L’ennesima ingiusta condanna per diffamazione: lo sfogo su Facebook del giornalista Damiano Aliprandi.

L’ennesima ingiusta condanna per diffamazione: lo sfogo su Facebook del giornalista Damiano Aliprandi.
Le voci già girano, quindi lo scrivo qui pubblicamente. Oggi sono stato condannato per diffamazione nei confronti di Scarpinato e Lo Forte. Una condanna, tra l’altro, molto devastante perché mi colpisce pesantemente al livello economico. Una condanna che va anche oltre ciò che aveva richiesto il pm.

Per chi mi segue sa che parliamo della mia inchiesta a puntate del 2018 dove ho ripercorso la vicenda del dossier mafia appalti come concausa delle stragi di Capaci e Via D’Amelio. Ogni cosa che ho riportato è documentato negli atti che noi abbiamo depositato. Non rinnego nulla di ciò che ho scritto. Nulla. Ho perso la prima battaglia, ma ci sarà l’appello, la cassazione e se ci sarà bisogno arriveremo fino alla Cedu.

Sono giornalista, quindi mi assumo le mie responsabilità per ciò che ho scritto, ma come ho detto al tribunale difenderò il mio lavoro fino alla fine. Sicuramente questa condanna mi esporrà ancora di più e non posso permettermi di rischiare altre querele. Quindi sicuramente tutto ciò condiziona anche il mio lavoro. Ora è certificato che ci sono personaggi innominabili e intoccabili.

Voglio ringraziare in primis l’avvocata Simona Giannetti che ha seguito il processo fin dall’inizio mettendoci l’anima. Oggi ha fatto un’arringa difensiva di tre ore e mezza sciorinando tutti i passaggi documentali che confermano le mie espressioni. Evidentemente non è bastato. Così come non è bastato l’intervento pieno di pathos dell’avvocato Fabio Trizzino, dove ha ricordato – citando i verbali e testimonianze dirette – la solitudine di Paolo Borsellino, suo genero, nell’allora procura di Palermo. Li ringrazio entrambi di cuore, sia per il lavoro, ma anche per la vicinanza e la loro umanità. Senza di loro sarei stato decisamente annichilito visto la pesantezza del tema affrontato.

Ora attenderemo le motivazioni e ovviamente si farà ricorso. Rimane però una certezza che nessuno può scalfire: possono rovinare la mia esistenza materiale, già precaria di suo, ma la mia coscienza, correttezza e dignità, rimane intatta. Sono fiero del mio lavoro e non sarà una sentenza di primo grado a smentirmi. Ora ci vuole un po’ di tempo per riprendermi. Ma nella vita ho sempre affrontato situazioni dure, quindi mi risolleverò.