Processo Vaccarino – Lauria: Quella di Antonio Vaccarino è una storia da pazzi

“Diceva Ernest Hemingway – ha dichiarato il Dottor Padova – ‘Non lasciare che la verità rovini una bella storia’. Siccome qui siamo in un’aula di giustizia io credo che invece si debba applicare un principio radicalmente  opposto e cioè non lasciare che una bella storia ci impedisca di vedere i fatti”.

A replicare alle parole di Padova, pubblico ministero al processo che vede imputato Antonio Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano, è Baldassare Lauria, avvocato difensore di quest’ultimo.

“Vaccarino è stato sottoposto al regime carcerario di Pianosa che di legale aveva ben poco. Una storia drammatica quella che vede il professore Vaccarino non come un vincente ma come un perdente. Vaccarino è una vita  che insegue un significato di giustizia. Quando mi contattò disse: ‘io non posso chiudere gli occhi se non faccio chiarezza su quella porcata di sentenza che mi condanna per droga’. Quella del professore Vaccarino non è una bella storia, è una storia drammatica, una storia da pazzi.”

Forse, non è soltanto una storia da pazzi, forse come suggeriva Luigi Pirandello, in un suo libro, ’Basta che lei si metta a gridare in faccia a tutti la verità. Nessuno ci crede, e tutti la prendono per pazza!’

Il 26 maggio, presso il tribunale di Marsala, si è tenuta l’udienza al termine della quale i pm della Dda di Palermo, Francesca Dessì e Pierangelo Padova, hanno chiesto sette anni di carcere per Vaccarino, con l’accusa di concorso in rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento personale, con l’aggravante mafiosa.Antonio Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano era stato arrestato il 16 aprile dello scorso anno, insieme al colonnello Marco Alfio Zappalà della Dia di Caltanissetta e l’appuntato scelto Giuseppe Barcellona, in servizio a Castelvetrano, nell’ambito di un’indagine su una presunta fuga di notizie.

Un’udienza durata tre ore e mezzo, nel corso delle quali l’accusa ha evidenziato i trascorsi di Vaccarino, accusato dall’ex pentito Vincenzo Calcara (ritenuto un falso pentito in più sentenze) di aver fatto parte di ‘Cosa nostra’, in una posizione apicale e di aver preso parte a un traffico di stupefacenti, per la cui accusa l’ex sindaco di Castelvetrano riportò e scontò una condanna definitiva, oggi oggetto di richiesta di revisione per la quale la Procura Generale di Catania ha già espresso parere favorevole. Dall’accusa di aver fatto parte di ‘Cosa nostra’, era già stato assolto in appello.

Ne bis in idem, ma questo non è sufficiente per non riportare in un’aula di tribunale le pregresse vicende giudiziarie di Vaccarino, le accuse dello screditato pentito Calcara e i rapporti dell’ex sindaco con il Sisde, poichè i pubblici ministeri proprio su questi trascorsi hanno fatto affidamento per avvalorare l’accusa, depositando atti giudiziari contestati dalla difesa dell’imputato perché inutilizzabili.

Nel corso dell’esame dell’imputato le domande poste dal pubblico ministero Padova hanno avuto per oggetto principalmente due aspetti. Il primo, l’incontro avvenuto con il colonnello Zappalà presso l’abitazione del Vaccarino; il secondo, il successivo incontro tra Vaccarino e Vincenzo Santangelo.

Padova  ha chiesto di sapere se nel corso dell’incontro avvenuto con il colonnello Zappalà, avessero parlato dell’intercettazione inviata da questi a Vaccarino, nella quale tali Ciro e Sebastiano parlavano tra loro del funerale del collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa, e che secondo l’accusa Vaccarino avrebbe successivamente consegnato al Santangelo già condannato per mafia. L’intercettazione riguardava tali  Ciro e Sebastiano, che parlando tra loro facevano riferimento al fatto che Vincenzo Santangelo avrebbe organizzato a titolo gratuito il funerale di Cimarosa.

Vaccarino rispondendo alle domande del pm ha dichiarato di non aver parlato dell’argomento nel corso dell’incontro con il colonnello Zappalà, precisando che l’incontro con il Santangelo – nonostante questi abitasse a 500 metri da casa sua – era avvenuto per caso e che la conversazione in merito a Ciro e Sebastiano, che Vaccarino non conosceva, nasceva dalla preoccupazione di quest’ultimo del fatto che i due avessero definito ‘fango’ il Cimarosa.

“Io vivo con la minaccia di essere ammazzato – ha dichiarato Vaccarino – il chiacchiericcio che c’era anche su Cimarosa era quello che da un momento all’altro, anche lui era un morto che camminava, come me doveva essere ucciso”.

Vaccarino si riferisce a Giuseppe Cimarosa, figlio del pentito Lorenzo, che nel corso di questo processo ha anche testimoniato raccontando di come dopo il pentimento del padre gli unici che lo sostennero furono l’ex sindaco Vaccarino e il figlio, il quale nel corso di un consiglio comunale ne prese anche le difese.

Secondo l’accusa quando avviene l’incontro tra Vaccarino e Santangelo la polizia giudiziaria avrebbe trascritto ‘rumore di carta che viene sfogliata’, quindi il pm ha chiesto a Vaccarino se quando si è trovato a parlare con il Santangelo avesse avuto in mano una stampa dei file che gli erano stati inviati dal colonnello Zappalà. Vaccarino ha sottolineato di non aver avuto file stampati e che il fruscio poteva essere dovuto a qualsiasi altra cosa, ricordando inoltre come prima di questo casuale incontro da oltre vent’anni non avesse avuto alcun rapporto, neppure di saluto, con il Santangelo.

Invero,  la polizia giudiziaria non aveva messo a verbale ‘rumore di carta che viene sfogliata’, bensì ‘verosimilmente rumore di carta’. Secondo il pm Padova, Vaccarino, parlando con Santangelo, avrebbe indicato nel Lorenzo Cimarosa un ‘pezzo di fango’.

Un voler rimarcare come Vaccarino, secondo l’accusa, nutra disprezzo nei confronti del defunto Lorenzo Cimarosa, dovuto proprio al pentimento di quest’ultimo.Cosa dice Vaccarino a un certo punto – sostiene il pm – dice ‘che c’è andato a fare il funerale, fa finta, a questo fango che si è pentito è che si lanzò tutto.’ Chi è il fango che si è pentito e si lanzò tutto? Lorenzo Cimarosa, il padre di Giuseppe Cimarosa, parlando col quale invece Vaccarino manifesta grande solidarietà, ‘Tuo padre ha fatto la scelta giusta’, nello stesso arco di tempo, intercettato senza sapere ovviamente di essere intercettato – conclude Padova – Vaccarino come si esprime nei confronti di Lorenzo Cimarosa? ‘Questo fango”.

Però, ancor prima che l’accusa si soffermasse sulla presunta offesa alla memoria del pentito Cimarosa, lo stesso Vaccarino all’inizio dell’udienza, sia rispondendo alle domande del Pubblico Ministero che nel corso delle sue dichiarazioni spontanee, aveva fatto riferimento a quanto si erano detti Ciro e Sebastiano indicando nel Cimarosa ‘un fango’. Erano state proprio queste parole a preoccupare Vaccarino in merito a possibili pericoli che stessero correndo tanto lui quanto Giuseppe Cimarosa.

Né nel corso del dibattimento il Pubblico Ministero ha contestato al Vaccarino di essere stato lui a utilizzare quel termine tanto offensivo,  accettando dunque che lo stesso provenisse da quanto i due (Ciro e Sebastiano) si stessero dicendo nel corso della conversazione intercettata.

Un aspetto che non è stato ignorato dalla difesa dell’imputato.

Lauria ripercorre dunque la requisitoria del pm, che a suo avviso travisa la realtà processuale, in merito all’unica intercettazione agli atti che riguarda l’imputato Vaccarino con Vincenzo Santangelo, riportata nelle memorie depositate poco prima dalla stessa accusa, evidenziando come proprio l’intercettazione depositata dall’accusa dimostri che Vaccarino aveva detto l’esatto contrario. “Cioè – afferma Lauria – una ricostruzione assolutamente falsa, infedele rispetto alla lettera della conversazione che il pubblico ministero ha la bontà di indicare integralmente nella sua memoria. Per questo dicevo che il ragionamento ricostruttivo che fa il pubblico ministero è un vero e proprio sofisma che cerca di buttare polvere negli occhi per coprire un vuoto probatorio assoluto”.“Devo dire con estrema onestà intellettuale – dichiara in udienza l’Avv. Baldassare Lauria – di avere apprezzato la requisitoria del dottore Padova nella sua ricostruzione dei fatti. Prima di questa udienza mi chiedevo come avrebbe fatto a mettere su il nulla in direzione accusatoria e invece c’è riuscito, e c’è riuscito con la polvere”.

Una storia da pazzi – aveva dichiarato l’avvocato Lauria riferendosi alla storia di Vaccarino. Una storia da pazzi, che vede riesumato un pentito ormai screditato, come spiega l’avvocatessa Giovanna Angelo –  difensore insieme al collega Lauria, di Vaccarino – nel ribadire che l’accusa di favoreggiamento è destituita di qualsiasi fondamento, ricordando come la ricostruzione dei trascorsi dell’ex sindaco di Castelvetrano in merito all’accusa di far parte di ‘Cosa nostra’, venne puntualmente smentita dalle sentenze prodotte anche nel corso di questo processo.

Secondo l’accusa, Vaccarino, anche durante la sua collaborazione con i servizi segreti, non collaborò con l’Autorità Giudiziaria. Un aspetto contestato dall’avvocatessa Angelo  che ha prodotto documentazione per dimostrare come il suo assistito più volte si offrì di collaborare con l’Autorità Giudiziaria – anche con la Procura di Palermo che oggi muove l’accusa – così come pure dimostrato dalla testimonianza  a questo stesso processo, del Dottor Gabriele Paci, Procuratore Aggiunto di Caltanissetta.

Quali altri colpi di scena  ci attendono in questo processo?Una storia da pazzi quella di Vaccarino alla quale fa seguito un processo con continui colpi di scena. Le testimonianze del generale Mario Mori e del colonnello Giuseppe De Donno che hanno narrato non solo di come Vaccarino collaborò con il Sisde al fine di catturare Matteo Messina Denaro, ma anche come lo stesso Vaccarino –  come dichiarato da De Donno –  collaborò nella cattura di Bernardo Provenzano.  Eppure,  sembra che per l’accusa la collaborazione con il Sisde non sia di alcuna rilevanza.

Una piccola anticipazione sui prossimi articoli nel corso dei quali passeremo in esame le accuse mosse dai pm della Dda di Palermo e le repliche da parte dei difensori di Vaccarino, talune delle quali proprio sul piano tecnico,  sull’utilizzazione di alcuni atti,  e facendo riferimento ad aspetti normativi e di consolidata giurisprudenza,  che mirano a smontare il castello accusatorio,  in parte proprio partendo da aspetti inediti di questa vicenda,  che vede intercettati  due soggetti che parlano tra loro di un funerale, i quali non erano neppure indagati. Così come indagato non lo era neppure il Santangelo,  al quale il Vaccarino si  è rivolto in quell’unica conversazione intercettata per comprendere, a suo dire, se lui e Giuseppe Cimarosa stessero correndo dei rischi.

 

Probabilmente, come affermato dall’avvocato Lauria, “È come se il pubblico ministero venisse da Marte, vede una comunicazione di un’intercettazione nel territorio di Castelvetrano la patria del noto latitante Messina Denaro Matteo, e ritiene quella notizia così rilevante per la vita dell’associazione mafiosa nell’articolazione castelvetranese da ritenere si possa applicare l’aggravante. Parliamo di un territorio in cui le intercettazioni sono come il pane quotidiano e nel caso in specie parliamo di uno stralcio di conversazione che aveva un contenuto assolutamente irrilevante e sterile.”Ma v’è di più.  come emerso nel corso dell’udienza,  l’unica indagine in corso sarebbe stata quella rispetto la latitanza di Matteo Messina Denaro.  Un’indagine di almeno otto anni prima, rispetto la quale, peraltro, nulla è stato contestato a Vaccarino, e della quale, tanto l’imputato che i suoi difensori, apprendono soltanto nel corso del processo.

Una storia da pazzi? No, soltanto una storia siciliana, nella quale hanno un ruolo determinante pentiti (poi giudicati falsi tali) soggetti non indagati e un’indagine vecchia di 12 anni addietro, su un boss latitante, un autentico fantasma, oggi imputato a Caltanissetta per le stragi nelle quali morirono i giudici Falcone e Borsellino e le loro scorte.

Stragi, rispetto le quali, Vaccarino ha dato indicazioni a un colonnello della Dia incaricato dalla Procura. Che dire di Vincenzo Calcara, lo pseudo pentito che proprio mentre a Castelvetrano si pianificavano le stragi, distoglieva l’attenzione da Matteo Messina Denaro, del quale non parlò mai, e che solo dopo quasi trent’anni si ricorda di lui e vorrebbe testimoniare al processo?

Una storia da pazzi, una storia tutta siciliana…

Gian J. Morici

 

 

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