Messina Denaro e il movente “politico”

Il processo a Caltanissetta rileva il presunto movente politico, sostenuto da Matteo Messina Denaro, degli omicidi, stragi e bombe tra il ’92 e il ’93. I dettagli.

Salvo Lima
Ignazio Salvo

Dal processo concluso innanzi alla Corte d’Assise di Caltanissetta, che ha condannato Matteo Messina Denaro all’ergastolo riconoscendolo tra i mandanti delle stragi Falcone e Borsellino, è emerso anche il presunto movente, soprattutto di carattere politico, che ha alimentato il fuoco omicida tra il ’92 il ’93. Infatti, il procuratore aggiunto Gabriele Paci, nel corso della requisitoria, ha spiegato: “Nella riunione mafiosa a Castelvetrano, alla fine del ’91, si decide la strategia di guerra allo Stato per indurlo a trattare. E la strategia di attacco allo Stato non inizia col progetto dell’omicidio di Falcone o di Claudio Martelli a Roma, ma il primo atto ufficiale di questa guerra sanguinosa, che durerà due anni, è, la mattina del 12 marzo del 1992, l’attentato a Salvo Lima, uomo di punta della corrente di Andreotti in Sicilia. E il pentito Francesco Geraci ha raccontato che, dopo l’omicidio di Lima, Matteo Messina Denaro gli disse: ‘Adesso vediamo se lo capisce’. Quell’anno ci sono le elezioni politiche e c’è anche l’elezione del presidente della Repubblica, e Giulio Andreotti è uno dei candidati a diventare presidente. E’ chiaro il messaggio che Cosa Nostra dà con l’omicidio Lima e quali obiettivi voleva raggiungere. Salvo Lima è giudicato colpevole di non essersi attivato con i suoi riferimenti romani per favorire una conclusione positiva del maxi processo. Era l’amico che aveva tradito. Oltre Falcone, Martelli e Lima gli altri obiettivi designati furono Paolo Borsellino, Maurizio Costanzo, Ignazio Salvo, Calogero Mannino, Antonio Di Pietro, Pietro Grasso, Sebastiano Purpura, Salvo Andò, Carlo Vizzini, Rino Nicolosi e altri ancora. Nel frattempo, il 4 aprile del ’92 muore tra Agrigento e Porto Empedocle il maresciallo Giuliano Guazzelli, anche lui vittima della stessa strategia. Il 27 luglio è assassinato Giovanni Lizzio, capo della Squadra Mobile della Questura di Catania. E il 17 settembre del ’92 Brusca e Bagarella uccidono Ignazio Salvo. Ebbene, la figura di Matteo Messina Denaro si inserisce in tutte queste vicende. Non si limita, infatti, ad andare alla riunione di Castelvetrano o a fare la trasferta a Roma per pedinare i candidati ad essere uccisi. Ma è puntualmente l’autore e partecipe di questa strategia dall’inizio alla fine, comprese le bombe del ’93, che qualcuno ha chiamato le ‘bombe del dialogo’, una espressione che serve a capire quale era la finalità di quella strategia. Intanto in Sicilia si crea un partito che si chiama ‘Sicilia Libera’. Per la prima volta Cosa Nostra non aveva più i riferimenti politici ma doveva entrare in politica. E Matteo Messina Denaro è protagonista anche di questa iniziativa” – ha concluso Paci. E poi, più sinteticamente, i giudici della Corte d’Assise, nel motivare l’ergastolo, e riferendosi alla ‘trattativa’, si sono espressi così: “Le stragi del ’92 e del ’93 dovevano essere funzionali a far perdere la fiducia della popolazione in chi stava al governo, così da costringere il potere politico ad interloquire in condizioni di debolezza con il sodalizio mafioso”.

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