I rifiuti in Sicilia, la relazione della commissione antimafia e le verità di Sciascia sui i professionisti del cerchio magico

Repubblica titola: “L’antimafia, il business rifiuti e la profezia sciasciana”. Un titolo che sintetizza una stagione , quella dell’antimafia politica e carrierista, tra le più “nebbiose” del dopoguerra

Il 10 gennaio 1987 sul Corriere della Sera uscì, a firma di Leonardo Sciascia, un articolo intitolato “I professionisti dell’antimafia” e dedicato al rapporto tra politica, popolarità e lotta alla mafia. 

Sciascia traeva una morale scomoda e tutt’altro che “comoda”: l’antimafia, adoperata con abilità e spregiudicatezza, può diventare un formidabile strumento per fare carriera, procurarsi il consenso del pubblico, acquisire crediti da spendere in qualsivoglia impresa.

Una guerra pure all’interno dell’antimafia? Che ruolo avrà la magistratura siciliana nel fare chiarezza? Alcune procure hanno avuto poca attenzione verso i “capricci” dell’antimafia

Quelle denunce disattese dell’ex assessore regionale Nicolò Marino nella giunta Crocetta

Fava querela il giornalista Borrometi ma nell’indagine della commissione da lui guidata c’è molto di più.
Lo scontro approdato in tribunale tra la commissione regionale antimafia guidata da Claudio Fava e il giornalista Paolo Borrometi ha un suono antico che arriva, diritto dritto, dall’ultracitato articolo di Leonardo Sciascia (non me ne voglia lo scrittore se ne scomodo la memoria) sui “professionisti dell’antimafia”. La storia è questa: la commissione antimafia guidata da Claudio Fava ha portato a compimento una documentatissima indagine sul sistema dei rifiuti.

Una relazione che evidenzia a tutto spiano, un sistema di complicate e interessate relazioni tra politica, burocrazia, imprenditori senza scrupoligiornalisti e faccendieri Un sistema dove, secondo la relazione , personaggi famosi dell’antimafia aggressiva e politicizzata avrebbe messo le mani, facendo il gioco dei compari e comparielli. Se sei compare dell’antimafia “un ti tocca nuddu”. Questo atteggiamento ci ricorda qualcuno che porta le coppole. In un giro di miliardi , come quello dei rifiuti siciliani, volete che la mafia cazzuta e non quella dei ruba galline, non ci abbia messo le mani? Chi ci crede avrà bisogno di fare percorsi di psicoterapia Già, è vero, certa stampa preferiva parlare dei mafiosi di campagna che comunque sempre delinquenti sono, e che si azzuffavano per le molliche, dimenticando quelli che, si sarebbero arricchiti e anche tanto , con i grandi giri di soldi su rifiuti e discariche. Le denunce verso questo aberrante sistema non sono solo di Fava. L’ex assessore regionale e magistrato Nicolò Marino che fu scelto da Crocetta e che si dimise sbattendo la porta

Marino era stato messo a capo dell’assessorato che gestiva i rifiuti e sul caso Montante disse: “Leggendo gli atti redatti dai magistrati nisseni, pubblicati sui quotidiani, vien fuori l’immagine di uno ‘Stato incapace’ per le condotte o le omissioni dei suoi organi al vertice: e su tutto questo il ‘silenzio’“.

Il magistrato Nicolò Marino, ex assessore regionale all’Energia della giunta Crocetta, parte lesa nell’inchiesta della Procura di Caltanissetta sul cosiddetto “sistema Montante”.

Sempre Marino“Qui non si tratta delle responsabilità penali di cui si occuperà la competente autorità giudiziaria – aggiunge Marino – con il rispetto che comunque si deve a chi alle preliminari investigazioni è sottoposto. Qui sono in gioco responsabilità amministrativa, politica, disciplinare, morale di magistrati, uomini di vertice delle forze dell’ordine, ministri, politici e, consentitemi, dei vertici pregressi e attuali della Confindustria“.

Il 29 novembre del 2013 il vice presidente regionale di ConfIndustria, Giuseppe Catanzaro, querela per diffamazione l’ex assessore regionale ai rifiuti Nicolò Marino. Catanzaro tuona: “Le ultime calunniose esternazioni pubbliche dell’assessore Marino hanno superato il limite. Fin’adesso ho rispettato Nicolò Marino, per rispetto alle Istituzioni che rappresenta, e per il suo passato di magistrato, sopportando le sue gravi e ripetute affermazioni. Adesso basta”.

Il vento che è entrato in Chiesa e ha spento le candele è soffiato ad Agrigento, nella sede dell’ ex Asi, dove, il precedente 21 novembre del 2013, Nicolò Marino ha affrontato la spinosa vertenza “rifiuti” incontrando alcuni sindaci agrigentini. Marino ha puntato il dito contro la discarica a Siculiana, che è gestita dai Catanzaro, e ha definito “oscure le origini della disponibilità dei terreni con la conseguente gestione privata”, sollevando dubbi, quindi, sull’aggiudicazione della gara.

E poi, in sede di Commissione parlamentare di inchiesta sulle eco – mafie, l’assessore Nicolò Marino aggiunse: “I fratelli Catanzaro hanno intrattenuto rapporti di affari con soggetti indagati in quanto ritenuti vicini a uomini di spicco di Cosa Nostra, e hanno acquistato una società di Francesco Zummo, ritenuto prestanome di Bernardo Provenzano”. Ebbene, il 3 novembre del 2016 il Giudice di Pace di Palermo, Antonio Cutaia, in sede penale, accogliendo quanto richiesto dalla Procura, ha condannato Nicolò Marino, per diffamazione a danno dei fratelli imprenditori Giuseppe e Lorenzo Catanzaro(finiti nell’inchiesta con Montante), a 500 euro di multa, al risarcimento dei danni ai Catanzaro per 5.000 euro e al pagamento delle spese processuali.

Già il precedente 11 maggio del 2016 il Tribunale di Agrigento, in sede civile, condannò Marino a risarcire con 45.000 euro i Catanzaro per le stesse ipotesi di reato. Marino, nonostante le sue denunce venne condannato, Non si arrese. In sede di Appello penale, la giudice monocratico del Tribunale di Palermo, Marina Petruzzella, nel 2019, ha assolto Nicolò Marino ritenendo le sue dichiarazioni “critiche legittime”, ed ha cancellato la condanna a 500 euro di multa inflitta in primo grado a suo carico.

Un altro punto oscuro dei rifiuti siciliani sono gli ex Ato. Quasi tutti andati al fallimento e con centinaia di milioni di Euro persi. Una delle più denunciate e chiacchierate fu la Belice Ambiente. La società d’Ambito belicina ha gestito affari per centinaia di milioni di euro. Eppure, non ci risulta essere stata mai indagata per reati di tipo mafioso. Nella terra del boss Messina Denaro, l’azienda con maggiore giro di soldi e che per almeno 10 anni , ha gestito il ciclo dei rifiuti di comuni come Mazara del Vallo, Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna, non è stata notata dai mafiosi. Che “bravi”ragazzi.

Fonte: Live Sicilia. Repubblica