Quelle pietre sulla strada


16Quando la Lancia blindata, percorrendo sulla via del ritorno la strada statale 289, s’imbatte in una fila di pietre piazzate per ostruire la carreggiata, la scorta di Antoci non prova a forzare l’ostacolo, come suggeriscono in questo caso le prassi operative. L’auto invece rallenta, frena, poi prova a ripartire a marcia indietro un istante prima che dalla boscaglia qualcuno apra il fuoco.

Ecco il ricordo dei due agenti in audizione e del questore pro tempore di Messina, Cucchiara:
FAVA, Presidente della Commissione. A che distanza le vede (le pietre che ostruiscono la carreggiata, ndr)?
PROTO: Non la saprei quantificare…
FAVA, Presidente della Commissione. Era un rettilineo comunque…
PROTO: C’era prima la semicurva e poi ci si immetteva…
FAVA, Presidente della Commissione. Cioè, non le ha viste all’ultimo momento?
PROTO: Io non ho fatto una frenata brusca… perché poteva essere anche una cosa da poter evitare… nel momento in cui vedo i massi per tutta la carreggiata dico a Santostefano: «questi sassi così?» e schiaccio il freno più forte… Il tempo di fermare la macchina… mi è venuto istintivo di mettere la retromarcia e la macchina si muove all’indietro per 50 centimetri? Un metro? Non lo so, poco, perché sempre in questa manciata di secondi in cui innesto la retromarcia arrivano dei colpi.
D’AGOSTINO, componente della Commissione: Lei oggi ritiene che sarebbe stato più giusto andare avanti?
PROTO: Non ci ho provato… purtroppo con quella macchina (di esperienza) ne avevo poca…
(…)
SANTOSTEFANO: c’era un tornante, una specie di curvone chiuso… usciamo da questo curvone chiuso a circa 200-300 metri… adesso non saprei vedo ‘sti massi… che occupavano entrambe le due carreggiate… lì per lì avendo percorso …diverse strade di montagna, sa a volte trovi palle di fieno, a volte trovi pecore… quindi lì per lì a quella distanza, in quei frangenti di secondi, dico “vabbè una piccola frana, facciamo una sorta di gimcana e proseguiamo”, ma il tempo di pensare questo, praticamente io ho notato che tutte le pietre erano equidistanti tra di loro, di grosse dimensioni e quindi non potevi passarci sopra con la macchina, né tra una pietra e l’altra, e occupavano tutta la carreggiata… Appena abbiamo realizzato questo improvvisamente arrivano ‘sti colpi… appena ho realizzato questo ho detto al collega: “dietro, dietro” … perché ho pensato il peggio… la personalità dormiva dietro, si era appisolata, il tempo che si è arrestata la macchina, ha messo la marcia indietro, il tempo di metterla siamo stati presi da ‘sti colpi di arma da fuoco. È questa la scena.
FAVA, Presidente della Commissione. come si spiega la capacità (degli aggressori, ndr) di riconoscere la vostra auto? Che fosse quella e non un’altra auto?
SANTOSTEFANO: Non saprei spiegarlo.
FAVA, Presidente della Commissione. Come hanno fatto a mettere le pietre esattamente in prossimità del vostro arrivo? Poteva passare un’altra auto un attimo prima, un attimo dopo…
SANTOSTEFANO: Questo l’ho pensato anch’io, ne ho fatti centomila di ‘sti pensieri… però io non so dare una spiegazione.
(…)
FAVA, Presidente della Commissione. È normale, secondo i protocolli, che un’auto blindata con il “Monza 500” a bordo si fermi invece di cercare di aggirare o di forzare appena c’è un ostacolo?
CUCCHIARA: Presidente, la teoria dei servizi di scorta prevede che l’autista… vorrebbe che l’autista evitasse l’ostacolo… Però, per onestà mia intellettuale… devo anche ipotizzare che in quel frangente… l’oscurità, la notte, la sorpresa abbiano per un attimo confuso il collega che stava alla guida della macchina blindata.
FAVA, Presidente della Commissione. Lei fece un sopralluogo?
CUCCHIARA: No.
FAVA, Presidente della Commissione. Quindi, diciamo, ha potuto farsi un’idea soltanto in base alle fotografie.
CUCCHIARA: Assolutamente sì, sia sulla base delle informazioni che nella delicata veste di questore mi ha fornito il capo della squadra mobile.
FAVA, Presidente della Commissione. Come mai di fronte ad un attentato abbastanza eclatante (…) non andò a fare anche lei, da questore, un sopralluogo?
CUCCHIARA: Per due ordini di fattori. Intanto perché sono andato in piena notte da Antoci e dai poliziotti… Poi, l’indomani mattina, la prima cosa che ho fatto è stata andare in procura per incontrare il procuratore della Repubblica.
Sui massi che ostruivano la carreggiata la Commissione ha raccolto anche l’opinione del dottor Cavallo, oggi Procuratore della repubblica a Patti, all’epoca dei fatti uno dei PM della Procura di Messina che condussero le indagini e poi ne chiesero l’archiviazione, e del dottor Anzalone, capo della squadra mobile di Messina all’epoca dei fatti. Entrambi furono sul posto nelle ore successive all’attentato, ma sulle dimensioni delle pietre (o massi) i ricordi non coincidono.
PROCURATORE CAVALLO: Io sono stato sul posto… Le pietre non erano dei massi. Erano pietre che ovviamente potevano essere collocate, avendole preparate, nell’arco anche di due minuti d’orologio…
(…)
ANZALONE: Dopo circa mezzora mi sono recato sul posto a Cesarò per avere immediata idea del contesto in cui era avvenuto l’attentato, quando sono arrivato sulla strada, sul rettilineo dove vi era questa fila di pietre, due o tre, massi abbastanza grossi ognuno del peso di circa 10/15 chili…
(…)
FAVA, Presidente della Commissione. Queste pietre che lei sappia sono state repertate, misurate, valutate anche rispetto alla possibilità che fermassero davvero un’auto blindata a piena velocità?
CUCCHIARA: È intervenuta la polizia scientifica insieme agli investigatori, quindi hanno fatto tutti i rilievi di rito. Sull’idoneità delle pietre o dei piccoli massi, a seconda di come li si vogliano chiamare, a fermare l’auto io non sono in grado ovviamente di dire nulla. Questo è quello che hanno affermato i poliziotti che erano sul luogo e che hanno dichiarato di essere stati fermati da quelle pietre.
(…)
FAVA, Presidente della Commissione. Secondo lei c’era la possibilità che la blindata le superasse forzandole?
PROCURATORE CAVALLO: Su questo c’è stato un lungo dibattito. Io sono sottoposto a scorta, alcune di queste persone mi dissero: “noi siamo stati addestrati nel senso che quando troviamo un ostacolo lo dobbiamo speronare”. Quindi dal punto di vista operativo non era il massimo della condotta così com’è richiesta. Noi chiedemmo delle spiegazioni anche in questo senso a Proto e Santostefano, però devo fare una premessa: erano le 2 di notte, venivano da una cena, anche loro avevano mangiato, avevano bevuto… Loro ci dissero che in un primo momento non ebbero il minimo sentore di uno sbarramento, pensarono ad una serie di massi franati. Quando si accorsero che c’era questo sbarramento effettivamente Proto ingranò la retromarcia… in quel momento gli arrivarono gli spari. Gli è stata fatta la domanda: “scusi, ma a lei non le hanno detto che bisogna sfondare?”. Lui (Proto) ha detto che in quel momento aveva sentito gli spari, aveva ricevuto dei colpi nella macchina… per cui pensarono, in quel momento, che forse la situazione migliore era frenare, fare la retromarcia e non speronare. Questa, ripeto, può essere una modalità forse non perfetta secondo i manuali, ma non mi sembra neanche così impossibile che si possa realizzare nella realtà dei fatti…
Sulle scelte della scorta di Antoci di fermarsi davanti alle pietre che ostruivano la carreggiata, sui tempi e le modalità dell’agguato, sulla fuga degli aggressori è utile riportare anche le valutazioni dell’allora comandante della caserma dei carabinieri di Cesarò, Giuseppe Lo Porto.
LO PORTO: Allora, io a parte che essere maresciallo dei carabinieri ho fatto il corso di guardia del corpo e di guida di sicurezza, e la cosa che a me ha lasciato il dubbio è che al corso dicono che quando succede qualcosa la macchina deve essere usata come un ariete per fuggire… Il mio pensiero era: perché ti sei fermato? Perché sei rimasto là fermo, perché? Se a me mi sparano, sto fermo là? Anche se ci sono delle pietre davanti, ma anche se c’è una macchina davanti, sperono e vado via. (…) Non me la sono formulata solo io, tutto il paese vociferava, tutti quanti: “ma, però…  ma, però” …
FAVA, Presidente della Commissione: Quale era l’elemento che non convinceva?
LO PORTO: …si vociferava, perché in un paese di montagna, ogni famiglia ha il suo fucile, vanno a caccia e quindi lo sanno usare, capiscono cos’è una rosata. (…) Per fare un attentato buono si doveva fare un tiro incrociato, non uno solo, ci dovevano essere più persone, invece uno solo rischia di non prenderlo… Due o tre persone decidono di sparare con un solo fucile se voglio fare un attentato? Non fanno un tiro incrociato? Lo fanno anche i cacciatori al coniglio. (…)
FAVA, Presidente della Commissione: Un’ultima cosa, visto che lei conosce bene la morfologia dei luoghi: gli attentatori sparano, e poi sarebbero stati messi in fuga. Come si fugge in un bosco come quello? La scientifica dice, senza luci, senza torce è molto complicato riuscire a scappare.
LO PORTO: Le racconto un fatto, facevo servizio a Bronte, quindi un territorio a fianco, e notammo, una sera che eravamo di pattuglia, una persona con un fucile in mano, la caccia era chiusa, gli abbiamo detto di fermarsi, questo comincia a scappare, lo abbiamo inseguito, dopo un poco lo abbiamo trovato infilato in un rovo che poverino era un ammasso di sangue, perché al buio come fai a scappare?

Infine, nel fascicolo dei rilievi tecnici redatto dalla polizia scientifica di Sant’Agata di Militello il 25 maggio 2016, la presenza dei massi viene così dettagliata:
“Davanti al primo veicolo Lancia Thesis, sono presenti alcuni massi che occupano la metà destra della carreggiata, altri massi si osservano antistanti nell’altra metà (sinistra) di carreggiata”
I massi in questione vengono fotografati nei rilievi (3 e 4) del fascicolo nonché rappresentati in un rilievo planimetrico. Nulla si dice in merito al peso o alle dimensioni. Altra circostanza degna di considerazione è il fatto che nel momento in cui i rilievi vengono eseguiti, i massi occupano soltanto la carreggiata destra. Quella sinistra è vuota. A rimuoverli – lo spiega Sebastiano Proto ai PM – sono stati gli operatori della prima volante accorsa sul luogo:
ASS. PROTO: La strada viene liberata già da quando è arrivata la volante… Dall’operatore della volante perché loro pure volevano avvicinare anche la macchina, perché quando sono arrivati loro non sono potuti passare…
P.M. MONACO: Lei partecipa, diciamo, alla materiale rimozione di queste pietre?
ASS. PROTO: Sì, una l’ho aiutato io perché era pesante… non so se Granata ha partecipato e ha aiutato l’altro. Io, per me, io ho aiutato uno dei due della volante perché era pesante e l’abbiamo…
P.M. DI GIORGIO: Certo, l’avete spostata.
PROTO: L’abbiamo spostata in maniera tale che anche loro potessero pure avvicinare la macchina.
Secondo il ricordo di Proto, dunque, occorrevano almeno due persone per spostare una singola pietra.

Fonte mafie blog autore repubblica