Vittoria: l’avvocato Messina vittima di un gravissimo abuso di potere. È stato fermato, denunciato e gli hanno preso le impronte. Il reato commesso?Voleva parlare con il commissario del Comune Dispenza

Filippo Dispenza è uno dei tre commissari prefettizi insediatisi al Comune di Vittoria, a seguito di un altro discutibile scioglimento per mafia, dopo quelli di Siculiana, Racalmuto e Scicli. Scioglimenti questi ultimi disposti a seguito di strane vicende legate ai contrasti tra i sindaci (compreso il sottoscritto, all’epoca dei fati sindaco del paese di Leonardo Sciascia) e le amministrazioni comunali, che si sono imbattute nella terribile e famigerata lobby dei rifiuti, per difendere i legittimi interessi della collettività. Roba grossa! Quando parliamo di rifiuti, parliamo del business più sporco e mafioso che c’è in Sicilia, che è stato gestito da dei sedicenti, ma assolutamente falsi, professionisti dell’antimafia. Proprio in questi giorni la Commissione Regionale Antimafia, presieduta da Claudio Fava, carte alla mano, ha dimostrato, con tanto di relazione ufficiale, che nello specifico, proprio Siculiana, Racalmuto e Scicli sono stati sciolti per favorire coloro i quali, tanto per semplificare, si possono definire i ‘dittatori delle discariche‘. Ci riferiamo alla lobby di Confindustria Sicilia, capitanata da Antonello Montante, già condannato perché ritenuto il capo di un’articolata associazione a delinquere, dedita alla corruzione ed allo spionaggio. Associazione a delinquere di cui facevano parte anche alti esponenti delle forze dell’ordine, imprenditori e funzionari pubblici, alcuni dei quali già condannati dal Tribunale di Caltanissetta assieme al Montante, al quale è stata inflitta una pena a 14 anni di reclusione.

Tra le tante personalità di spicco coinvolte, che hanno consentito al Montante di costituire un vero e proprio sistema di potere illegale, ci sono due ex ministri dell’Interno, proprio quelli che si sono occupati degli ingiusti scioglimenti per mafia di Racalmuto e Scicli. Ci riferiamo ad Anna Maria

Cancellieri e ad Angelino Alfano, entrambi molto amici dell’ex finto paladino dell’antimafia, di cui mi sono occupato nel mio libro intitolato in suo onore o, se preferite, disonore, ‘Il Sistema Montante’ pubblicato nell’aprile del 2019 dall’editore Bonfirraro. Libro che ho pure presentato a Vittoria nel dicembre scorso, in una sala affollatissima, assieme all’editore Salvo Bonfirraro ed all’ex sindaco di Vittoria, Giovanni Moscato ed

ai giornalisti Angelo Di Natale ed Andrea Sessa. Anche Vittoria è stata probabilmente un’altra vittima sacrificale di un sistema perverso analogo a quello messo su da Montante. Per ora, non è da escluderlo, è il turno di Vittoria. Mi riferisco a delle vessazioni perpetrate da qualche funzionario dello Stato, in un paese assai ricco, o per lo meno lo era fino a qualche anno fa, fino a quando cioè era amministrato da un sindaco, una giunta ed un consiglio comunale, democraticamente eletti dal popolo sovrano. Da quando sono stati fatto fuori, ‘manu militari‘, i legittimi rappresentanti dei cittadini di Vittoria, comune dove insiste il più grande mercato ortofrutticolo del Sud Italia, e dove l’agricoltura intensiva è un impareggiabile fiore all’occhiello della nostra economia nazionale, adesso accadono cose molto strane.

Oggi ve ne raccontiamo una.

Si tratta dell’ ‘arresto’, o per meglio dire, eufemisticamente parlando, del fermo di un avvocato,

Salvo Messina, reo di avere tentato di difendere, possibilmente in maniera veemente, al cospetto di uno dei tre commissari prefettizi, che per ora spadroneggiano a Vittoria, gli intetessi sacrosanti e legittimi di numerosi commercianti vittoriesi. Si tratta di una storia di ‘ordinario’ abuso di potere, di una vicenda davvero allucinante. Segno dei tempi che stiamo vivendo. Tempi in cui qualcuno, più che investito, invasato d’autorità, alza un po’ troppo la cresta, per ritorsione nei confronti di chi esercita il suo diritto-dovere di avvocato, in nome e per conto dei cittadini, che sono in ultima istanza gli unici veri ‘sovrani’ in uno Stato Democratico, in uno Stato di Diritto. Ma si vede, eccome se si vede, che anche a Vittoria, così come già avvenuto in molti comuni sciolti per mafia, il Diritto e la Democrazia sono andati a farsi benedire od a maledire, se preferite. Leggendo questa storia di prevaricazioni e ‘violenze’ di Stato vi accorgerete di che cosa rischiamo di perdere quotidianamente, e di come vengono calpestati i più elementari diritti e valori di libertà e di libero esercizio anche della professione forense. Riteniamo che gli Ordini degli avvocati d’Italia, e non solo, dovrebbe insorgere a seguito del comportamento, gravemente persecutorio e liberticida, posto in essere dal commissario dello Stato Dispenza, di stanza ancora dentro il Comune di Vittoria, dove ancora fa più che il bello, il cattivo tempo.

Salvatore Petrotto

La notizia relativa al malcapitato avvocato Messina la potete leggere di seguito, così come riportata dal sito: Vittoria, un avvocato voleva parlare con Dispenza: portato in commissariato, prese le sue impronte digitali, denunciato – https://www.ialmo.it/news/in-evidenza/vittoria-un-avvocato-voleva-parlare-con-dispenza-portato-in-commissariato-prese-le-sue-impronte-digitali-denunciato/

Buona lettura e che la Democrazia e la Libertà continuino a trionfare.

(1 aprile 2020)

Grave, ma non serio – o, meglio, non serio ma grave – quanto accade a Vittoria in questa fase straordinaria, cominciata non con il ‘coronavirus’ ma con l’avvento, venti mesi fa, dell’amministrazione comunale, appunto, ‘straordinaria’. La quale in questo periodo si misura, al pari di tutte quelle ordinarie degli enti locali, con l’emergenza sanitaria e con quella sociale che nel territorio ne consegue.

In questo contesto la notizia più rilevante che a Vittoria abbiamo da segnalare si presenta quanto meno bizzarra e ha dell’incredibile.

Un avvocato vittoriese che voleva parlare con uno dei tre commissari prefettizi – Filippo Dispenza, dominus della triade – è stato identificato, condotto in commissariato, trattenuto, ‘fotosegnalato’ e, come se non bastasse stante la ‘gravità del crimine’ commesso, sottoposto al prelievo delle impronte digitali.

I reati contestati? Quelli disciplinati dall’art. 336 (‘violenza o minaccia a pubblico ufficiale’) e dal – oggi notissimo – art. 650 (‘inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità’).

I fatti? Eccoli, in breve, così come li racconta il diretto interessato, Salvatore Messina, avvocato, nell’esposto inviato al ministro dell’Interno e al prefetto di Ragusa. La commissione straordinaria che amministra il Comune di Vittoria, e in particolare Dispenza citato nell’esposto, da noi interpellati sui fatti, attraverso la portavoce Sonia Iacono hanno risposto solo ‘no comment’.

I fatti, dunque. L’episodio accennato accade l’11 marzo scorso, ma nei dieci giorni precedenti l’avvocato Messina – il quale tutela gli interessi di una quindicina di commercianti che si ritengono danneggiati dalle modalità di esecuzione dei lavori di un centro di aggregazione sportiva nell’ex campo di concentramento – cerca di parlare con Dispenza ma, il 2 marzo, presentatosi in portineria a palazzo Iacono, scopre che non gli è concesso di accedere: in quella data ancora non c’è alcuna restrizione nei movimenti per il coronavirus e perfino gli studenti sono regolarmente in classe nelle scuole.

Messina chiedeva un incontro nell’esercizio delle sue funzioni, nel caso in specie l’adempimento del mandato ricevuto da un folto gruppo di commercianti della città, danneggiati dalle conseguenze prodotte dall’esecuzione di un progetto di competenza del Comune. A lui, avvocato nell’esercizio delle funzioni, oltre che cittadino, porta sbarrata, senza spiegazioni: come può capitare ad un disturbatore porta a porta che bussa nelle case private i cui proprietari, appunto, sbarrano la porta.

Ma l’avvocato non s’arrende e avvia un’interlocuzione a tutto campo con la Prefettura di Ragusa e il Viminale, attraverso decine di telefonate, e-mail, pec. E così tre giorni dopo riceve una telefonata dal segretario generale del Comune di Vittoria Valentino Pepe che, subito dopo, lo riceve insieme al dirigente del settore Sviluppo economico Alessandro Basile. Ma Pepe e Basile nulla sanno del caso e chiedono tempo per parlare con il dirigente dell’urbanistica Marcello Di Martino.

L’avvocato si sente preso in giro, ha la sensazione che le sue segnalazioni al prefetto di Ragusa e al ministro dell’interno abbiano indotto Dispenza a non potere negare l’accesso al Comune, ma, nella sostanza, non lo abbiano fatto tornare sui suoi passi: fittizia appare al professionista quella disponibilità, utile solo a fargli perdere tempo.

E così Messina torna alla carica, con il ministro Lamorgese e almeno quattro tra prefetti e vice prefetti del suo staff, oltre che con il prefetto di Ragusa Cocuzza. Il risultato è un incontro con Basile e Di Martino, un’altra concessione obtorto collo, una parvenza di disponibilità che l’interessato percepisce come perdita di tempo.

Quindi una nuova sequenza di telefonate sulla linea bollente Vittoria-Roma-Ragusa, con tante assicurazioni dal Viminale e dalla prefettura di Ragusa all’avvocato il quale, per poter porre seriamente il problema ha bisogno di parlare con Dispenza.

E siamo all’11 marzo quando Messina si piazza dinanzi al Comune e, sopraggiunto Dispenza, gli chiede – racconta nell’esposto – “con toni garbati e rispettosi” di potergli parlare. La risposta, sprezzante, è che deve esibire la delega ricevuta dai suoi assistiti, mentre fa cenno ad uno dei suoi guardaspalle (poliziotto?) di identificarlo. Numerosi i presenti, compresa un’impiegata comunale che filma la scena dal balcone sopra l’ingresso di via Bixio.

Ma niente scoraggia il tenace avvocato che va in studio a prendere le deleghe dei commercianti e alle 15 si piazza nuovamente dinanzi al Comune dove sopraggiunge Dispenza di ritorno dal ristorante insieme ad un altro commissario, a due poliziotti e ad un’impiegata comunale. Quando lo vede – riferisce l’avvocato nell’esposto – si dirige verso una piazzetta adiacente e ai suoi scandisce: ‘ditegli a quello lì che lo riceverò’. L’avvocato ascolta con chiarezza quella frase e quando gli è vicino gli esprime il suo disappunto aggiungendo “Vi farò passare l’inferno”, riferendosi ovviamente alle azioni legali che esperirà contro il Comune, considerato che non è riuscito a sottoporre all’ente le istanze dei suoi assistiti, in relazione ai lavori per il progetto comunale nell’area dell’ex campo di concentramento.

A quel punto uno dei due poliziotti che scortano Dispenza ordina all’avvocato di esibire la sua carta d’identità, egli si rifiuta ritenendo l’atto “una violenza, una prevaricazione e un abuso” di matrice ritorsiva. Quindi l’agente chiama il 112 e il 113. Dopo cinque minuti arrivano una volante della polizia e due auto dei carabinieri. Ne scendono agenti e militari che ascoltano solo chi li ha chiamati. Seguono comunicazioni via radio tra gli agenti sul posto e il commissariato di Vittoria, mentre al questore di Ragusa, interpellato telefonicamente, viene chiesto quali contestazioni muovere all’avvocato.

Un agente compila l’autocertificazione relativa alle norme sull’emergenza sanitaria in corso, l’avvocato esibisce il mandato alle liti come prova della sua esigenza lavorativa che lo ha portato dinanzi alla sede del municipio: questo è il lavoro di tre pattuglie sul posto.

All’avvocato, identificato, e oggetto di controlli attraverso la sala operativa della Questura viene chiesto di salire sull’auto della polizia diretta in commissariato, Il legale chiede di andare con la propria auto. La richiesta è sottoposta al dirigente del commissariato ed al questore che danno l’ok. Ma all’avvocato viene ordinato di precedere le volanti polizia.

Finalmente, in commissariato, all’avvocato vengono contestati i due reati (il secondo, alcuni giorni dopo, sarebbe stato depenalizzato) e due violazioni del codice della strada: nel tragitto da palazzo Iacono avrebbe guidato senza cintura di sicurezza e facendo uso del telefono (deduzioni non vere secondo l’interessato che le contesta).

Quindi il fotosegnalamento e il rilievo delle impronte digitali.

E così l’avvocato che voleva incontrare Dispenza, ha fallito l’accesso nel piano superiore del palazzo comunale ma non quello del data base del Ministero dell’interno e del sistema Afis (Automated Fingerprint Identification System, ovvero “Sistema Automatizzato di Identificazione delle Impronte”) con il quale si dà la caccia ai delinquenti.

Per la cronaca, l’avvocato ‘arrestato’ nella, e per la sua, pretesa di parlare con Dispenza, da tempo denuncia a tutte le autorità possibili l’illegittimità, a suo avviso, del progetto relativo al centro di aggregazione sportiva in zona F5 del piano regolatore generale (manca di un piano particolareggiato), deliberato dalla giunta-Moscato e i cui lavori sono iniziati, sotto l’amministrazione straordinaria, a febbraio scorso. Da qui le conseguenze e i disagi per i commercianti che Messina avrebbe voluto rappresentare.