Il pentito si pente di essersi pentito

Le ritrattazioni di Vincenzo Scarantino sono uno snodo essenziale nelle indagini su via D’Amelio, anche per il modo in cui si decise di non tenerne affatto conto. E di prendere per buoni, invece, i successivi ripensamenti di Scarantino.

Ricostruiamo la prima, la più clamorosa, attraverso il racconto che ne ha fatto in Commissione il giornalista Angelo Mangano.

MANGANO. Io sono uno del quartiere. Meglio, io nasco e sino ad una certa età vivo tra via Oreto, Brancaccio e la Guadagna. E Scarantino lo conosco. Vincenzo Scarantino, Enzuccio Scarantino, lo conosco. Lo conosco perché? Perché da lui si vanno a comprare le sigarette di contrabbando. Lui a Piazza Guadagna …si metteva lì , con un banchetto fatto di cassette per la frutta, a vendere le sigarette di contrabbando… Candura e un altro che conosco. E un ladro di auto. Valenti e il figlio di uno che noi chiamavamo “gli spazzini”. una famiglia numerosissima, che abitano in un pianterreno di queste case popolari… Quindi, tutto tranne persone di un certo spessore criminale. Sicuramente, Presidente, non gente che organizza una strage.

(…)

Quindi, quella mattina (il 27 luglio 1995 ndr), dopo una serie di telefonate tra colleghi, c’era questo tam-tam “Scarantino ha ritrattato…”. Intorno a mezzogiorno, su questo tam tam, Presidente, quindi sul nulla, …arriva una smentita dalla Procura di Caltanissetta. Subito dopo arriva un’ansa dal Ministero dell’Interno che smentisce questa notizia. (…) A questo punto chiamo il mio direttore, che era Paolo Liguori e dico: “senti Paolo, io un po’ il quartiere lo conosco, la famiglia di Scarantino in qualche modo so dove sta, se mi dai una troupe verifichiamo questa notizia”. Il direttore mi da una troupe, vado alla Guadagna, cortile Buonafede. Casa Scarantino. Mi riceve la madre… E questa signora mi racconta che il figlio aveva chiamato al telefono di casa, aveva detto che lui si era inventato tutto, che non era vero nulla, che aveva accusato delle persone innocenti e che aveva voglia di andare in galera, di non fare più il pentito.

(…)

Non faccio in tempo ad arrivare in via Ugo La Malfa dove c’e la sede Mediaset …che Scarantino mi chiama al cellulare… e lui mi dice io guardi non sono un pentito vero, ho accusato delle persone innocenti voglio andare in carcere, voglio andare ai processi del dott. Borsellino, io gli dico, scusi ma allora perché tutto questo? Perché mi hanno costretto a farlo. A Pianosa dove lui viene rinchiuso, dice, mi torturavano, mi facevano urinare sangue… volevano che io dicessi quello che mi suggerivano, quello che mi dicevano. A questo punto gli chiedo: chi lo ha torturato? Il dott. La Barbera… Finisco la registrazione, il mio portatile squilla, 091.210111, il centralino della Questura: ti stanno cercando insistentemente dalla Questura, il dott. La Barbera ti vuole parlare. Capisco allora due più due, sanno allora che Scarantino ha parlato con me. Sanno perché hanno il telefono sotto controllo… Faccio il pezzo per l’edizione delle 18.30 di quel giorno, che va in onda… Quindi, torno tardi la sera, arrivo a casa. Segreteria telefonica, una delle segretarie del gruppo “Falcone-Borsellino” aveva chiamato più volte dicendo: “il dottore La Barbera ti vuole parlare”. La mattina successiva scendo per tornare al lavoro e il portiere mi ferma e mi dice: “ieri pomeriggio sono arrivate delle persone, si sono qualificate come poliziotti però non mi hanno fatto vedere nulla… hanno fatto domande su di lei, su sua moglie, dove insegna sua moglie… Dove vanno i bimbi a scuola…”.

(…)

Il giorno successivo si presentano due poliziotti e chiedono la registrazione… Arrivano in sala montaggio, in sala RVM, ed hanno perfettamente idea di quello che devono fare, cioè dicono “scusi, il master dov’e ? I pezzi montati dove sono?” (…) Dicono “le portiamo via” e se le portano via con una rapidità tant’è che nessuno riesce a dire “scusate, ma il mandato, un tesserino, un qualunque cosa?”. Contestualmente la Procura di Caltanissetta invia all’ufficio legale Mediaset a Milano una disposizione, un’ordinanza dove si chiede di eliminare dai nastri e dai server questa registrazione… Un tecnico disubbidiente di Milano, siciliano, sente quello che c’e per cui dice “questa e una storia strana” e conserva una copia di quello che e andato in onda.

Quando siamo andati a cercare questa cosa (l’ordinanza, ndr), …non abbiamo trovato nulla; cioè questo documento non c’e , non si trova.

(…)

FAVA, presidente della Commissione Antimafia. Lei non è mai stato ascoltato in un’Aula di giustizia.

MANGANO. No.

FAVA, presidente della Commissione Antimafia. Senta, ha avuto mai la sensazione che attorno a questa vicenda della cassetta, della registrazione, si siano mossi anche, diciamo, uomini che facevano riferimento non soltanto alla squadra “Falcone-Borsellino” ma anche a servizi di sicurezza?

MANGANO. Sì , assolutamente sì .

 

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