La colpa di essere figli di un boss

ragazzi uccisi in un agguato mafioso, un bambino e un adolescente la cui unica colpa è stata quella di essere figli di due pregiudicati: Vincenzo Cannatà, schedato come mafioso e Pasquale Trifarò. Le vittime sono Domenico Cannatà, dieci anni e Serafino Trifarò, quattordici anni.
Due giovani vite spezzate che ancora oggi non hanno ricevuto giustizia.
4 novembre 1983, erano le venti all’incirca, Vincenzo, insieme al padre e Serafino, si dirigeva verso un locale molto frequentato in Via Rosarno, a San Ferdinando.
Vincenzo, Domenico e Serafino, dopo aver consumato qualcosa al bancone del bar, decisero di recarsi in centro città, non molto distante da dove si trovavano. Nonostante fosse una tranquilla sera di novembre, a causa dell’evento conviviale nel locale, c’era un notevole viavai di persone. La musica, gli schiamazzi, le urla dei bambini che giocavano e degli anziani che borbottavano riempivano la strada. Un’auto di grossa cilindrata, passando inosservata – nonostante i boss gradissero girare con auto molto vistose – avvicinandosi al locale, rallentò.
All’improvviso una raffica di proiettili provenienti dall’auto colpì il petto e la nuca dei due ragazzi, fino a farli crollare a terra in una pozza di sangue.
Il caos colmò l’atmosfera. Tre sicari avevano sparato dalla macchina in movimento, la forza di una pistola semiautomatica e due doppiette si scagliò contro quei due corpi flebili, fino a strappare loro la vita. Dei dolori atroci si dilagavano lungo tutto il corpo, dalle mani alle gambe, le quali cedettero e fecero cadere i corpi incoscienti dei due bambini. Il padre di Domenico tentò invano di portare il figlio e Serafino all’ospedale, per poi allontanarsi subito dopo, dileguandosi: i due ragazzi morirono prima di entrare in sala operatoria.
La sparatoria, inoltre coinvolse un altro ragazzo, un ventenne, che venne ferito dalle schegge di vetro della vetrina infranta dai colpi di pistola.
Un macabro messaggio, diretto probabilmente a Vincenzo Cannatà, che ha coinvolto due bambini innocenti. Una storia agghiacciante che non ha avuto nessun lieto fine; nessuno ha pagato per l’omicidio di Domenico Cannatà e Serafino Trifarò.
Lo Stato non può riconoscerli come vittime innocenti di mafia in quanto per essere ritenute tali non bisogna avere alcuna relazione con persone appartenenti ad una cosca mafiosa o ad esse legate, ma almeno, in quanto vittime di un agguato mafioso, sarebbe il caso che in tribunale ricevano giustizia, con la condanna dei loro assassini.

Fonte mafie blog autore repubblica