Quel gruppo di professionisti dell’antimafia di potere che non sopportava Borsellino

Qualche anno prima di morire Paolo Borsellino, e tutto il pool antimafia di Palermo, sono stati coinvolti in una polemica nata da un articolo pubblicato sul “Corriere della Sera” del 10 gennaio 1987. Già allora si intuì l’ipocrisia e la capacità di avvelenare ogni cosa dell’antimafia di convenienza e di potere

L’articolo era intitolato “I professionisti dell’antimafia” e questa era la sua tesi di fondo: in Sicilia il modo migliore per fare carriera in politica e in magistratura è dichiararsi antimafioso, usare l’”antimafia come strumento di potere”, come mezzo per diventare potenti ed intoccabili.

Un modo per avere sempre ragione. Una potente arma di distruzione spietata


Era firmato da Leonardo Sciascia, scrittore molto famoso per i suoi libri nei quali aveva parlato della violenza del potere mafioso, come il bellissimo “Il giorno della civetta”. Tra gli esempi di professionisti dell’antimafia Sciascia citava proprio Paolo Borsellino, che qualche mese prima era diventato capo della Procura di Marsala al posto di un collega più anziano di età (evidentemente per la sua maggiore conoscenza del fenomeno mafioso).
Probabilmente Sciascia voleva solo mettere in guardia contro il pericolo che qualche magistrato o politico disonesto potesse sfruttare la lotta alla mafia per i suoi interessi personali. Sicuramente lo scrittore era in buona fede … ma citare Borsellino come “esempio attuale ed effettuale” di professionismo mafioso, insinuare il dubbio che il magistrato avesse fatto carriera grazie alla lotta alla mafia, è stato un errore, sfruttato abilmente dai nemici del pool. Anche i grandi intellettuali possono sbagliare.

Per i 15 giorni successivi i giornali sono stati occupati da articoli contrari (pochi) e favorevoli (la maggior parte) allo scritto di Sciascia, che a sua volta ribadiva il suo pensiero in alcune interviste: “Ieri c’erano vantaggi a fingere d’ignorare che la mafia esistesse; oggi ci sono vantaggi a proclamare che la mafia esiste e che bisogna combatterla con tutti i mezzi” (Il Messaggero); il potere fondato sulla lotta alla mafia “è molto simile, tutto sommato, al potere mafioso e al potere fascista” (Il Giornale di Sicilia); “In nome dell’antimafia si esercita una specie di terrorismo, perché chi dissente da certi metodi o da certe cose è subito accusato di essere un mafioso o un simpatizzante” (Intervista al Tg2 – secondo canale TV).

E Borsellino? Non ha mai replicato a Sciascia, mai. Giuseppe Ayala, un ex magistrato che ha lavorato con Falcone e Borsellino nel pool di Palermo, nel suo libro “La guerra dei giusti” (1993) cita una frase di Borsellino: “La risposta sarà il silenzio. Ho sempre ammirato Sciascia, e continuerò a farlo”.
Ma l’amarezza deve essere stata profonda.
Un mese dopo l’assassinio di Falcone, e 23 giorni prima del proprio assassinio, Borsellino dichiarava: “Giovanni ha cominciato a morire tanto tempo fa. Questo paese, questo Stato, la magistratura che forse ha più colpe di ogni altro, cominciarono a farlo morire nel gennaio 1988, quando gli fu negata la guida dell’Ufficio Istruzione di Palermo. Anzi, forse cominciò a morire l’anno prima: quando Sciascia sul “Corriere” bollò me e l’amico Leoluca Orlando come professionisti dell’antimafia” (Palermo, 26 giugno 1992).

La storia si ripete. Il caso Montante è una parte del sistema conosciuto. Ne esistono altri di sistemi simili. Di procuratori potenti che hanno usato ogni mezzo per contrastare anche colleghi ligi, non attenti alle poltrone e che hanno cercato solo la verità. L’esempio più vergognoso di questo sistema sta proprio nella condanna di Matteo Messina Denaro per la strage di Borsellino. Condanna arrivata solo lo scorso ottobre. Stranamente diversi Pm e investigatori hanno dimenticato per decenni di leggere le carte del processo di Firenze contro la mafia siciliana che ha fatto saltare in aria un parte di città , provocando vittime e feriti. In quelle carte emergevano tanti elementi sulla partecipazione di Messina Denaro a tutte le stragi di quel periodo insieme ad altri. Si parlava già nel 1998 delle riunioni a Castelvetrano per organizzare le stragi. Riunioni effettuate nel 1991. Eppure anche qui, certi Pm, seguendo le indicazioni di pentiti dimostratisi poco attendibili, non hanno mai pensato di saperne di più, cercando la “verità” altrove e arrestando persone innocenti. Strano, molto strano. Qualche toga dovrebbe fare autocritica. Dare retta a pentiti poco pentiti o inattendibili sa i marcio

Fonte :Scudit