INCHIESTE – FALLIMENTO ‘ DEL CAVALIERE BORROMETI.

“Operazione Antimafia della Finanza, sequestrate le aziende di Rizzoli (Gruppo Mezzacorona) Feudo Arancio e Sambuca erano dei mafiosi Salvo”.

Questo è quanto scriveva su La Spia il Principino dell’Antimafia Paolo Borrometi che sulle aziende di Rizzoli ha dedicato un intero capitolo nel suo libro “Un morto ogni tanto”, ricostruendo le compravendite e le parole dei collaboratori di Giustizia (che riguardavano, fra gli altri proprio Fabio Rizzoli).

Esultava il vice-direttore dell’Agi lo scorso 6 marzo riportando sul suo sito on-line la notizia del Sequestro preventivo richiesto dal gip di Trento su richiesta della Dda.

Queste le sue parole:

-Un altro capitolo del mio libro, quello che riguarda una fra le più importanti Aziende vinicole in Italia è risultato veritiero e oggi i feudi in Sicilia sono stati sequestrati per mafia,tutto riconducibile, scriveva Borrometi,a quattro persone indagate fra cui Fabio Rizzoli, conosciutissimo imprenditore Trentino e già amministratore delegato di Mezzacorona.

Nel libro avevo ricostruita nei minimi dettagli la provenienza mafiosa di quei Feudi (Feudo Arancio di Acate e Sambuca di Sicilia), da Trento a Palermo, poi Trapani, da Trapani a Agrigento, fino a Ragusa.

Riguarda ognuno di noi, ed ognuno di noi ha diritto a sapere.

Di questa mattina la notizia che la Procura di Trento (con un grande magistrato a capo, Sandro Raimondi, e grazie alla Finanza locale) ha sequestrato tutte le attività di cui avevo scritto anni fa. Ed esattamente per ciò che avevo denunciato’-.

Secondo il giornalista modicano la provenienza dei Feudi era indiscutibilmente MAFIOSA.

Oggi 29 aprile 2020 per il prestigioso giornalista d’inchiesta arriva la conferma del suo ennesimo fallimento,il tribunale del Riesame di Trento infatti ha annullato il decreto di sequestro emesso lo scorso 6 marzo sui terreni ed edifici delle società Solsicano e Villa Albius sarl del Gruppo Mezzacorona riferibili al brand Feudo Arancio.

“E’ stata ritenuta radicalmente insussistente l’astratta configurabilità dei reati contestati in relazione agli originari acquisti dei suddetti terreni ed edifici, anche a fronte della evidente trasparenza e tracciabilità delle compravendite realizzate”.

Dopo il buco nell’acqua nell’ inchiesta su Mario Ciancio Sanfilippo, famoso editore direttore de La Sicilia di Catania prosciolto dopo l’ingiusta accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, per il vice-direttore dell’ Agi arriva anche questa ennesima cantonata.

Ma possibile che le sue inchieste finiscono tutte così, in fumo? Possibile che questo giornalista veda la presenza della mafia in tutto e in tutti per essere poi puntualmente smentito dalla magistratura? Fortunatamente una buona parte di essa funziona ancora bene…. altrimenti chissà quanti innocenti pagherebbero il peso di colpe non loro.

Bisognerebbe avere umiltà nella vita riconoscere i propri errori e quando necessario anche porgere le proprie scuse.

Tempi duri per Paolo Borrometi che ultimamente sembra no ne azzecchi una.