Due commissari contro per un giallo

È proprio questo il punto dirimente nella ricostruzione che Ceraolo fa ai PM: le telefonate che ebbe, subito dopo l’agguato, con l’assistente Tiziano Granata (al quale era legato da un rapporto di parentela e di amicizia) e con il vicequestore aggiunto Manganaro.

AVV. CERAOLO: Conosco ovviamente l’assistente Tiziano Granata che non c’è più in quanto è deceduto il primo marzo del 2018… Il papà di Tiziano Granata e mio fratello hanno sposato due sorelle. Quindi io l’ho visto crescere, lui in me aveva un punto di riferimento, da un punto di vista professionale per la mia esperienza nelle indagini in materia di mafia e criminalità organizzata… Con lui vi era un rapporto di stima reciproca. Ovviamente conosco Daniele Manganaro che ho conosciuto prima come agente perché Manganaro prima era un agente in servizio sulle volanti al Commissariato di Capo d’Orlando all’epoca in cui rivestiva anche il ruolo di consigliere comunale nel comune di Ficarra, vicino appunto a Capo d’Orlando. (…) Io chiamai ovviamente per esprimere solidarietà a Granata perché appunto abbiamo, avevamo perché lui non c’è più, questo rapporto molto confidenziale. In quell’occasione lui mi disse che (…) in fondo al rettilineo ha visto la macchina ferma con queste pietre davanti. A questo punto dice che Manganaro ha iniziato a sparare in direzione del bosco, a sinistra mentre lui (Granata) invece si impegnò a parcheggiare la macchina.
FAVA, Presidente della Commissione. Granata aveva visto o sentito qualcosa prima che Manganaro reagisse?
AVV. CERAOLO. No, questo è il punto. Il punto è che Granata nella conversazione che ha con me nell’immediatezza del fatto cioè il 19 maggio 2016, lui mi dice: “io non ho visto nessuno”. Testualmente.
FAVA, Presidente della Commissione. Torniamo al momento della sparatoria, arrivano alla macchina, convincono gli altri due poliziotti a scendere, Manganaro dice: “sparate in quella direzione”; poi accade, da quello che leggiamo, che prendono Antoci, lo caricano sull’auto non blindata e lo portano via. Giusto?
AVV. CERAOLO. Giusto. Assolutamente sì. Una scelta del tutto sconsiderata, in violazione di regolamento, a tutela della sicurezza della persona scortata e dei propri dipendenti di cui il dirigente è responsabile (…) perché lasciare la blindata perfettamente funzionante sul posto e fare salire la persona scortata su una macchina non blindata con il personale di polizia quasi del tutto disarmato…
FAVA, Presidente della Commissione. Granata e l’autista.
AVV. CERAOLO. Granata e l’autista restano sul posto, il caposcorta Santostefano con Manganaro prendono posto sulla macchina di Manganaro che non è blindata. Già questo è grave ma è ancora più grave che Manganaro a bordo è disarmato, lui dichiara: “ho esploso l’intero mio caricatore”. Quindi è disarmato. Nel momento in cui dicono che c’è un conflitto a fuoco ma non c’è stato perché il conflitto a fuoco significa che uno scambio di colpi che non c’è stato perché Manganaro dichiara: “ho sparato nel buio degli alberi”… Ma al di là di questo a me Manganaro dice che c’erano dieci o dodici persone: ancora più grave il fatto di mettere la persona scortata e il personale di polizia disarmato su una macchina non blindata… lasciando due agenti sulla strada, con la blindata perfettamente funzionante, quasi del tutto disarmati.
FAVA, Presidente della Commissione. Torniamo alla sua telefonata invece con Manganaro. Quanto tempo dopo l’episodio?
AVV. CERAOLO. È stato dopo pochissimi giorni. Io mi sono sentito con Manganaro e lui… mi parlò di un agguato mafioso che era stato deciso a livello regionale addirittura da Palermo.
FAVA, Presidente della Commissione. Le disse da dove traeva questo convincimento?
AVV. CERAOLO. No, ma già c’era stato un incontro. Il 2 dicembre 2015, sei mesi prima dell’attentato, Manganaro era venuto nel mio ufficio perché avevano ricevuto delle buste con alcune cartucce per pistola dentro, una indirizzata al Commissariato e una indirizzata alle guardie Parco del Parco dei Nebrodi. Poi si disse che era una minaccia per il Presidente Antoci e per il dottor Manganaro. (…)In pratica l’attentato si inserisce oggettivamente e temporalmente in un contesto di un’escalation di atti intimidatori che sono stati a mio avviso – come io dissi anche a Manganaro – atipici rispetto al modus operandi mafioso. E ai quali invece è stata data una esaltazione mediatica, secondo me sproporzionata, riconducendoli ad atti mafiosi.
FAVA, Presidente della Commissione. Qual era l’elemento atipico secondo lei?
AVV. CERAOLO. Benissimo. Il 2 dicembre 2015 mi chiedono un incontro Manganaro e Granata, Granata in virtù di quel rapporto, di quella stima nei miei confronti e io li ricevo nel mio ufficio al Commissariato di Barcellona alle 9.30. Mi vengono a trovare per rappresentarmi – io lo apprendo da loro perché sulla stampa uscirà soltanto dopo circa quindici giorni – che a Palermo, alle Poste, avevano intercettato delle buste che contenevano delle cartucce, una indirizzata al Commissariato e una indirizzata al guardie Parco del Parco dei Nebrodi contenenti cinque cartucce per pistola, peraltro quelle in uso alle Forze di Polizia, ‘9 per 19’, e mi dissero nell’occasione che in precedenza, nel dicembre del 2014, era stata indirizzata al Presidente del Parco dei Nebrodi, Antoci, che era già Presidente dall’ottobre 2013, una busta con delle minacce dove c’era scritto: “Finirai scannatu, tu e Crocetta”. Di questo io avevo cognizione perché era uscita sul giornale. In pratica nella busta l’indirizzo era scritto al computer, il foglio poi era stato ritagliato e attaccato sulla busta e la minaccia era scritta ritagliando delle lettere. Nel corso di questo incontro che ho avuto con Manganaro ho detto: “Fate attenzione, allargate un po’ il vostro orizzonte investigativo su questa busta delle cartucce, su queste minacce che arrivano ad Antoci e a Crocetta perché la mafia non opera così”… Non ho mai visto il mafioso che si mette con la forbicina, sarebbe per lui un’onta, si vergognerebbe di una cosa del genere, con la forbicina a scrivere questa cosa. (…)
Quando invece io telefonai a Manganaro per esprimere la mia solidarietà, lui esordì dicendo: “Gli ho sparato addosso e li ho indotti a scappare”. Il commando era composto sicuramente da almeno dieci – dodici persone, abbiamo trovato delle cicche di sigarette che erano masticate, il che dimostra – mi disse – il particolare nervosismo degli attentatori e il fatto che erano lì da molto tempo ad attenderci perché erano masticate. Abbiamo trovato le bottiglie molotov perché volevano compiere una strage, volevano lanciarle ma avendo io sparato contro di loro, gli ho impedito di fare questo”. La telefonata si raffreddò, io notai, quando io chiesi: “Avete trovato bossoli sul posto che potevano ricondurci all’arma”? E lui mi disse di no, di non avere trovato i bossoli e mi disse: “Perché non lo sai? La doppietta non espelle i bossoli”. Io chiedo a Daniele: “scusa la doppietta? Ci sono tre colpi. Come fa la doppietta a sparare tre colpi?” “No, ma non sai come fanno tra di loro i mafiosi, magari per essere coinvolti tutti hanno sparato un colpo ciascuno, erano in tre.” Ho detto: “Ma come fanno a sparare tre colpi nello stesso punto essendo tre persone diverse. Mi sembra un po’ strano. Va bene, va bene”. Da lì ha chiuso i contatti con me sull’argomento ‘attentato’. Con me non ha più parlato. (…)
Perché dico l’importanza dei bossoli? Lì ha sparato un fucile semiautomatico, io l’ho detto il primo giorno guardando la foto e dopo 21 mesi lo ha attestato espressamente la Polizia scientifica. La Polizia scientifica dice le stesse parole che ho detto io il primo giorno: “ha sparato un uomo che era dietro la macchina in posizione obliqua, ha sparato con un fucile semiautomatico, in rapida successione, in posizione dall’alto verso il basso”. Ora, se il dottor Manganaro ha visto i soggetti sparare, questi erano nella posizione che dice la Polizia scientifica quindi non nel bosco, ma sulla strada, i bossoli quando li hanno raccolti? Come hanno fatto a fare sparire i bossoli? Se tutto è avvenuto sotto i suoi occhi… se l’unico che dice di aver visto gli attentatori è il dottor Manganaro… i bossoli dove sono? Se li ha visti nel momento in cui hanno sparato, i bossoli dove sono?

Manganaro versus Ceraolo, insomma. Due versioni, entrambe raccolte da questa Commissione, profondamente distanti tra loro.

FAVA, Presidente della Commissione: Nel suo interrogatorio il dottor Ceraolo dice di aver saputo da lei che il comando di fuoco sarebbe stato composto da più di dieci persone di provenienza catanese posizionata su entrambi i lati della carreggiata…
MANGANARO: Non l’ho mai detto…
DE LUCA, componente della Commissione: Con il dottor Ceraolo i rapporti erano tesi?
MANGANARO: Io non ho mai avuto rapporti con il commissario Ceraolo… mai! Diffidavo dal Ceraolo (…) Non ho mai avuto incontri se non una volta, qualche mese prima dell’attentato, dove si vociferava che Mario Ceraolo potesse andare a dirigere la squadra mobile di Vibo Valentia. In quel contesto Granata mi dice “andiamo a dare un’occhiata al commissariato”, perché la sede di Barcellona è una sede appetibile se uno ci vuole mettere impegno… Quindi passiamo dal commissariato, una visita brevissima, dove Granata chiede al collega un po’ di spiegazioni perché allora c’erano delle minacce, poi ci prendiamo un caffè e andiamo via. Quello è l’unico momento in cui si può dire che intrattengo rapporti con il dottore Ceraolo, poi non c’è nessun rapporto se non una telefonata dopo l’attentato ma di cinque secondi, dieci secondi, per solidarietà…1
FAVA, Presidente della Commissione: Le volevo fare conoscere quanto, invece, ci dice il dottor Ceraolo a proposito del vostro primo incontro… sull’incontro del 2 dicembre 2015 “mi chiedono un incontro Manganaro e Granata… io li ricevo nel mio ufficio al Commissariato di Barcellona il 2 dicembre 2015 alle 9:30. Mi vengono a trovare per rappresentarmi… che a Palermo, alle Poste, avevano intercettato delle buste che contenevano delle cartucce, una indirizzata al Commissariato e una indirizzata alle guardie del Parco del Parco dei Nebrodi contenenti cinque cartucce per pistola…”. Cioè, quello che qui ci è stato riferito è che non è un incontro causale, che è stato chiesto da voi e che volevate con lui capire che atteggiamento tenere di fronte queste minacce…
MANGANARO: No presidente, io non ho chiesto nessun incontro, se l’abbia fatto Tiziano Granata a mia insaputa io alzo le mani… ma io con Ceraolo non ho chiesto nessun incontro in virtù di quello che io vi ho detto prima: Ceraolo è una persona che io sempre ho tenuto a debita distanza…
FAVA, Presidente della Commissione: Ma se doveva tenerlo a debita distanza perché si confronta con il Ceraolo su una cosa così grave come le minacce ricevute?
MANGANARO: No, si è confrontato Granata… io ho assistito, ho preso poco parte…
FAVA, Presidente della Commissione: L’incontro c’è stato riferito in modo molto dettagliato, come un’interlocuzione particolarmente ricca… anche sulla lettera, su che atteggiamento tenere da parte vostra… lei esclude di aver parlato con Ceraolo di queste minacce?
MANGANARO: In dettaglio? Guardi, io non gli ho chiesto consigli, non gli ho chiesto dei proiettili. L’ha chiesto Granata, hanno parlato tra loro…
FAVA, Presidente della Commissione: E lei perché partecipa?
MANGANARO: Assisto presidente, assisto.
FAVA, Presidente della Commissione: Avrebbe potuto anche non assistere.
MANGANARO: …salgo, vedo l’ufficio… ero interessato nell’eventualità a dirigere quel commissariato… se lui veramente andava via.

Su questo punto va evidenziata la contraddizione tra quanto il vicequestore aggiunto Manganaro ha riferito in Commissione e ciò che lo stesso funzionario aveva dichiarato ai PM in sede di sommarie informazioni testimoniali (cfr. p. 152 delle s.i.t rese all’A.G. in data 11 maggio 2017):

MANGANARO: Quando è stato dei proiettili io vado da CERAOLO al commissariato… mi manda Tano GRASSO… Tano GRASSO mi dice “vai da Mario CERAOLO perché è conoscitore di (omissis) e del territorio… e ti potrà dare un quadro più chiaro… Io ci vado una volta con GRANATA che è parente di Mario CERAOLO

Abbiamo chiesto anche al dottor Ceraolo, nel corso della sua seconda audizione, di tornare sull’episodio per offrirci maggiori dettagli:

AVV. CERAOLO: La vicenda che ha riguardato la squadra mobile di Vibo Valentia non c’entra nulla. L’incontro è avvenuto alle ore 9.30 nel mio ufficio, il 2 dicembre del 2015. La proposta di ricoprire l’incarico di dirigente della mobile di Vibo Valentia avverrà soltanto un anno dopo nel 2016…
FAVA, Presidente della Commissione: Può darsi che già se ne parlasse?
AVV. CERAOLO: Assolutamente no. A me è stato proposto il 16 settembre del 2016 da parte dello SCO.
[…]
AVV. CERAOLO: Mi contatta l’onorevole Tano Grasso, che conosce il dottore Manganaro, e mi dice: “guarda che a Daniele è successo questo: hanno ricevuto una busta, contente delle cartucce, di minaccia… Io gli ho detto di parlarne con te”, io detto: “io lo posso ricevere in qualunque momento, basta che concordiamo il giorno…”. E Manganaro insieme con Tiziano Granata sono venuti nel mio ufficio esclusivamente per parlare della busta che aveva ricevuto il Commissariato di S. Agata contenente le cinque cartucce per pistola calibro 9 x 19 che è lo stesso calibro utilizzato dalle forze di Polizia.
[…]
AVV. CERAOLO: l’argomento è stato quello della busta delle cartucce… forse non è stato gradito quello che io ho detto forse, mi è sembrato di percepire questo… Io ho lottato per 30 anni la mafia… mi hanno minacciato ma sempre a viso aperto, mai nessuna delle mie attività è stata accompagnata da una lettera di minaccia… da cartucce o croci o altre cose… quindi abbiamo avuto un’ampia discussione… di un’ora e mezza… io dissi: “bene parliamo di mafia, ma attenzione perché questo modo di procedere non è mafioso”… Si parlò del fatto di cui io sapevo, la lettera dell’anno precedente indirizzata al dottore Antoci, e io dissi: “guarda che il mafioso con la forbicina che taglia le lettere, fate attenzione…”… Non significava non indagare sulla mafia, significava tenere conto del contesto in cui i fatti avvengono… Dissi io: “Ma com’è possibile che nel momento in cui qualcuno…”, in questo caso era Manganaro, oppure era Antoci o Crocetta o Lumia “…qualunque iniziativa è sempre affiancata da un centro operativo degli anonimi?”. E feci riferimento alla canditura del presidente Crocetta, quando arrivarono le lettere minatorie, settembre 2012, indirizzate a Crocetta e Lumia: “siete infami, vi ammazziamo”… Nel momento in cui il senatore Lumia adottò delle iniziative sul porto di Palermo, lettera di minaccia al senatore Lumia e al direttore della DIA dell’epoca, Giuseppe D’Agata, che poi venne arrestato nell’indagine su Montante… Al presidente dell’Associazione Nazionale Costruttori venne mandata una lettera identica a quella indirizzata ad Antoci e Crocetta… si parla di scannare… A luglio 2016, la dottoressa Brandara, questioni sulla nomina all’IRSAP e arriva la lettera, “finirai come Antoci”, due cartucce di fucile… la solidarietà di Antoci “non ci fermeranno eccetera eccetera”. È stato un susseguirsi, prima di quell’attentato e anche dopo, di iniziative che riguardano queste persone o persone nominate da Crocetta che appena pongono in essere un’attività o svolgono un certo ruolo tutto è accompagnato da atti intimidatori… Questo io dissi a Manganaro… dissi di prestare più attenzione a quello che era il contesto in cui i fatti accadevano. Ritengo che non abbia gradito questa mia posizione un pochino più obiettiva…

 

fonte http://mafie.blogautore.repubblica.it/