Totó Riina e la cupola

RIINAIl complesso quadro probatorio emerso dall’approfondita istruttoria dibattimentale e da quella rinnovata ex art. 603 cpp, è assolutamente univoco nel dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la determinazione volitiva ad uccidere il dott. Giovanni FALCONE e la concreta partecipazione di taluni tra i personaggi di vertice in Cosa Nostra, all’attentato mirato a recidere le trame investigative che la vittima tesseva, a livello internazionale, anche in collaborazione con la dott.ssa Carla DEL PONTE, Procuratore elvetico, nel delicato settore del contrasto alla criminalità organizzata ed in particolare al riciclaggio del denaro sporco.
Non vi è dubbio alcuno, come meglio si dirà in tema di movente, che Cosa Nostra avesse da tempo ‘nel mirino’ il dott. Giovanni FALCONE, e che dell’intensa attività portata avanti dal magistrato si fossero già occupati i vertici dell’associazione criminale come riferito concordemente da numerosi collaboranti i quali hanno descritto i precedenti progetti omicidiari.
Effettivo era nel 1989 l’organismo che presiedeva alle questioni di interesse per Cosa Nostra era denominato commissione provinciale di Palermo o ‘cupola’.
Pacifica la competenza di tale consesso a deliberare fatti di sangue, a maggior ragione se ritenuti di particolare incidenza sugli equilibri complessivi per essere indirizzati contro soggetti istituzionali.
Su tali vicende il collaborante, investito della più alta carica in seno alla consorteria, ed altresì particolarmente vicino a Salvatore RIINA dal quale era stato addirittura ‘iniziato’ a Cosa Nostra, è certamente Giovanni BRUSCA.
Le sue dichiarazioni costituiscono, pertanto, su questi aspetti, un punto di riferimento certo che merita pieno giudizio di attendibilità e veridicità anche perché in sintonia con quelle pronunce giurisprudenziali (per tutte ancora una volta valga la citata sentenza n.80/92 della Suprema Corte) che hanno già definitivamente accertato logiche e modalità esecutive di ‘Cosa Nostra’.
BRUSCA, componente della cupola in sostituzione del padre Bernardo, ha ribadito senza alcuna perplessità non soltanto la concreta operatività dell’organismo in quel periodo, ma anche la vigenza delle ‘regole mafioose’ per cui i vertici di Cosa Nostra ‘dovevano’ essere coinvolti nelle deliberazioni, per evitare pericolosi contraccolpi alla consorteria. Così il BRUSCA ha testualmente affermato (52 ss del 29.6.99):

P.M. : – Si’. Sa se esistono organismi in seno a “Cosa Nostra” denominati commissione Provinciale e regionale? Nell’affermativa  dica quali funzioni hanno.
BRUSCA GIOVANNI: – Si’. Il capoprovincia e’ quello che… che coordina e comanda un po’ tutti i capimandamento, cioe’ per i vari mandamenti della provincia palermitana; quella regionale che c’e’ il capoprovincia… il caporegione che poi con i vari capiprovincia.
P.M. : – Si’. Ecco, quali funzioni sono attribuite a questi organismi? BRUSCA GIOVANNI: – Queste funzioni… c’e’ il vertice di  “Cosa Nostra” che decide tutte le sorti di “Cosa Nostra”, nel bene e nel male, cioe’ l’andamento di “Cosa Nostra”, per avere sempre un bene?cio, sempre… cioe’ come si suol dire, andare verso gli interessi di “Cosa Nostra”. Quindi qualsiasi cosa nasce era solo ed esclusivamente per gli interessi di “Cosa Nostra”.
P.M. : – Si’.
BRUSCA GIOVANNI: – Dagli omicidi alle… ai profitti, un po’ a tutti gli interessi di “Cosa Nostra”.
P.M. : – Ecco, sa dire a quali organismi compete di uccidere in ordine ai cosiddetti omicidi eccellenti o strategici per la vita dell’organizzazione?
BRUSCA GIOVANNI: – Mah, i vertici dovrebbero essere, come regola, tutti informati per fatti importanti e per quanto riguarda l’andamento di “Cosa Nostra”. Senno’… senno’ sarebbero una banda di… cioè ognuno camminerebbe ognuno per i fatti suoi.
P.M. : – Quindi, le risulta una regola che per commettere questi delitti serva l’assenso dei membri di queste commissioni?
BRUSCA GIOVANNI: – Si’. E le regole, le regole di “Cosa Nostra”, perché esiste in quanto le regole di “Cosa Nostra” per l’andamento di “Cosa Nostra”. Ripeto, per rispettare le regole, andare tutti d’accordo e andare avanti nelle regole di “Cosa Nostra”.

Nel medesimo senso e pur nell’ottica di dichiarazioni certamente più vaghe e mirate, prima di tutto, ad escludere qualsiasi proprio coinvolgimento anche solo conoscitivo, Salvatore Cancemi ha ribadito che l’eliminazione del dott. FALCONE doveva ritenersi senza ombra di dubbio uno dei cd ‘omicidi eccellenti’ e che lo stesso sarebbe dunque ricaduto de plano nelle competenze deliberative della commissione di cui egli stesso aveva fatto parte dopo l’arresto (1985) di Pippo Calò capomandamento di Porta Nuova (esame 18.10.99 f. 96).
Altro punto di cui non è possibile dubitare è la individuazione da parte della ‘cupola’ sin dai primi anni Ottanta, del dott. FALCONE quale uno degli obiettivi primari da colpire.
Il BRUSCA ha poi chiaramente riferito, nel brano di seguito riportato, (?. 95 ss del 29.6.99) che il dott. FALCONE era oggetto di ripetute ‘citazioni’ in seno alla “cupola” – della quale egli stesso faceva parte in sostituzione del padre Bernardo – quale bersaglio da eliminare al più presto:

P.M. : – Si’. Signor BRUSCA, sa dire se in epoca prossima all’attentato fallito per cui e’ processo vi siano state riunioni della commissione…  o meglio, altre riunioni della commissione provinciale o di quella regionale?
BRUSCA GIOVANNI: – Riunioni di commissioni successive al…
P.M. : – No…
BRUSCA GIOVANNI: – … al processo che si sta celebrando?
P.M. : – Cioe’, in epoca prossima, in epoca… cioe’ un po’ prima o in periodo coevo, nello stesso periodo dell’attentato per cui e’ processo del giugno dell’89 o nello stesso anno, comunque subito dopo? Ecco. BRUSCA GIOVANNI: – Io gli posso dire che prima e dopo sono state fatte riunioni di commissione.
P.M. : – Si’.
BRUSCA GIOVANNI: – Cioe’ prima e poi.
P.M. : – Si’. Lei sa dire se vi sia stata l’adesione di tutti i membri della commissione provinciale di Palermo nella decisione di eliminare Giovanni FALCONE?
BRUSCA GIOVANNI: – Guardi, io gli posso rispondere per quello che gia’ le ho detto, nel senso che le regole venivano rispettate, commissioni se ne sono fatte e prima dell’attentato al dottor Giovanni FALCONE, dove hanno partecipato Di Maggio, Mimmo… Mimmo Ganci, Salvatore RIINA, BIONDINO e tanti altri, Angelo La Barbera. So che hanno parteci… non so se hanno partecipato tutti, so pero’ che hanno fatto delle riunioni. Quindi, essendo che pero’ le regole venivano rispettate e si dovevano rispettare, pero’ io non ho visto se ce n’e’ stata una dove si e’ deciso all’unanimità, cioè tutti i presenti a questa riunione. Questo non lo so, non… cioe’, io non l’ho visto se erano tutti o meno, questo non glielo so dire.
P.M. : – Si’. Senta, venendo ora al fallito attentato per cui e’ processo, vuole riferire da chi venne organizzato ed eseguito questo fallito attentato?
BRUSCA GIOVANNI: – Guardi, di questo fallito attentato mi ricordo che quando fu di questo attentato, dopo poco tempo, incontrandomi con Salvatore RIINA, era successo che sui giornali si parlava di Servizi Segreti, attentato, non mi ricordo con precisione, comunque a me quello che mi interessava era l’attentato, nel senso se… se eravamo stati noi o no. Perche’ dico se eravamo stati noi? Perche’ mi era venuto un minimo di dubbio quanto veniva scritto sul giornale, nel senso che ci poteva essere qualche cosa che non apparteneva a “Cosa Nostra”, anche se io mi ero gia’ convinto come territorio, come fatto, quindi non e’ che mi… io ero convinto diversamente, pero’ a volte nella vita non si puo’ sapere, come tante volte succedeva che qualche fatto all’interno di “Cosa Nostra”, “Cosa Nostra” non sapeva parlare, quindi io incontrandomi con Salvatore RIINA mi dice si’. Gli chiedo cosa era questo fatto di “Cosa Nostra” e lui mi dice: “Si'”, era un fatto di “Cosa Nostra”, che avevamo fatti noi, nel senso l’avevamo fatto “Cosa Nostra” e in particolar modo Antonino MADONIA, e mi ha detto pure: “Peccato che… che non e’ successo, perche’ era il momento buono”, in quanto il dottor Giovanni FALCONE era in quanto discusso, delegittimato, quindi il momento storico non… il momento storico era favorevole per “Cosa Nostra”, pero’ peccato che non e’ successo l’attentato, perche’ poteva essere favorevole a “Cosa Nostra”.
P.M. : – Si’. Lei ha parlato di, qualche tempo dopo, un fatto. Ecco,
vuole essere piu’ preciso e indicare un margine di giorni o di mesi, quanto tempo era passato?
BRUSCA GIOVANNI: – No, no, io parlo quando… una settimana, quindici giorni, dieci giorni, ma non piu’ di tanto; alla prima occasione che mi incontrai con Salvatore RIINA mi e’ venuto spontaneo chiedergli del fatto e poi nell’argomento siamo… ci siamo allargati, i motivi, il… le deduzioni giornalistiche, pero’ il mio pensiero prima di tutto era il fatto e poi ci siamo scesi nei particolari, un po’ quello che, diciamo, scrivevano i giornali. “Peccato che non e’ successo”. Il momento era buono, in quanto si parlava di Servizi Segreti e si parlava di tanti… di tanti altri fatti che non co… che non avevano niente a che vedere con “Cosa Nostra”, quindi il momento era buono per… per sfruttare tutto quello che veniva scritto sui giornali. Pero’ a me mi interessava se il fatto era nostro o no, e lui mi ha risposto che era un fatto di “Cosa Nostra”.

Ulteriore aspetto, ormai assodato in virtù delle concordi dichiarazioni di tutti i collaboranti escussi ed in particolare di quelle convergenti di Francesco ONORATO e Giovambattista FERRANTE, con il conforto delle veri?che tecniche sulle tipologie di esplosivo utilizzate è il quadro di ambientazione logistica del perpetrato attentato.
Due dati in particolar modo sono emersi e meritano di essere evidenziati:
1) l’avere affidato la gestione esecutiva ad uomini di estrema    fiducia    del RIINA quali Salvatore BIONDINO e Nino MADONIA;
2) l’aver utilizzato esplosivo proveniente dai depositi della famiglia di San Lorenzo.
Entrambe le circostanze connotano l’episodio criminoso nel segno più tipico dell’azione di Cosa Nostra che, a volte anche prescindendo da< taluna delle rigide regole pur imposte al suo interno, soleva rispettare le ‘competenze’ settoriali e specialistiche di ciascun mandamento e famiglia, salvaguardando comunque, ed in ogni caso, un principio basilare, appunto quella sulla competenza territoriale.
In particolare, le dichiarazioni del FERRANTE e dell’ONORATO convergono eloquentemente ex art. 192, comma 3, c.p.p., pur essendo di fonte assolutamente autonoma e quindi prive di qualsiasi pericolo di reciproca interferenza sul ruolo centrale del BIONDINO e del MADONIA nella fase organizzativa dell’azione criminosa nonché sulle modalità e finalità dell’attentato.
Fu appunto il BIONDINO a chiedere e ad ottenere dal FERRANTE l’esplosivo, poi consegnato al MADONIA, con il quale (come disse espressamente all’atto di conferire all’ONORATO, l’incarico di effettuare i pattugliamenti) si doveva eseguire il crimine.
Questa la plastica a?ermazione del collaborante “mi ha detto subito che si doveva far  saltare  FALCONE” (f.19 del 16-3-99).
Nel caso di specie non è stata peraltro raccolta una prova certa che l’attentato ‘eccellente’ per la qualità della vittima e per la presumibile reazione dello Stato in caso di successo dell’azione criminosa, come poi avvenuto per la strage di Capaci, sia stata preceduta da una formale delibera della Cupola, che l’aveva del resto avallata da tempo, tanto che reiterati tentativi (vedi dichiarazioni del BRUSCA) si erano infruttuosamente conseguiti. Ciò è dimostrato dal fatto che tra gli imputati non ?gura Bernardo Provenzano, luogotenente del RIINA nel mandamento di Corleone nonchè suo portavoce in commissione  pur   ‘nell’alternanza   delle   presenze’ (Cass. 80/92), il quale., come emerge dalle dichiarazioni del GIUFFRE’, ebbe un ruolo de?lato nella vicenda. Nondimeno, gli elementi raccolti consentono di ritenere che il RIINA, dette impulso al progetto da lungo tempo covato da Cosa Nostra, per eliminare un nemico storico, non in forza di un’iniziativa individuale, ma nel rispetto delle regole ma?ose ed avvalendosi sotto il pro?lo organizzativo, del personaggio a lui più vicino (Salvatore BIONDINO), e di quelli territorialmente interessati dall’azione criminosa: di Resuttana (ove era compresa l’Addaura), comandata dal MADONIA e di San Lorenzo (capeggiata appunto dal BIONDINO). Al mandamento di San Lorenzo apparteneva peraltro anche nil FERRANTE, che aveva prelevato l’esplosivo, mentre per l’opera di pattugliamento fu reclutato l’ONORATO, appartenente alla famiglia di Partanna Mondello, oltre al concorso inevitabile di altri compartecipi riusciti a mantenere l’anonimato.
Si trattò dunque, come esigeva d’altronde la qualità della vittima e la natura dell’operazione, di un’azione corale nella quale il RIINA mobilitò le forze a lui più fedeli e coinvolse i personaggi più quali?cati sotto il pro?lo territoriale e logistico perché l’attentato potesse avere successo come invece non avvenne per contingenti ragioni.
Dunque, il coordinamento delle operazioni fu a?dato a Nino MADONIA, già nel recente passato, coautore con il BRUSCA di numerosi tentativi di assassinare il dott. FALCONE nei confronti del quale aveva, per così dire, maturato uno speci?co movente ad eliminarlo personalmente, essendo da tempo – lui e la sua famiglia – il collettore dei tra?ci illeciti nel settore degli stupefacenti, che il magistrato seguiva con non comune professionalità investigativa.
Per l’esplosivo ci si rivolse a chi ne deteneva il
quantitativo forse più ingente e nel covo più sicuro, quello di contrada Malatacca, nel mandamento di San Lorenzo, per essere tradizionalmente affidato al FERRANTE – che spesso ne faceva uso per attentati estorsivi – ed alla famiglia di appartenenza del collaborante.
In?ne, per il pattugliamento, fu incaricato l’ONORATO, giovane già messosi in luce con alcuni omicidi personalmente commessi e reggente della famiglia di Partanna Mondello, rientrante nel mandamento di San Lorenzo (il cui capo era Salvatore BIONDINO), territorio a cavallo del quale l’attentato è da compiersi.
In conclusione, la logica, le regole e l’azione di Cosa Nostra furono perfettamente coniugate anche per gli accadimenti dell’Addaura.
Anche in questa occasione, l’evento delittuoso – pur senza successo – fu il frutto della concertazione di più sinergie, frutto della ‘deliberazione’ criminosa di Salvatore RIINA, dei suoi accoliti ed in particolar modo di coloro i quali ne condividevano il suo cruento modus operandi, tipico dell’emergente fazione corleonese.
Tali considerazioni consentono pertanto, ad avviso della Corte, di fugare anche quei dubbi prospettati dalla difesa che potrebbero residuare, dal contrasto, in verità solo apparente, tra il delitto per cui è processo e le vicende criminose di pochi anni successive (omicidio Lima, strage di Capaci, strage di via d’Amelio, omicidio Salvo) per le quali è stato irrevocabilmente ritenuto provato il coinvolgimento, almeno a livello decisionale e quindi di concorso morale, della commissione provinciale di Cosa Nostra.

Costituisce, come detto, un elemento ormai acquisito l’inserimento ‘in calendario’ da vecchia data dell’esecuzione di Giovanni FALCONE ( la cui penetrante azione giudiziaria non era più sopportabile per Cosa Nostra), anche in assenza di prova certa sulla data e sulle modalità della delibera omicidiaria.
In sostanza, se il mancato coinvolgimento processuale degli vertici di Cosa Nostra è la conseguenza della carenza di elementi indiziari a loro carico (diversamente da quanto accaduto per le altre vicende criminose citate), è per altro verso indubitabile che nei confronti degli odierni imputati invece un quadro di prova piena si è consolidato potendosi così individuare in essi lo ‘zoccolo’ decisionale ed esecutivo di Cosa Nostra – dal quale RIINA non poteva e non voleva prescindere – per il crimine di cui è causa.
Ciò è del resto confermato da alcune dichiarazioni dei collaboranti che paiono esattamente orientate a suffragare un quadro di tal fatta.
Calogero Ganci (f. 188 del 11.10.99) ha infatti precisato che, in conseguenza dell’armonia che regnava tra le famiglie di Resuttana (MADONIA) San Lorenzo (Gambino-BIONDINO) Ciaculli (Greco) e Noce (Ganci), non necessariamente tutti dovevano partecipare a ciascun delitto deliberato da Cosa Nostra. L’esempio citato è quello dell’assassinio del Cap. D’Aleo (f.190) ucciso nel territorio della Noce senza che vi fosse coinvolto Antonino MADONIA il quale poi rimarcò l’episodio:
GANCI CALOGERO: …dopo alcuni giorni, si e’ fatto vivo e scherzando ci disse, dici… dici: “Che fa, mi avete lasciato fuori?”.

Lo stesso Giovanni BRUSCA – le cui dichiarazioni sono state in precedenza ampiamente riportate – aveva chiaramente sottolineato come le regole venissero sempre rispettate pur essendo possibile che non tutte le riunioni della cupola fossero estese alla generalità dei capi-mandamento.
Un signi?cativo apporto è stato però conferito dal collaborante Antonino GIUFFRE’, il quale, escusso in data 12/02/2003 previa interruzione della discussione in atto, da questa Corte d’Assise d’Appello, ha sostanzialmente confermato il quadro di conoscenze già delineatosi, aggiungendo taluni particolari di certo utili ad una ricostruzione ancor più coerente ed incisiva.
In sostanza il GIUFFRE’ ha a?ermato che, pur mantenendosi inalterati i poteri della commissione provinciale di Cosa Nostra, il RIINA per talune decisioni che andavano assunte con particolare celerità e, contestualmente, coinvolgevano zone a lui particolarmente legate, poteva avvalersi, ed in concreto si avvaleva, dei suoi più ?di consiglieri appartenenti ai mandamenti della Noce (Ganci), di San Lorenzo (BIONDINO) e di Resuttana (MADONIA). Così ha riferito testualmente il collaborante sul ruolo del gruppo ristretto facente capo al RIINA rispetto ai poteri più ampi della commissione:
PRESIDENTE: – Ecco, sul ruolo della commissione rispetto al gruppo ristretto che lei prima ha menzionato, se mal non ho interpretato il suo pensiero, come mandante dell’azione criminosa. Prego, cedo la parola al collega.
CONSIGLIERE: – Sì, GIUFFRE’, mi sente? Sono il Consigliere a latere. Le volevo chiedere questo: in relazione alla sua carica di capomandamento e quindi alla sua partecipazione in quel periodo anche alle riunioni di commissione provinciale, lei ha fatto capire, ma mi corregga se ho capito male io, che in questa circostanza di questo attentato dell’Addaura questo comitato ristretto cui lei ha fatto espresso riferimento in un certo senso si sostituì alla commissione provinciale per deliberarlo. E’ così?
GIUFFRE’ ANTONINO: – Sì, confermo.
CONSIGLIERE: – Era una cosa che poteva accadere usualmente o abitualmente o era accaduta in altre circostanze per fatti di questo genere? Non c’era una competenza della commissione provinciale a deliberare su tutte queste vicende che riguardavano obiettivi di particolare importanza e rilevanza? Come mai ne parlaste lei ed altri autorevoli esponenti al di fuori della commissione provinciale e non all’interno di essa?
GIUFFRE’ ANTONINO: – Perché ricordo… se ricordo bene nel periodo successivo non vi è stata riunione di… di commissione. Fra l’altro il discorso ristretto nell’ambito della commissione provinciale per a?rontare determinate situazioni a volte anche di una certa premura o di una certa riservatezza o che andasse ad interessare in modo particolare determinate zone molto care a Salvatore… a Salvatore RIINA, cioè queste cose succedevano. Fra l’altro tengo a precisare che vi era da sempre un gruppo, che poi è il gruppo che per tantissimo tempo è stato legato a Salvatore RIINA e che per mezzo dello stesso gruppo ha preso nelle mani il… la guida di “Cosa Nostra” sia per quanto riguarda la provincia di Palermo, ma anche per quanto riguarda la Regione Siciliana.
CONSIGLIERE: – Quindi, un’ultima cosa: conclusivamente mi par di capire che, quindi, questo tipo di decisione sia da ricondurre anche al fatto che l’attentato doveva essere commesso in una località rientrante in uno dei mandamenti particolarmente vicini al RIINA anche per via dei legami con il responsabile di questo mandamento o la famiglia responsabile che erano i MADONIA. E’ così quindi?
GIUFFRE’ ANTONINO: – Perfetto, Signor Presidente.

Come già sottolineato dunque, tale prospettazione oltre ad essere in linea con le dichiarazioni degli altri collaboranti, conferma sostanzialmente il quadro di ricostruzione degli eventi di quel periodo e degli anni subito successivi sino al compimento delle due stragi di Capaci e via d’Amelio. Infatti il ruolo egemone del RIINA, lungi dall’aver svuotato di signi?cato la commissione, astrattamente titolare del potere di ogni delibera, avevano semplicemente concentrato nelle mani di alcuni uomini a lui fedelissimi talune scelte di natura strettamente operativa che meritavano di essere gestite in tempi rapidissimi ed in luoghi ‘garantiti’ nel rispetto del principio di trerritorialità, come accaduto nella specie.

Fonte mafie blog autore repubblica