Un film su Terranova

Finalmente una’ottima notizia!!! «Un film intitolato “Il giudice T” sul giudice Terranova, l’uomo che tracciò la strada a Falcone e Borsellino – Fu ucciso insieme al maresciallo Lenin Mancuso nel 1979 dalla mafia dopo aver mandato a processo i corleonesi di Luciano Liggio e Totò Riina. Che vennero incredibilmente assolti a Bari cambiando la storia del nostro Paese» – Lucio Luca repubblica.it/cultura, 8 settembre 2022 – Per dieci anni il giudice Cesare Terranova e il maresciallo della polizia giudiziaria Lenin Mancuso avevano lavorato giorno e notte, in assoluta solitudine, per istruire un processo che avrebbe potuto cambiare il destino del Paese. Per primi avevano capito che i corleonesi di Luciano Liggio non erano i viddani, come volevano farli credere, una banda criminale di contadini rozzi e senza istruzione. No, non erano affatto piedi incritati, piedi sporchi di fango, il soprannome che venne affibbiato a Totò Riina, l’uomo che qualche anno più tardi avrebbe comandato Cosa nostra. Il giudice Cesare Terranova e il suo braccio destro Lenin Mancuso erano sicuri che quei mafiosi di paese si erano già presi Palermo e nel giro di poco tempo sarebbero diventati ancora più forti grazie alle connivenze nei palazzi del potere. Non era forse corleonese Vito Ciancimino? E non erano loro, Liggio e Riina, gli eredi di Michele Navarra, il boss ucciso proprio da Lucianeddu nel 1958, il medico che aveva piazzato i fratelli nei posti più importanti dell’isola, dalla direzione degli ospedali alla Regione siciliana fino al Banco di Sicilia?

Le indagini di Terranova e Mancuso avevano colto nel segno, grazie anche al primo vero rapporto completo sulla mafia degli anni Cinquanta firmato dal brigadiere Agostino Vignali, non a caso originario di Corleone, e alla testimonianza del primo vero pentito di mafia, Luciano Cianuzzo Raia, che aveva anticipato tutto quello che anni dopo avrebbe portato Falcone e Borsellino a istruire il primo maxiprocesso a Cosa nostra.

Eppure quei 66 mafiosi individuati dagli investigatori palermitani furono tutti assolti al processo di Bari del 1969. Tra loro, oltre a Liggio e Riina (che fu condannato solo per una ridicola accusa di possesso di patente falsa), c’era anche Bernardo Provenzano, rimasto latitante per più di 43 anni. “Chissà cosa sarebbe successo in Italia se il verdetto fosse stato diverso. Chissà quanti morti innocenti, quanto sangue, quante stragi si sarebbero potute evitare” racconta il regista Pasquale Scimeca che tra qualche settimana comincerà le riprese di un film dedicato proprio alla storia di Cesare Terranova e Lenin Mancuso e intitolato “Il giudice T.”.

Il film per il cinema – ma sarà anche un Tv movie in due puntate e una serie televisiva in sei episodi più brevi – è stato scritto dallo stesso Scimeca e dal giornalista Attilio Bolzoni con la collaborazione di Nello Correale della scrittrice Nadia Terranova, che del magistrato è una lontana nipote. Un lavoro di oltre due anni che adesso, appunto, approda alle riprese e successivamente al montaggio.

A interpretare il giudice sarà Gaetano Bruno, Claudio Castrogiovanni sarà il boss Luciano Liggio mentre Lenin Mancuso avrà il volto di Peppe Mazzotta. Le musiche sono di Giovanni Sollima, la produzione esecutiva di Arbash e la distribuzione di Lucky Red. Il film sarà distribuito nelle sale il 25 settembre del 2023, data simbolica perché proprio il 25 settembre del 1979 Terranova, che era anche un deputato della sinistra indipendente, venne assassinato dalla mafia insieme all’inseparabile Mancuso.

“All’epoca del processo di Bari la mafia era letteralmente in ginocchio – spiega Scimeca – Dopo la strage di Ciaculli del ’63 i capi erano finiti tutti in galera, così come i picciotti. La Cupola era stata sciolta, rischiava di scomparire l’intera Cosa nostra. Ma quell’incredibile sentenza di assoluzione restituì forza e consenso ai boss che, naturalmente, si vendicarono contro il giudice che li aveva quasi sconfitti”.

Cesare Terranova non è stato un giudice qualsiasi. Ma un modello a cui si sono ispirati Gaetano Costa, Rocco Chinnici, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E poliziotti come Boris Giuliano, Beppe Montana, Ninni Cassarà. Tutti uccisi dalle cosche. Fu un grande investigatore, il primo ad aver capito che la mafia era un’organizzazione criminale unitaria che agiva di concerto con elementi della politica, dell’amministrazione pubblica e dell’economia. Un uomo capace di andare oltre i fatti per collegarli e farci comprendere così il disegno, mostruoso e tragico, che ha insanguinato la storia del nostro paese. Ecco perché, la mattina del 25 settembre 1979 fu eliminato insieme a Mancuso. “Di quali inconfessabili segreti erano venuti a conoscenza? A quali verità si stavano avvicinando tanto da far tremare il Palazzo? Cosa c’entra con questa storia la strage di Portella della Ginestra, il peccato originale della Repubblica italiana, lì dove tutto è iniziato? Cercheremo di spiegarlo nel film” dice Pasquale Scimeca.

Sarà un racconto visto attraverso gli occhi del giudice Terranova, che come scriveva il suo grande amico Leonardo Sciascia, erano “gli occhi e lo sguardo di un bambino. Cesare avrà sicuramente avuto i suoi momenti duri, implacabili, quei momenti che gli valsero la condanna a morte: ma i suoi occhi – concludeva lo scrittore di Racalmuto – saranno stati a misura del suo stupore di fronte al delitto, di fronte al male, anche se quotidianamente vi si trovava di fronte…”

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