1 Maggio ,non c’è niente da festeggiare. ” chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza”

Oggi è il 1° Maggio: con questa crisi drammatica e con questa precarietà, non c’è niente da festeggiare. Il nostro pensiero va a chi non ha un lavoro, a chi lo ha perso e a chi è stato lasciato solo e senza sussidi da uno Stato distratto e che fa ” inaccettabili differenze”tra le classi lavoratrici. Chi troppo e chi nulla. Oggi , in Italia, possono festeggiare solo i dipendenti pubblici che hanno tutte le garanzie possibili e un lavoro garantito. L’Italia un Paese da rifare e dove certa politica ha garantito, o se preferite raccomandato, alcuni a discapito di molti

Anche la Festa dei Lavoratori 2020, che si celebra oggi 1° Maggio, si terrà nelle piazze “virtuali” dei social network e delle piattaforme di condivisione video streaming. Nell’era del coronavirus funziona così

 

Ma cos’è rimasto e, soprattutto, cosa rimarrà del lavoro, su cui si fonda l’Italia, come sancito dall’articolo 1 della Costituzione con la crisi provocata dal Covid 19? Le incertezze regnano in molte famiglie

Un autorevole esperto, Mauro Zangola, per più di 30 anni direttore del Centro Studi dell’Unione Industriale di Torino, che di recente ha pubblicato un libro sui giovani dal titolo “SMARRITA OCCUPAZIONE” Giovani e territorio e il lavoro che non c’è, edito da SEB 27. afferma:
Cosa c’è da festeggiare, in questo 1° Maggio 2020? “Negli ultimi 20 anni, con due recessioni che non si erano del tutto esaurite, non abbiamo mai festeggiato davvero. A maggior ragione oggi, nel pieno di una crisi molto grave, che non sappiamo dove potrà portarci“,

Ancora Zangola sul lavoro precario:”Il Coronavirus ha anche un merito. Quello di averci fatto scoprire – se mai ce ne fosse stato bisogno – che abbiamo un esercito di precari composto dai lavoratori “discontinui”, che rischiano di  non vedersi rinnovati i contratti nel mezzo della crisi, e delle partite ivaUn esercito di 600.000 individui in larga parte giovani, vittime delle politiche del lavoro flessibili  perseguite dalle imprese con la complicità dei Governi che si sono succeduti negli ultimi vent’anni. Politiche sfociate nella precarietà, con costi personali e sociali crescenti a carico degli individui, delle famiglie e della comunità.Credo che, appena superata questa crisi, sarà necessario mettere in discussione tutte le politiche perseguite in questi ultimi ventanni. Bisognerà occuparsi seriamente dei problemi dei lavoratori precari, dei giovani, che fanno tanta fatica a realizzare un normale progetto di vita. In Piemonte sono 100.000 i giovani tra i 15 e i 29 anni in queste condizioni. Le ragazze sono più del 60%

 

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