Il filone politico dell’inchiesta “Sorella Sanità”

All’attenzione della Procura di Palermo sono stati depositati nuovi verbali firmati da Fabio Damiani. Forse si tratta del livello politico che avrebbe pilotato nomine e appalti nella Sanità in Sicilia.

I magistrati della Procura di Palermo e la Guardia di Finanza non sono in vacanza nonostante il Ferragosto. Lavorano ancora, e senza sosta, scavando a fondo nell’ambito dell’inchiesta “Sorella Sanità”, sfociata negli arresti il 22 maggio del 2020, e che ruota intorno alle nomine nella Sanità siciliana, presunte pilotate, e ad altrettante presunte tangenti milionarie che sarebbero state incassate da burocrati della Sanità per agevolare le imprese interessate ad appalti, del valore complessivo di oltre 600 milioni di euro, da assegnare per lo svolgimento di servizi e l’erogazione di forniture. E perché a lavoro? Perché sono stati depositati altri verbali, 4 o 5, contenenti nuove dichiarazioni rese da Fabio Damiani, ex manager dell’Azienda sanitaria di Trapani e responsabile della Cuc, la Centrale unica di committenza degli appalti della Regione, già condannato lo scorso 5 agosto, a conclusione del giudizio abbreviato, a 6 anni e 6 mesi di reclusione, beneficiando dell’attenuante per avere collaborato con la Giustizia. In occasione del processo di primo grado, appena concluso con la condanna di 7 imputati tra manager, faccendieri e imprenditori, Fabio Damiani ha iniziato a raccontare in aula la spartizione politica delle nomine nella Sanità. Lui, tra l’altro, ha confessato di avere appreso in anticipo che sarebbe stato nominato a capo dell’Azienda sanitaria provinciale di Trapani. Quando i pubblici ministeri, Giacomo Brandini e Giovanni Antoci, si sono resi conto di dove Fabio Damiani – usando il dialetto siciliano – “voleva andare a parare”, lo hanno bloccato. “Silenzio: si tratta di argomenti già oggetto di un’altra indagine parallela ancora in corso”. Ed ecco svelato, forse, il contenuto dei verbali firmati da Damiani e appena depositati all’attenzione della Procura, ovvero il filone politico dell’inchiesta “Sorella Sanità”, che finora ha partorito la condanna dei soli manager, faccendieri e imprenditori. Del resto, sul tavolo delle indagini vi è già da tempo una lettera che Fabio Damiani ha spedito alla Procura di Trapani, e che poi è stata trasferita e condivisa con la Procura di Palermo. Damiani si è definito, sono parole sue, “vittima di un sistema in cui l’ingerenza della politica è totale”, e lui – ha aggiunto – non intende pagare per tutti. E dei tutti avrebbe rivelato nomi e cognomi. Sarebbero persone al vertice della politica regionale, con incarichi nelle istituzioni e nelle giunte regionali, e rappresentanti di partito, interessati alle nomine ai vertici della Sanità siciliana per conquistare potere e consenso elettorale. Damiani, infatti, avrebbe raccontato delle pressioni politiche, di cui sarebbe stato in alcuni casi testimone diretto, per le nomine negli ospedali e nelle aziende sanitarie, o per favorire un’impresa piuttosto che un’altra. Dopo un’estate rovente si profila pertanto un autunno caldo, anche a fronte della confessione senza alcuna riserva resa dal canicattinese Salvatore Manganaro, faccendiere e riferimento per gli appalti di Fabio Damiani, condannato anche lui lo scorso 5 agosto, con l’attenuante della collaborazione, a 4 anni e 4 mesi. Peraltro Manganaro, ammettendo le sue colpe, avrebbe voluto patteggiare la sua condanna a 4 anni e 2 mesi. I giudici hanno risposto no.

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