Il patto di potere tra mafia e Stato nasce già negli anni 50 e la sua evoluzione fu mafia-appalti e politica

Partiamo dal primo dato certo. Paolo Borsellino si interessò – non in maniera ufficiale giacché non aveva ancora ottenuto la delega – dell’indagine contenuta nel dossier “mafia-appalti” (Fonte: Resoconto Audizioni presso il Consiglio Superiore della Magistratura rese dai magistrati della Procura della Repubblica di Palermo il 28 e il 31 luglio 1992).

La convinzione che Paolo Borsellino sia stato ucciso per la sua decisione di iniziare ad occuparsi della vicenda del rapporto “mafia e appalti” non è una cazzata tirata fuori dal cilindro del mago
In effetti, sono stati acquisiti elementi che comprovano l’intendimento di Borsellino di studiare il fascicolo relativo al rapporto “mafia e appalti” nel periodo compreso tra la strage di Capaci e la strage di via D’Amelio. Strano anche che, la Procura di Palermo in fretta tolse il problema archiviando

Il patto dei soldi , il sostegno politico e il voto controllato

Chi oggi si meraviglia della “malapolitica” o ha la memoria, o ha la memoria corta , o è in malafede ,o non era nato e non ha studiato. Il patto tra mafia , politica e istituzioni in Italia nasce già negli anni 50. Già il sistema elettorale era studiato per controllare le clientele. Quanti favori in cambio delle triplette concordate. Con il sistema delle tre preferenze si tracciavano gli scambi di voti. La Dc era scuola elettorale per queste preferenze. Quanti posti comunali, provinciali, ospedalieri e regionali sono stati “scambiati” con questo sistema. Quanti soldi degli appalti truccati sono andati ad alimentare il sistema politico di Governo? Tanti, anzi tantissimi. La Dc era il muro di Berlino italiano contro i comunisti filo sovietici : La Chiesa da un lato e la mafia dall’altro, avevano interesse a dare forza al partito di centro. Soprattutto nelle aree meno sviluppate dovevano avere forza le correnti che non guardavano a sinistra. Insomma, più favori e appalti pilotati, più voti. Un sistema tutto sommato semplice. Quanti figli, nipoti, amici di politici e mafiosi sono stati raccomandati nella prima e forse anche nella seconda repubblica. Il sistema è pieno di questi esempi. Basterebbe guardare le strette parentele di tanti “sistemati”. Anche tra le forze dell’ordine tanti i raccomandati . Il sistema chiedeva voti e assicurava favori. Pure lauree non meritate. Senza vergogna, epigoni di questo sistema che hanno avuto il posto, oggi fanno pure la morale agli altri, dimenticando la loro storia personaleLa prima grande stagione di mafia e appalti nasce con la costruzione , nelle terre dei mafiosi dell’aeroporto di Punta Raisi . Poi la Diga Garcia, le autostrade siciliane , la costruzione di decine di cantine sociali protette dai mafiosi e di condotte idriche senza limite. Dulcis in fundo, la ricostruzione del BeliceMiliardi a fiumiinizia così la stagione d’oro degli espropri pilotati e del cemento

Il boss mafioso Gaetano Badalamenti e Punta Raisi anno 1953

La costruzione dell’aeroporto avvenne nelle vicinanze del territorio del boss mafioso Gaetano Badalamenti. Fu accertato che gli interessi politico-mafiosi e il potere della cosca di Cinisi furono più che determinanti nella scelta del sito di costruzione del nuovo scalo in una location poco sicura

Il patto ,la politica e i servizi vicini agli Usa

La crescita enorme della criminalità organizzata, ed in particolare di Cosa Nostra e della ’Ndrangheta, a partire dagli anni Cinquanta, ha contribuito pesantemente a determinare nel Mezzogiorno il blocco delle sue capacità di sviluppo economico e sociale nonché l’inquinamento in radice del suo sistema politico. Agendo di riflesso sull’economia generale del Paese e sul degrado della sua classe dirigente.

Dall’indagine emerse per la prima volta l’esistenza di un “comitato d’affari”, gestito da mafia, alcuni esponenti della politica e una parte dell’imprenditoria, di rilievo nazionale, finalizzato alla spartizione degli appalti pubblici in Sicilia. Il 20 febbraio 1991, i Carabinieri del ROS depositarono presso la Procura della Repubblica di Palermo l’informativa denominata “mafia-appalti”, relativa alla prima parte delle indagini di polizia, su esplicita richiesta di Giovanni Falcone, che all’epoca era in procinto di andare a ricoprire il ruolo di Direttore Generale degli Affari Penali del Ministero di Grazia e Giustizia.

Fu proprio Falcone a confermare che quell’indagine fosse molto importante e che non avesse soltanto valenza “regionale” ma anche un rilievo “nazionale” (Fonte: Alto Commissariato per il Coordinamento della Lotta contro la Delinquenza Mafiosa . “Le infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti pubblici: Atti del convegno-seminario, Palermo, 14-15 marzo 1991. Castello Utveggio, sede del Centro di Ricerche e Studi Direzionali della Regione, Edizioni Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1992, p. 208.).

Paolo Borsellino era convinto che la causa della morte di Falcone, ma altresì dell’ex democristiano Salvo Lima, fosse riconducibile anche alla questione degli appalti in odore di mafia in Sicilia e al giro miliardario che ruotava intorno. Confermò le sue convinzioni al giornalista Luca Rossi durante un’intervista pubblicata il 2 luglio del 1992 sul Corriere della Sera. Il nome di Salvo Lima lo aveva già evocato anche Antonio Di Pietro durante la sua testimonianza resa al processo d’appello sulla trattativa Stato-mafia. L’ex magistrato molisano illustrò come ebbe la conferma del collegamento “mafia-affari”.

Testualmente dagli atti del processo: “Col riscontro della destinazione della tangente ENI-Mont da Raul Gardini (capo della Calcestruzzi spa), una provvista da 150 miliardi, una gallina dalle uova d’oro, dovevamo trovare i destinatari e l’ultimo che ebbi modo di riscontrare fu proprio Salvo Lima”. Borsellino era riuscito a trovare un pentito che non solo gli aveva confermato la questione dell’importanza degli appalti in Sicilia, ma che fornì un riscontro su quello che effettivamente già era ben spiegato nel dossier dei ROS: il coinvolgimento delle imprese del Nord, in particolare della Calcestruzzi Spa di Raul Gardini. Quel dossier con ogni probabilità avrebbe portato a scoprire il cd. “terzo livello” e i legami tra politica, imprenditoria e mafia con molto anticipo rispetto a quando sono emersi con evidenze giudiziarie

Ciò che non quadra è che su un’indagine così importante nessuno abbia voluto accendere i riflettori e fare luce fino in fondo. Sappiamo che l’indagine fu archiviata e il dossier “mafia-appalti” si dissolse presto anche nella memoria dei pochi italiani che ne conoscevano l’esistenza. In quell’inchiesta c’erano tutte le principali aziende italiane che avevano rapporti, diretti o indiretti, con la mafia. L’indagine era “destabilizzante” e “sconvolgente” perché affrontava per la prima volta il fenomeno mafioso da una concezione diversa fino ad allora soltanto ipotizzata.

La “mafia imprenditrice” teorizzata da Arlacchi sarebbe diventata realtà, con aziende vere, con nomi e cognomi e con riscontri investigativi che con l’arguzia e l’esperienza di Borsellino sarebbero diventati prove da portare in un eventuale processo. Un secondo “Maxiprocesso” – che Di Pietro nella sua testimonianza chiama “Mafia Pulita” – dove forse alla sbarra non ci sarebbero stati solo mafiosi ma anche politici e imprenditori di primo livello. Il 13 luglio 1992 arrivò la richiesta di archiviazione del fascicolo. Il giorno dopo, si tenne una riunione fra tutti i pubblici ministeri della Procura della Repubblica di Palermo. Giovanni Falcone era stato assassinato circa due mesi prima, e Borsellino come neo procuratore aggiunto affrontò il tema del fascicolo “mafia-appalti”, rimproverando alcuni suoi colleghi di averlo sottovalutato, senza evidentemente sapere che era stata già avanzata la richiesta di archiviazione.

La mattina del 19 luglio, alle sette, Borsellino ricevette una telefonata dal procuratore capo Giammanco. Lo avvisava che sarebbe stato delegato alla conduzione dell’indagine riguardante il dossier “mafia-appalti”, una delega che, senza ragione apparente, fino a quel momento gli era stata negata. La circostanza della telefonata è provata da una testimonianza della moglie Agnese nel 1995. Alle ore 16.58 del 19 luglio, una Fiat 126 piena di tritolo fece saltare in aria Paolo Borsellino insieme ai cinque agenti di scorta. Il 22 luglio 1992 la richiesta di archiviazione del fascicolo “mafia-appalti” sarà depositata formalmente. Il 14 agosto sarà accolta la definitiva richiesta di archiviazione da parte del Gip. Lì si fermò quello che avrebbe potuto essere il colpo mortale e magari definitivo ai legami tra mafia, politica e imprenditoria, che oggi, purtroppo, non solo sono stati dimostrati in giudizio, ma sono ben saldi anche a livello transnazionale. Quando fu assassinato il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa a Palermo apparve una scritta: “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti.” Con la archiviazione definitiva del dossier “mafia-appalti” probabilmente a quei tempi morì la speranza degli imprenditori e dei politici onesti e si aprì una nuova epoca nella quale le mafie cambiarono pelle diventando mercatistiche ed invisibili.

Vincenzo Musacchio giurista e docente di diritto penale, è associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra.