Ciotti e le 26 telefonate di Montante

Postiglione è prefetto di Agrigento dal 10 gennaio 2008 al 17 agosto 2010, quindi negli anni in cui nasce il patto di ferro Alfano-Montante. E quando è prefetto nella Vale dei Templi, accade, per esempio che, se un sindaco, come Salvatore Petrotto di Racalmuto, vada da lui a denunciare gli intrecci perversi e il malaffare nel business dell’acqua e dei rifiuti di Montante e del suo alter ego Giuseppe Catanzaro – titolare della mega discarica dei veleni a Siculiana – egli non muova un dito. O, almeno, non nella direzione giusta.

Postiglione lascia l’incarico il 17 agosto 2010 e quando Petrotto, a febbraio 2011, denuncia all’autorità giudiziaria i traffici del ras delle discariche i quali, con la rete di complicità diffuse, impongono ai cittadini di respirare veleni e di pagare caramente il ‘servizio’, la reazione non si fa attendere. Il Comune di Racalmuto l’anno dopo è sciolto con il pretesto fantasioso di infiltrazioni mafiose (infiltrazioni che tutte le inchieste giudiziarie rivelano inesistenti) dal ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri la quale, quando si insediano i commissari, va personalmente in Comune dove si presenta – letteralmente e fisicamente – a braccetto con Giuseppe Catanzaro.

E’ il 10 aprile 2012 e, otto giorni prima, il 2 aprile, Catanzaro e Montante – sodali e soci in affari – hanno messo le mani su Confindustria Sicilia: il primo come numero due vicario e il secondo come capo assoluto, dopo essere stato fino a quel momento vice di Ivan-Lo Bello, in carica per sei anni, dal 2006 al 2012.

A Racalmuto, a compiere l’accesso prefettizio nel Comune, per poi – con decisione già presa – scioglierlo, è Nicola Diomede, funzionario della prefettura di Agrigento fin dal ’90; quindi, nel 2013, nella segreteria tecnica del ministro Alfano al Viminale dalla quale spicca il volo verso la carica di prefetto: ad Agrigento ovviamente, dove c’è bisogno di lui, come svela, per esempio, a gennaio 2018 lo scandalo di ‘Girgenti Acque’: e così, solo così, Diomede finalmente viene rimosso. E oggi è uno dei 47 imputati per i quali la magistratura inquirente ha chiesto il giudizio. Tra di loro i vertici di Girgenti acque che Diomede è accusato di avere protetto dall’interdittiva antimafia e nomi di un certo peso come il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè, l’ex presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella, attualmente avvocato generale presso la Corte di Giustizia dell’Unione europea.

La maxi inchiesta giudiziaria che travolge Diomede vede all’origine 73 indagati, poi saliti a 81, tra i quali, oltre ai nomi già visti, figurano – in attesa che il Gup si pronunci – Angelo Alfano, padre dell’ex ministro Angelino, l’ex presidente del Consiglio di giustizia amministrativa Raffaele de Lipsis, due ex presidenti della Regione, Raffaele Lombardo e Angelo Capodicasa, un ex presidente di Provincia, Eugenio D’Orsi, parlamentari ed ex, politici, consiglieri comunali, dirigenti pubblici, ex magistrati, figure delle istituzioni, i vertici del gestore idrico, manager, imprenditori, carabinieri, burocrati, commercialisti, avvocati, giornalisti.

Un’associazione per delinquere, nell’ipotesi d’accusa, fondata sul patto scellerato dello scambio tra assunzioni e favori inconfessabili, con tante imputazioni che vanno dalla corruzione alla truffa, dal riciclaggio alle false comunicazioni sociali, all’inquinamento ambientale, al finanziamento illecito ai partiti. Tra le carte sequestrate le sentenze del Cga firmate da De Lipsis in favore di ‘Girgenti Acque’ prima di essere nominato nell’organo di vigilanza di … ‘Girgenti Acque’.

Ci vorrà quindi un altro prefetto, Dario Caputo, dopo lo scandalo-Diomede, per firmare finalmente l’interdittiva antimafia invano chiesta diversi anni prima dall’allora sindaco di Racalmuto Salvatore Petrotto: che per questa sua richiesta e per le sue denunce viene falsamente accusato: perciò il Comune – ‘colpevole’ di vera …. antimafia – viene sciolto, per volere della finta antimafia che in effetti, come chiarito dal Tribunale nella sentenza di condanna di Montante, è mafia: mafia vera, anche se trasparente e invisibile a chi non la vuole vedere.

L’interdittiva colpisce finalmente Marco Campione, presidente di ‘Girgenti Acque spa’, la società privata che dal 2007 (l’anno della svolta di Confindustria appena presa in mano dal duo Lo Bello-Montante) gestisce le risorse idriche pubbliche in 27 dei 43 comuni della provincia agrigentina. E nell’interdittiva sono elencate le operazioni societarie fittizie che smascherano il sistema del ‘tavolino’, non dissimile da quello collaudato nei decenni precedenti da ‘Cosa Nostra’ e dal suo famoso ‘ministro dei lavori pubblici’ Angelo Siino.

Alla luce degli sviluppi risulta difficile comprendere secondo quali criteri e per quali accertate qualità, vengano nominati non pochi prefetti.

A Diomede la carica è assegnata dal consiglio dei ministri il 17 dicembre 2013, la stessa seduta che si rivela ‘fortunata’ per Filippo Dispenza, altro pupillo di Montante, promosso quella stessa data dirigente generale della Polizia di Stato e posto a capo della questura di Cagliari. Non molto tempo dopo sarà sempre il concittadino Alfano a farlo nominare prefetto, titolo con il quale, appena andato in pensione, Dispenza gestisce in via straordinaria il Comune di Vittoria: un mandato durato 39 mesi, mentre la legge lo prevede per 18 e, in casi eccezionali, per 24 mesi al massimo.

Tornando al filo del tema di questo articolo, ci siamo imbattuti in Postiglione, direttore dell’Agenzia per i beni confiscati alla mafia fino ad aprile 2017 quando va in pensione. Se, da prefetto di Agrigento, avesse ascoltato Petrotto, non avremmo avuto il tragico squallore degli atti, dei gesti e degli intrecci del successore Diomede e sarebbero stati fermati prima i traffici criminali con i quali da anni la cricca Montante fa il bello e il cattivo tempo.

Postiglione viene posto nel 2014 da Alfano, ministro del governo-Renzi, alla direzione dell’Anbsc: lo stesso parto che dà alla luce la nomina di Montante (Postiglione però si insedia a giugno, Montante è nominato a dicembre).

Nel suo curriculum di prefetto non c’è solo Agrigento. Il 30 giugno 2011 Postiglione è nominato prefetto di Palermo: al Viminale c’è Roberto Maroni, ma Alfano è potente ras berlusconiano oltre che Guardasigilli e Montante vive la sua lunga stagione di massimo fulgore. Tanto che Postiglione, mentre è prefetto di Palermo in carica, a dicembre 2012 riesce a farsi nominare anche commissario straordinario della Provincia di Roma, dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti che vira verso la Regione. Un doppio incarico, a mille chilometri di distanza, a capo di due istituzioni di primissimo livello e di alta responsabilità come la Prefettura di Palermo e la Provincia di Roma. Che spirito di abnegazione!

Chiusa la parentesi sul prefetto Postiglione, apriamone una brevissima su un altro prefetto, Luciana Lamorgese, da due anni e mezzo ministro dell’Interno in carica, dopo Alfano, Minniti e Salvini, dato utile per riannodare i fili dal 2014 ad oggi. Ma ne parliamo solo in quanto, allora prefetto in quiescenza e capo di gabinetto di Alfano al Viminale, Lamorgese firma gli atti che porteranno un indagato per mafia a sedere nel direttivo dell’Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia.

Lamorgese il 30 luglio 2014 scrive una lettera al ‘dott. Montante’: così lo apostrofa, nonostante l’imprenditore di Serradifalco non abbia neanche un diploma liceale e non abbia mai conseguito alcuna laurea, né per corso di studi, né ‘ad honorem’, come millanta scrivendo il falso in atto pubblico e arrivando a dichiarare di averla ricevuta dal presidente della Repubblica Ciampi che lo sconfessa.

Nella lettera Lamorgese chiede a Montante il curriculum vitae sulla base del quale predispone e firma il decreto di indicazione che poi palazzo Chigi perfeziona nel provvedimento di nomina, il primo dicembre 2014. Con tutte le conseguenze del caso.

Un caso – la nomina di Montante nell’Anbsc – questo sì, pirandelliano.

Per Postiglione invece – il prefetto che vola in carriera quando sono in auge Alfano&Montante – pirandelliana era la narrazione dell’accusa all’impostore di Serradifalco. Ma qui personaggi come Mattia Pascal o Vitangelo Moscarda c’entrano ben poco e il lavoro di magistrati onesti, capaci e coraggiosi ha consentito alla Vita di smascherare la Forma.