco è per quale ragione ancora nessuno si muove contro questo stronzo di Telejato che evidentemente se la prende con il sistema”.

E il “sistema” si compatta, fa quadrato sulla Saguto offrendole una rete di protezione che la metta al riparo dalle accuse di Maniaci e de Le Iene. In ballo c’è la gestione dei beni confiscati alla mafia, “30 miliardi di euro nelle mani di pochi”, aveva denunciato Pino Maniaci quattro anni fa a Le Iene, quando il giorno successivo alla messa in onda del servizio, la Guardia di Finanza intercettò telefonate della Saguto e i tentativi da parte del “sistema” di crearle una rete di protezione.

Pino Maniaci, che il 22 aprile 2016 è stato accusato di estorsione semplice ai danni di due amministratori comunali, dichiara di voler andare fino in fondo in questo suo processo, rinunciando eventualmente pure alla prescrizione. Quel che appare evidente dalle intercettazioni rese note ieri da Le Iene, è l’ossessione che la Saguto aveva di Maniaci, il suo interessamento per sapere quando lo avrebbero arrestato, le lagnanze in merito al ritardo dell’operazione che gli avrebbe tolto dagli zebedei quello “stronzo di Telejato che evidentemente se la prende con il sistema”. Ma la Saguto non manca di muovere accuse pure ai colleghi della Procura di Palermo che, a suo dire, se la prendono comoda a chiudere le indagini su Maniaci: “Se quei coglioni della Procura indagassero su Maniaci – dice al figlio – l’avrebbero già arrestato, solo che non è che io ho persone, ho coglioni”.

Diversi i nomi dei personaggi che vengono fuori dall’inchiesta de Le Iene grazie alle intercettazioni in loro possesso, tra i quali quello dell’ex prefetto Cannizzo che dice alla Saguto “o ci riusciamo noi a farti questa “rete di protezione”  o se no è inutile. Noi Istituzione siamo. Domani ne parlo con Pignatone”; quello del Colonnello della DIA Rosolino Nasca, che a dire della Saguto avrebbe parlato con “uno di Repubblica e con giornalisti che avrebbero scritto articoli in favore della giudice. Ma quel che sembrerebbe ancora più grave, il possibile coinvolgimento di magistrati di Palermo.

Un cerchio magico, o un “sistema” per dirla alla Saguto, del quale avrebbero fatto parte professionisti, un professore universitario e uomini delle istituzioni. Un nome che sembra venir fuori dalle intercettazioni è quello di Francesco Del Bene, uno dei cinque pubblici ministeri dell’operazione che aveva portato all’accusa di estorsione nei confronti di Pino Maniaci. In una conversazione la Saguto dice al suo interlocutore di aver parlato con Del Bene, il quale le avrebbe detto “Ci dicono di andare con i piedi di piombo, però tu stai tranquilla, vedrai, vedrai che tutto si sistemerà. A noi ci hanno detto di andare con i piedi di piombo”, ‘parlando di Maniaci praticamente. Lui non l’ha mai fatto il nome ma era chiaro che parlava di quello’ – aggiunge l’ex magistrato.

Non conosco personalmente Maniaci, incontrato casualmente soltanto una volta, e non ho né particolari antipatie o simpatie che possano condizionare la mia opinione su questa vicenda, ma il solo pensiero che possa esistere un “sistema” capace di decretare la morte civile di un uomo perché lo stesso si è permesso, facendo informazione, di intralciare interessi che appaiono tutt’altro che leciti, mi fa molta più paura di quanto non me ne facciano i mafiosi con coppola e lupara.  Frasi come quelle ascoltate nelle intercettazioni (“ha le ore contate”) mi ricordano tutt’altro genere di personaggi, con la differenza che questi dovrebbero rappresentare la giustizia. A questo ci siamo ridotti? A dover avere paura della giustizia?

E ascoltando  frasi come “ci dicono di andare con i piedi di piombo”, come se un’indagine e i suoi tempi dovessero dipendere dall’opportunità del momento o dai desideri di qualcuno, ecco che ti vengono in mente altre indagini. Le telefonate ricevute da investigatori che hanno “urgenza” di chiudere una banalissima indagine per diffamazione a mezzo stampa, una querela presentata e lo stesso giorno approdato al tavolo di un procuratore che in giornata l’affida a un sostituto il quale già il giorno successivo iscrive al registro notizie di reato gli indagati. L’annotazione che hai letto sul frontespizio da parte di un alto magistrato, un altro procedimento che a termini di legge non andava avviato, o quantomeno non nella maniera in cui è avvenuto. È questa la giustizia?

Il servizio de Le Iene si chiude con l’ultima intercettazione della Saguto: “Loro ci stanno lavorando, me lo hanno assicurato. Lo Voi (il Capo della Procura, che stava indagando su Pino Maniaci) mi ha detto: Prenditi i calmanti e statti quieta, non c’è bisogno di fare niente con Maniaci, stai tranquilla”.

“Sia chiaro – afferma il giornalista de Le Iene – l’indagine su Pino (Maniaci – ndr) è partita nel 2014, e di certo la Procura di Palermo si sarà mossa in autonomia e con valide motivazioni, e dal canto suo la Saguto potrebbe aver detto quelle cose in maniera provocatoria, oppure così, per scherzare. Certo è però, insomma, sentirle col senno del poi, fa un po’ strano, no?”

E anch’io sono certo che la Procura di Palermo si sarà mossa in autonomia e con valide motivazioni, certo è però, che il solo pensiero che Maniaci possa essere stato stritolato (a prescindere se innocente o meno) da un “sistema” asservito a logiche che ben poco hanno a che vedere con la giustizia, mi fa riflettere su come a fronte di tanti magistrati che fanno correttamente il proprio lavoro, ne bastino pochi a screditare agli occhi dei cittadini un’intera categoria, creando un clima di sfiducia e di terrore.

Per fortuna, a vigilare su ciò che accade nel mondo delle toghe, c’è il Consiglio Superiore della Magistratura! E il caso Palamara? – dite voi. È vero, lo avevo quasi dimenticato…

Mi è tornata la paura…

Gian J. Morici