Il caso Saguto, le Iene e il “rumoroso” silenzio dell’antimafia di sistema. Quel terrore di finire nel tritacarne se osi parlare

L’Antimafia del bluff  Saguto, Montante e il potere parallelo

Quando la vita delle persone vale zero

Il silenzio dei delfini e dei paladini della legalità

Sarebbe molto utile alla Giustizia e alla credibilità delle Istituzioni che la Saguto collaborasse, raccontando tutto quello sa

Cosa non sappiamo ancora dell’antimafia di potere? Cosa  ancora si nasconde dietro al modus operandi dell’antimafia alla  Saluto e  Montante? Entrambi godevano di forti protezioni statali. A leggere le carte dell’inchiesta c’è da tremare. La vendetta contro gli oppositori potrebbe scattare ancora?

Un sistema  quello messo a fuoco dalla Iene che era pronto a scatenare l’inferno contro chi, avesse osato, a vario titolo, disturbare la loro azione. Attaccarli ,cercando solo la verità? Un rischio enorme. A finire nel tritacarne giudiziario e mediatico ci voleva poco. Quante vittime ha generato questo sistema? Tante e molte ancora non conosciute. Viene da rabbrividire pensando che, anche poliziotti , carabinieri  e uomini delle Istituzioni, si siano  adoperati per vendicare la Saguto e suoi amici. 

Pure i prefettiUna sorta di giustizia ad orologeria pronta a scattare con la complicità di alcuni giornalisti prezzolati che erano abili  a dare credibilità alle intenzioni di Saguto e compagni. Il rischio  del tritacarne è ancora alto. Qualcuno degli aderenti al cerchio magico , nonostante il servizio delle Iene, potrebbe scatenare vendette. Il rischio rimane? Temiamo di Si. Speriamo di sbagliarci. Ma il silenzio di “alcuni”, su questo servizio ci fa pensare ad una specie di difesa e al vulcano che cova. Se è così , ci saranno altre vittime da sacrificare per salvare il “palazzo” e la sua ipocrisia.

Povera Sicilia, distrutta dalla mafia e da questa antimafiaFortunatamente esistono magistrati seri, poliziotti ligi al dovere che fanno ben sperare. La Guardia di Finanza, in questo caso, unitamente alla Procura di Caltanissetta ,hanno datto un segnale di grande senso del dovere,svolgendo  un ottimo lavoro.  Un grande impegno e tanta volontà  non basta.

Sono tanti i dubbi rimasti. Ci sarebbe anche   da capire se, questo sistema Saguto, oltre a sequestrare e gestire, abbia favorito imprenditori “protetti” dall’antimafia, “agevolando” la loro crescita economica. Infatti, è strano, come certe aziende, in comuni sciolti per mafia( come Castelvetrano), pur avendo fatturato milioni di Euro negli anni caldi ,  con gli enti sotto osservazione, non abbiano  mai conosciuto indagini.Le inchieste non le hanno mai  toccate

Il servizio bomba delle Iene che martedì 10 dicembre avrà una seconda puntata

Nella nuova puntata dell’inchiesta di Matteo Viviani e Riccardo Spagnoli sulla “mafia dell’antimafia” vi raccontiamo delle indagini che hanno messo sotto accusa alcune attività dell’’antimafia di Palermo

La donna che sentite parlare all’inizio del servizio di Matteo Viviani e Riccardo Spagnoli è Silvana Saguto, oggi radiata definitivamente dalla magistratura nonché ex presidente della sezione Misure di prevenzione antimafia del tribunale di Palermo. L’uomo invece è l’avvocato Cappellano Seminara, uno degli amministratori giudiziari più conosciuti del capoluogo siciliano. A quei tempi lavorava proprio per il tribunale guidato dalla giudice Saguto.

Sono le 8.49 del mattino del 15 maggio del 2015: la sera precedente è andato in onda un servizio de Le Iene che parla proprio del tribunale Misure di prevenzione di Palermo, della sua presunta malagestione e dei rapporti professionalmente poco chiari che la giudice avrebbe avuto con l’avvocato Seminara. La telefonata parte dal telefonino di Silvana Saguto, che vuole confrontarsi con il suo uomo di fiducia che sembra furioso per quello che è andato in onda. Potete sentire la conversazione nel servizio in testa a questo articolo.

Oggi il giudice, l’avvocato e altre 13 persone sono state rinviate a giudizio dal tribunale di Caltanissetta con accuse che vanno, a vario titolo, dall’abuso d’ufficio, al falso materiale, alla corruzione fino all’associazione a delinquere. Il processo, per l’importanza delle persone imputate, sembra poter essere clamoroso anche se vi ricordiamo comunque che tutte le persone coinvolte sono innocenti fino a prova contraria.

Al di là delle sentenze, che prima o poi arriveranno, questa storia sembra però poter mettere in dubbio la credibilità di alcune attività di una istituzione importante nella lotta alla mafia.

In questo servizio iniziamo a ripercorre la strada che ha portato alla sbarra l’antimafia di Palermo. Nel servizio che potete vedere qui sopra potete ascoltare le voci dei più importanti indagati, intercettati per mesi dalla Guardia di finanza. Lo facciamo ripartendo proprio da quel servizio del maggio del 2015, che potete rivedere cliccando qui. In quell’occasione abbiamo incontrato Pino Maniaci, un giornalista siciliano che della lotta alla mafia ha fatto la sua vita e la sua croce: è infatti anche lui sotto processo, come ricostruito nel servizio che potete vedere qui sopra.

Aveva denunciato quello che di strano sembra stesse accadendo all’ombra delle misure di prevenzione. “I beni tolti ai presunti mafiosi vengono amministrati da amministratori giudiziari che riescono a svuotare un patrimonio di miliardi di euro che dovrebbero tornare alla collettività e che invece diventa quella che noi abbiamo definito ‘la mafia dell’antimafia’”, ci aveva detto.

Nell’occhio del ciclone erano finiti proprio gli amministratori giudiziari, cioè quei professionisti nominati dal tribunale che hanno il compito di gestire temporaneamente le aziende poste sotto sequestro a chi è sospettato di essere in odore di mafia. “Palermo gestisce più del 40% di tutti i sequestri nazionali”, ci aveva detto Maniaci. Un patrimonio apparentemente enorme: “Parliamo di 30 miliardi di euro nelle mani di pochi”. Una coincidenza che aveva fatto alzare l’attenzione proprio su quei pochi. “Abbiamo amministratori giudiziari con incarichi di decine di aziende con centinaia di persone, con decine di aziende satellite. Tutte a uno”, denunciava Maniaci. A quei tempi, comunque, quella pratica non era vietata dalla legge.

Oltre alle aziende affidate a poche persone, e ai compensi che queste ricevevano, si poneva però il problema del destino di queste aziende: come potete vedere nel servizio, attraverso alcune storie, abbiamo raccontato di tante imprese che sotto le gestioni degli amministratori giudiziari non ce la fanno e vengono chiuse trasformando quelli che prima erano dei veri e propri imperi in scatole vuote, lasciando per strada senza un lavoro decine di migliaia di persone. All’epoca comunque la dottoressa Saguto negava che sotto la gestione degli amministratori giudiziari ci fossero numeri allarmanti di aziende fallite.

Tra gli amministratori giudiziari più nominati dalla sezione del tribunale Misure di prevenzione presieduta da Silvana Saguto c’era Cappellano Seminara, definito più volte dalla stampa il “re degli amministratori giudiziari” e che oggi è uno degli indagati chiave nel processo di Caltanissetta. Matteo Viviani era andato a parlare proprio con lui qualche mese prima che fosse iscritto nel registro degli indagati, come potete vedere qui sopra.

A quei tempi, comunque, è possibile che noi non fossimo gli unici ad avere qualche dubbio sui rapporti tra i due e la mole di aziende date in gestione a Seminara: già da qualche mese gli uomini della Guardia di finanza di Palermo stavano intercettando i cellulari del cosiddetto “cerchio magico” intorno a Silvana Saguto.

Il giorno dopo il servizio, Silvana Saguto riceve la telefonata di un altro personaggio chiave nell’inchiesta di Caltanissetta: Carmelo Provenzano, professore universitario, coauditore in alcune misure di prevenzione del tribunale presieduto dalla dottoressa Saguto e attualmente indagato dalla procura di Caltanissetta per associazione a delinquere, corruzione, falso ideologico e materiale.

Nel servizio di Matteo Viviani e Riccardo Spagnoli potete riascoltare alcune delle intercettazioni telefoniche che riguardano la dottoressa Saguto, l’avvocato Cappellano Seminara, il professor Carmelo Provenzano. I tre sembrano discutere di quale potrebbe essere la migliore reazione possibile al servizio de Le Iene e le opinioni appaiono divergenti.

A questo punto sembra entrare in gioco il mondo istituzionale che ruota intorno alla Saguto. Tra le prime a muovere un apparente passo in sua difesa c’è Francesca Cannizzo, ex prefetto di Palermo, buona amica della giudice e attualmente indagata per concussione nel processo di Caltanissetta. Una donna con una posizione istituzionale rilevante che la portava ad avere ottimi contatti e che, stando alle intercettazioni che potete ascoltare nel servizio, sembra non fosse d’accordo nel fare esporre in prima persona la Saguto con la stampa.

L’ex prefetto sembra che proponga alla Saguto una “rete di protezione”, che leggendo le carte sembra che abbia coinvolto il tenente colonnello della Guardia di finanza Rosolino Nasca, che in quegli anni lavora alla direzione investigativa antimafia di Palermo e che oggi è indagato a Caltanissetta per corruzione e atti d’ufficio.  A questo punto la rete di protezione intorno alla Saguto sembra interessare anche la stampa, come potete vedere nel servizio qui sopra, ed escono alcuni articoli che sembrano difendere la giudice.

Matteo Viviani è riuscito a incontrare l’ex capo scorta della giudice Saguto, colui che per dodici lunghi anni è rimasto accanto a lei in ogni momento. Nella prossima puntata vi faremo sentire le sue parole.