Sparite tutte le tracce dell’esplosione

Tra le parti del cadavere individuate e raccolte, il Pretore indica, in primo luogo, un pezzo costituito da materia cerebrale «con ossa della volta cranica e un tratto di cuoio capelluto, un pezzettino d’osso della volta cranica che si rinviene a poca distanza, un pezzo di pelle … commista a frammenti di tessuto molto probabilmente del collo. Un pezzo d’osso che si identifica come un tratto della colonna vertebrale del lato cervicale. Pezzi sparsi ovunque di tessuti molli di cui non si riesce a stabilire la parte del corpo a cui appartengono».
E ancora «un pezzo d’arto inferiore troncato, con insieme delle parti muscolari: l’arto  (destro)  appare  integro  dal  terzo  superiore  in  giù».
A questo punto il verbale dà atto dell’impossibilità  di rilevare altre parti del corpo e conclude parlando di «sconquassamento di tutto il corpo prodotto da esplosione». Di seguito la descrizione riprende e si legge che «alla distanza di quasi cento metri da primo arto si rinviene … il resto dell’arto di sinistra pure integro dal terzo superiore della coscia fino al piede e alla radice dilaniato», che evidenzia «parti molli e la testa del femore scoperchiata ». Segue la descrizione del rinvenimento di frammenti di stoffa «sparsi tutto intorno alla zona in questione e particolarmente nel tratto vicino alla linea ferrata».
In presenza di un cratere al suolo, la circostanza che gli  arti  inferiori siano stati rinvenuti integri, contrariamente alle ossa della scatola cranica, esclude che il corpo dell’Impastato al momento dell’esplosione  potesse  essere  in  posizione  accovacciata  o  eretta,  e  già in  sé  fa  dubitare  che  lo  stesso  fosse  animato.

 

Alle ore 13,50 del 9 maggio 1978, presso l’obitorio del cimitero di Cinisi,  il  pretore  Trizzino  dà  ingresso  alle  operazioni  di  autopsia  sui resti del cadavere. È presente in qualità  di perito il dr. Antonio Caruso dell’Istituto  di  medicina  legale  dell’università   di  Palermo,  al  quale vengono proposti i rituali quesiti sulla « causa della morte, i mezzi che l’anno prodotta, l’epoca presumibile a cui essa risale ed ogni altra circostanza utile ai fini di giustizia ».
La descrizione dei  resti  che  si trova nel verbale delle operazioni della perizia autoptica fornisce utili dettagli. Essa pertanto va riconsiderata nel contesto della relazione. L’attenzione del medico legale è – ovviamente – rivolta ai due arti inferiori, raccolti nella cassa metallica  mortuaria  portata  nell’obitorio del cimitero di Cinisi, di fatto gli unici resti di una certa consistenza. Il perito osserva che « i due arti inferiori » si presentano: ricoperti da abbondante peluria di un soggetto di sesso maschile, con unghie  che  oltrepassano  le  estremità  delle  dita.  Tali  arti  risultano  irregolarmente  disarticolati  in  corrispondenza  delle  anche.  Il  rivestimento  cutaneo  è irregolarmente frastagliato ed affumicato sulla fascia anteromediale delle cosce stesse. L’affumicatura si estende alla cute integra per una decina di centimetri ed ai muscoli della radice delle cosce per un’estensione pressoché analoga. Sulla fascia mediale della coscia sinistra la pelle presenta delle lacerazioni a forma di V con apice in basso. In corrispondenza della lacerazione più  interna (delle due anzidette) si rinviene una parte dello scroto, un testicolo e il pene ampiamente lacerati ed affumicati. Integre le parti restanti delle cosce, delle gambe e dei piedi.

Segue un interessante descrizione di alcune lesioni ai piedi: Sulla faccia destra dei piedi e delle dita rispettive, piccole ferite lacero contuse  a  lembo,  il  cui  bordo  libero  è rivolto  verso  l’alto  (verso  la  tibiotarsica). Integre le ossa delle cosce, delle gambe e dei piedi.

L’autopsia descrive poi i « frammenti della mano destra costituiti dagli ultimi tre metacarpi e dalle ultime tre dita, a confine assai  irregolare,  la  cui  superficie  palmare  è interamente  affumicata  e decisamente nerastra sui polpastrelli. Significativi particolari sono riferiti a parti anatomiche riferibili al cranio « … si notano altresì frammenti di cuoio capelluto, di ossa craniche (ogni frammento, di forma triangolare, quadrangolare o pentagonale, ha il diametro massimo di 6-8 centimetri) ». Segue una sintetica descrizione delle ulteriori parti:  « frammenti  di  muscoli,  di  rachide  cervicale,  di  ossa  tra  cui  è riconoscibile solo un largo frammento dell’osso iliaco destro, di cute, di encefalo e di intestino ».

Il rinvenimento delle calzature, di frammenti di stoffa e di pezzi di rotaia.

Sempre nel tratto vicino alla linea ferrata, e precisamente sulla massicciata adiacente alla stessa, il pretore Trizzino individua e descrive frammenti di stoffa, « due zoccoli di tipo Scholls » in legno con cinghia in cuoio di colore bianco, e « sparsi nella zona soprastante la linea ferrata, 3 pezzi di rotaia, che vengono posti sotto sequestro ». Detti frammenti del lato sinistro della rotaia, come precisa il mare- sciallo Travali nel suo verbale di sopralluogo, sono rinvenuti « alla distanza di circa 100 metri lato monte ». Il sottufficiale precisa che « detti pezzi in conseguenza dello scoppio hanno assunto delle forme irregolari ».

La descrizione dell’auto « parcheggiata ».

Il verbale dato atto che « a ridosso di detto tratto della  strada  ferrata » a « circa 5 metri dalla interruzione sopra descritta nei pressi    di un cespuglio di agave viene rinvenuta una chiave di tipo  Yale  […]unita ai reperti precedenti … », prosegue evidenziando che « nello spiazzale antistante una casa rurale abbandonata … si rinviene parcheggiata un’autovettura targata PA 142453 Fiat 850, color bianco, non chiusa a chiave con deflettore aperto lato sinistro e vetro leggermente abbassato… Dal cofano fuoriesce un filo della lunghezza di circa un  metro … tipo telefonico. Nel lunotto posteriore si trova  un  rotolo  di  detto filo. Per precauzione l’interno dell’autovettura non viene ispezionato « in attesa dell’arrivo degli  artificieri  tempestivamente  avvertiti ».
Alle ore 12,15 nella stazione dei carabinieri di Cinisi, il pretore Trizzino, assistito dal cancelliere della pretura di Carini, redige un processo verbale di descrizione e ricognizione dei « brandelli degli indumenti indossati dalla vittima a momento dell’esplosione ». Alle 13,50 « su delega dl P.M. di Palermo, stante l’assoluta urgenza, il Pretore dispone procedersi all’autopsia sui resti del cadavere rinvenuto in contrada Feudo di Cinisi» ed identificato da Impastato Giuseppe e da   Impastato   Simone.   Viene   richiesto   in   qualità   di   perito   il   dr. Antonino   Caruso   dell’Istituto   di   Medicina   legale   dell’Università   di Palermo, cui vengono posti i rituali quesiti in ordine alla causa della morte e ai mezzi che l’avevano prodotta. Nel corso dell’esame autoptico il perito preleva frammenti di encefalo, di intestino e di cute affumicata per poter espletare i necessari esami chimico tossicologici e di ricerca delle polveri da sparo. Per questi accertamenti gli viene associato il dr. Paolo Procaccianti dell’Istituto di medicina legale dell’Università di  Palermo.

Le caratteristiche del « cratere » e le tracce dell’esplosione.

Non si apprezzano negli atti della polizia giudiziaria molti particolari sulle caratteristiche del « cratere » formatosi nel punto dello scoppio.
Il maresciallo Travali così sinteticamente lo descrive: « Al km. 30,180 della … linea ferrata si nota la mancanza di circa 30-40 cm. di  rotaia,  lato  sinistro  rispetto  alla  direzione  Palermo–Cinisi  nonchè un fosso sottostante da cui manca la traversa di legno ». Delle tracce dello scoppio e delle misure del cratere non vi è alcuna menzione nei verbali redatti dai carabinieri, che si limitano a menzionare il reperimento  di  tre  pezzi  di  binario.  E  ciò  malgrado  la  palese  importanza di questo elemento per la individuazione delle caratteristiche dell’esplosivo  e  delle  modalità  della  sua  collocazione.
Fa eccezione il rapporto giudiziario del Reparto operativo dei carabinieri di Palermo, datato 10 maggio, in cui, alla prima pagina, testualmente si legge che « in sede di sopralluogo si constatava che: la rotaia del binario (unico) lato monte per un tratto di circa 40 centimetri era tranciato e divelto e sotto di essa si sera formata una grossa buca con spostamento delle traverse … ».
L’approfondimento  della  conseguenze  dell’esplosione  è affrontato per la prima volta nel corso dell’istruzione formale condotta dal giudice Chinnici il 19 ed il 21 dicembre 1978 in occasione degli esami testimoniali del maresciallo Alfonso Travali, comandante della stazione di Cinisi, e del brigadiere Antonio Sardo, artificiere del reparto operativo dei carabinieri del gruppo di Palermo. Ne parla per primo  al giudice istruttore il maresciallo Travali, che ricorda la circostanza: « sul punto indicato dal ferroviere notai che effettivamente sul binario di sinistra, in direzione di Cinisi, e, quindi, di Trapani, per un tratto di circa 30-40 centimetri mancava la rotaia. In corrispondenza del punto in cui mancava la rotaia c’era un piccolo buco, del diametro di 30–40 centimetri, profondo circa 10–15 centimetri ».
Il 20 dicembre 1978 il brigadiere dei Carabinieri Carmelo Canale, allora in servizio a Partinico, esaminato dal giudice istruttore Chinnici circa le tracce lasciate dall’esplosione, parla di un cratere del diametro di  circa  mezzo  metro  e  della  profondità  di  30-40  centimetri.
Infine il brigadiere dei carabinieri del reparto operativo del gruppo  di Palermo Antonio Sardo, esaminato il 21 dicembre del 1978 da Rocco Chinnici, precisa che essendo sopraggiunto sul luogo dell’esplosione solo   alle   ore   10   del   mattino,   trovo`   la   linea   ferrata   «ripristinata perfettamente». Sardo ricorda invece che «fu il comandante della stazione, assieme ad altri, che ci descrissero come fu trovato il tratto      di strada ferrata»… in particolare ci dissero che al momento del loro arrivo mancava uno spezzone di binario di circa 70 centimetri e  nel punto in cui mancava il binario c’era una buca […] Non ricordo se mi fu precisata la dimensione di detta buca». Il teste Antonio Sardo dichiara che sostanzialmente si limitò «solo ad esaminare gli spezzoni del binario che [gli] furono mostrati e ad aprire il cofano della vettura Fiat 850». Questa precisazione comporta una «rilettura» della relazione di servizio redatta da lui alle ore dieci del giorno 9 maggio, in cui si legge: «si suppone che la carica esplosiva fosse composta da esplosivo ad elevato potere dirompente, verosimilmente esplosivo da  mina comunemente impiegato nelle cave di pietra e per sbancamento di terreno quantitativamente rappresentato da Kg. 4–6 circa».
Di  tenore  sostanzialmente  analogo  la  relazione  di  servizio  del sergente maggiore Longhitano dell’11 direzione di artiglieria. Il militare, «richiesto di intervenire da parte del comando di gruppo carabinieri di Palermo», a sua volta, dopo aver precisato  che  al momento del suo arrivo il tratto di strada ferrata era stato ripristinato, «stante quanto riferito dai carabinieri», quindi de relato «presume che l’esplosivo fosse ad elevato potere dirompente, verosimilmente esplosivo da mina comunemente impiegato nelle cave di pietra e per sbancamento terreni». «La carica esplosiva, considerati gli effetti dirompenti, poteva essere di kg. 4-6 circa». La relazione del brigadiere Sardo risulta redatta in Palermo, presso  il  Reparto  operativo  dei  Carabinieri, in data 9.5.1978, cioè lo stesso giorno del sopralluogo.

Nessun altro particolare consente oggi di risalire a chi – fra i carabinieri di Cinisi – descrisse gli  effetti dell’esplosione, consentendo tali conclusioni circa il tipo e il quantitativo dell’esplosivo impiegato. C’è  allora  da  interrogarsi  su  come  entrambi  questi  testi  siano giunti  a  tali  «presunzioni».  né  una  riposta  all’interrogativo  sembra potersi desumere dal tenore delle dichiarazioni rese dal generale Antonio Subranni alla Commissione Antimafia in occasione della sua audizione dell’11 novembre 1999. In tale circostanza all’audito viene chiesto di riferire in ordine alle caratteristiche dell’esplosione. Di seguito si riportano i passi del resoconto sommario nei quali è trattato l’argomento.

RUSSO SPENA COORDINATORE. E in base a quali atti tecnico-scientifici? Finora abbiamo parlato di contesto. Io le ho chiesto di farci capire gli aspetti tecnico-scientifici, e non soltanto di contesto o soltanto di commento. Cioè, vi sarà stata un’indagine  su  come  era  stata  uccisa,  o  come  era  morta, o come si era suicidata una persona…

SUBRANNI.  Tecnicamente  c’è poco;  c’è polvere  da  cava,  ce  n’era  molta in quella zona. […]. io parlo sempre delle prime indagini. Al di fuori della buca formatasi per effetto dell’esplosione non c’era traccia di miccia, ad esempio. Questo l’ho detto anche a Del Carpio, che mi disse che lui effettivamente non si intendeva di queste cose. La lettera di Impastato per me era valida, nei termini in cui ne ho parlato.

RUSSO SPENA COORDINATORE. La lettera viene dopo, generale, parliamo della miccia, della polvere, e poi parliamo della lettera, di cui abbiamo peraltro  già  parlato.

SUBRANNI. Gli elementi tecnici erano questi: l’assenza di una traccia di miccia che andasse oltre la buca creatasi per effetto dell’esplosione; in secondo luogo, la dinamite usata era quella comune delle cave, e lì ci sono tantissime cave. Questi sono i pochi aspetti tecnici, il resto era tutto legato alle indagini, si  trattava  di  sentire  le  persone,  se  qualcuno  aveva  visto  qualcosa,  perché  la macchina circolava, se qualcuno aveva visto quando era stato aggredito: in questo caso, certamente avremmo preso un indirizzo diverso […].

Come si vede, il generale Subranni richiama due aspetti tecnici: l’assenza di una traccia di miccia e il tipo di esplosivo adoperato: dinamite comune da cava. Quanto alla mancata individuazione dei resti della miccia non può  non rilevarsi che è di comune scienza il dato che i resti del detonatore o della miccia vengono dispersi in lontananza dall’esplosione.
In ordine al tipo di esplosivo, anche alla luce del tipo di indagini tecniche effettuate dai periti e in assenza di specifici elementi identificativi, l’indicazione data Subranni alla Commissione deve ritenersi priva di adeguato riscontro a meno che essa derivi da elementi allo stato non agli atti nella disponibilità della  Commissione.
Alcuni altri particolari in merito alle tracce lasciate dall’esplosione, si traggono dal verbale delle dichiarazioni rese al giudice istruttore dal teste Andrea Evola, operaio specializzato delle Ferrovie dello Stato nella tratta Cinisi-Carini e addetto alla manutenzione dei binari. Questi riferisce al giudice Chinnici, di avere – al lume della lanterna – individuato il luogo dell’interruzione e constatato che esso era di circa 55 centimetri e di aver notato « un fosso profondo circa 30 centimetri e largo non più  di 30 centimetri ». Sostanzialmente analogo l’assunto di Antonino Negrelli, casellante delle ferrovie, che a sua volta riferisce al magistrato di aver notato « un fosso profondo circa 20 centimetri e largo circa 40 centimetri », e aggiunge che, quasi nel punto in cui mancava il binario, c’era un sandalo di legno.
Come si è già  osservato, durante i sopralluoghi i verbalizzanti non effettuano alcuna esatto rilevamento delle dimensioni del « cratere » né più  approfondite  ispezioni.
I resti (si parla nel verbale di sequestro di tre pezzi del binario non vengono nemmeno misurati, e non vengono allegate fotografie che li ritraggono.
Ma  soprattutto  né  dai  verbali (Trizzino e Travali) di sopralluogo, né  da   altri atti vi è  menzione degli  eventuali  resti  dell’innesco dell’ordigno, rectius del detonatore oppure degli eventuali resti di una miccia. È notorio che il detonatore,  di qualsiasi tipo esso sia, può essere proiettato in frammenti lontano dall’onda d’urto dell’esplosione. E altrettanto vale per la miccia.
L’assenza in atti di elementi relativi al ritrovamento di queste tracce non consente la formulazione di ipotesi attendibili circa le modalità  dell’accensione  dell’ordigno  esplosivo,  né  ovviamente  di  più precise conoscenze sulla natura e sulla quantità  della sostanza o delle sostanze con cui esso era stato preparato: pertanto non si vede come da tale quadro possa essere stata desunta la consumazione di un’azione dinamitarda da parte della vittima. Sul punto si riportano le argomentazioni del perito Pellegrino:

Su un frammento di stoffa repertata sul luogo, sono state rinvenute tracce di binitrotoluene (o DNT – dinitrotoluene). Il binitrotoluene fa parte dei nitroderivati aromatici della serie nitrotolueni […]. Questi tre nitrotolueni, ed, in particolare, quelli di 2-4 e 2-6, danno luogo ad una famiglia di esplosivi detti, per l’appunto, a base di bibitrotoluene. Oltre a ciò  essi vengo impiegati per inumidire, e quindi fiemmatizzare leggermente, alcuni esplosivi a stato di aggregazione fisica pulverulenta. Gli esplosivi a base di binitroluene fanno parte dei così detti esplosivi dirompenti, o da mina, e quindi vengono utilizzati anche nelle nostre cave. Stante le risultanze ottenute si può  quindi affermare che  l’ordigno  esplosivo  col  quale  è stato  ucciso  (ammesso  che  non  fosse  già morto prima) Impastato Giuseppe era composto di esplosivo a base di binitrotoluene.  Purtroppo  non  è stato  possibile  stabilire  quale  degli  esplosivi appartenenti a questa famiglia è stato impiegato. Di conseguenza non è stato possibile stabilire quali caratteristiche fisiche è[…] aveva l’esplosivo impiegato. Di  conseguenza  non  è possibile  stabilire,  seppure  con  approssimazione  sufficiente, la quantità  dell’esplosivo impiegato. Stante il mancato reperimento di elementi indicativi, non è possibile neanche dedurre come era stato innescato l’ordigno: se con detonatore elettrico o se con detonatore a miccia o a tempo.
Segue il rinvenimento delle calzature della vittima.

L’appuntato dei carabinieri di Cinisi, Carmelo Pichilli, dopo avere riferito al G.I. di avere partecipato, unitamente al maresciallo Travali e al brigadiere Antonio Esposito all’ispezione condotta dal pretore Pizzillo, precisa: « per terra, quasi nel tratto in cui mancava   il binario, notai un sandalo « tipo farmacia » di colore bianco, un altro era nel lato opposto, e quasi a contatto con il binario ». Mentre «a tre metri di distanza circa dal sandalo, che si trovava nel punto in cui mancava il binario, c’erano gli occhiali. Intatti o – non ricordo – se mancava un vetro».
Di questi tre reperti non si sa altro. Certo è veramente strano che gli occhiali siano rimasti sostanzialmente intatti a circa un metro dal punto ove mancava il binario, mentre la volta cranica sostanzialmente esplose, dispersa in un ampio raggio. Le indagini nemmeno preciseranno se sui sandali siano state rinvenute tracce dell’esplosione.

Fonte mafie blog autore repubblica