L’amara verità su Garibaldi che il professore Barbero e gli storici come lui si rifiutano di accettare

facebook sharing button

twitter sharing button

whatsapp sharing button

telegram sharing button

messenger sharing button

sharethis sharing button

null

Aziende del Ragusano allagatePauseUnmute

Loaded: 6.52%

Remaining Time -1:48

ShareFullscreen

Aziende del Ragusano allagate

telegram sharing button

messenger sharing button

sharethis sharing button

Storia & Controstoria 03 marzo 2020

null

E invece, osserva Michele Eugenio Di Carlo, la verità su Garibaldi, sull’impresa dei Mille e, soprattutto, suo ruolo degli inglesi nella conquista del Sud ad opera dei piemontesi va raccontata. E pazienza se questo andrà a rivoltare il cumulo di bugie raccontate dalla storia ufficiale. Barbero prenda atto di quanto dice lo storico Eugenio Di Rienzo: e cioè che il lavoro di ricerca degli studiosi revisionisti non accademici del Risorgimento è prezioso!  

null

PUBBLICITÀ

null

di Michele Eugenio Di Carlo*

Professor Alessandro Barbero, essendo lei uno degli storici medievisti più accreditati, perché non lascia la storia del nostro processo unitario a specialisti già in evidente difficoltà?

null

In un suo famoso intervento divulgato dal canale YouTube dal titolo “La verità su Garibaldi”, lei tentando di riproporre la figura dell’ “Eroe dei due mondi” dice molte verità. Ma da quelle stesse verità che lei racconta, omettendone altre che le dirò, il personaggio Garibaldi al vaglio attento dello studioso e dello storico, al di là delle “leggende truffaldine”, non esce affatto fortificato come repubblicano, come patriota, come politico.

null

Lasci allora che un modesto studioso non accademico, non “educato” a frequentare studi televisivi importanti e spesso definito impropriamente “neoborbonico”, spieghi cosa Lei non ha vagliato, forse intenzionalmente, della figura di Garibaldi.

null

Il Giuseppe Garibaldi, ricordato in tutta Italia con statue, intitolazioni di vie e di piazze, godeva di uno stretto legame che lo vincolava alla Gran Bretagna, potenza coloniale che aveva forti interessi politici e commerciali da difendere nel Mediterraneo e che non si era mai fidata di Ferdinando II scatenandogli contro una spietata campagna denigratoria, i cui effetti persistono ancora oggi nei testi di storici assurdamente ancorati ad una storiografia ufficiale liberale sabauda.

null

L’idea di preparare una invasione militare in Sicilia non era stata di Garibaldi. In una lettera del 5 maggio ad Agostino Bertani, pubblicata l’8 maggio 1860 sul “Pungolo”, è lo stesso Garibaldi a renderlo noto1. Anche
per Camillo Benso Conte di Cavour, non era il momento propizio per sostenere i moti siciliani e impegnarsi nell’organizzazione di una spedizione militare in Sicilia, per le ragioni che lei stesso ha esposto.

null

Infatti, il suo collega Pietro Pastorelli, professore emerito di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Roma “La Sapienza” e presidente della Commissione del Ministero degli Esteri per la pubblicazione dei Documenti Diplomatici Italiani, dopo aver consultato l’ultima edizione completa dei Carteggi di Cavour e i documenti editi dagli archivi inglesi, francesi e prussiani, non ha lasciato alcun dubbio sul fatto che sia stato il Regno Unito ad incoraggiare e sostenere l’azione militare in Sicilia.

null

PUBBLICITÀ

null

null

Gentile professor Barbero, il ruolo della Gran Bretagna non è un elemento irrilevante nella ricostruzione storica della figura di Garibaldi.

Le critiche della Gran Bretagna al trattato franco-sardo del 24 marzo erano note, l’annessione della Savoia e di Nizza alla Francia aveva raggelato i rapporti tra Londra e Parigi e indotto il Governo inglese ad emettere un giudizio di totale inaffidabilità sul Conte di Cavour. Il pericolo che si potessero riaprire le porte d’Oriente alla Russia a cui il Regno delle Due Sicilie era particolarmente legato e che la Francia potesse allargare la sua influenza anche in Italia meridionale, mettevano in discussione l’egemonia economica e commerciale della Gran Bretagna nel Mediterraneo.

null

Già il 5 aprile Cavour, sospettando l’azione inglese nell’insurrezione di Palermo, contattava telegraficamente d’Azeglio, ambasciatore a Londra, affinché indagasse su un’ eventualità del genere.

null

Qualche giorno dopo d’Azeglio, sempre in contatto con il Primo Ministro inglese Palmerston, riferiva al Conte che l’atteggiamento di sfiducia nei suoi riguardi non era affatto mutato e che ulteriori altre annessioni italiane favorite dalla Francia non sarebbero state accettate dall’Inghilterra2.

null

Pastorelli deduce dai comportamenti la linea seguita dagli inglesi; una linea che si risolse nel sostenere con un accordo segreto l’operazione militare di Garibaldi nel sud Italia senza nemmeno contattare il Primo Ministro sabaudo di cui Palmerston non si fidava. Naturalmente, il sostegno a Garibaldi doveva essere negato anche di fronte all’evidenza per evitare reazioni di Francia, Austria, Russia e Prussia3.

null

PUBBLICITÀ

null

null

Il 30 aprile, il ministro degli Esteri inglese Russel trasmetteva all’ambasciatore Hudson le istruzioni sulla linea politica che il Governo torinese avrebbe dovuto seguire per andare incontro agli interessi inglesi.

null

Londra desiderava il non intervento di Torino nelle questioni riguardanti il Regno delle Due Sicilie, perché convinta che un intervento diretto del Piemonte avrebbe comportato l’intervento armato dell’Austria e per
reazione quello della Francia a difesa di Torino. Un’eventualità del genere avrebbe comportato l’ulteriore cessione di territori italiani alla Francia (Liguria o Sardegna) e uno squilibrio nella prevalenza inglese del
Mediterraneo.

null

PUBBLICITÀ

null

null

Questa la ragione precisa per cui l’Inghilterra si apprestava a sostenere l’impresa azzardata e “piratesca” di Garibaldi4.

Ed era questo anche il motivo per cui Garibaldi cambiava diplomaticamente atteggiamento nei riguardi di Cavour, dopo la frattura dei loro rapporti seguita alla cessione di Nizza. Finanche lo storico Giuseppe Galasso ha apprezzato il comportamento opportunistico di Garibaldi in quel frangente, scrivendo che aveva «lucidamente inteso le condizioni» che potevano agevolare la sua impresa, mantenendo a ogni costo «il rapporto con Torino, per averne l’appoggio diplomatico e militare».

null

PUBBLICITÀ

null

null

A questo punto professor Barbero, il Garibaldi socialista, repubblicano di cui lei parla già appare come una figura sfumata e dai contorni ambigui.
Non solo perché tradisce i suoi ideali, ma perché come scrive il suo compianto collega Galasso è costretto a dimostrare «di non procedere nel Mezzogiorno ad alcuna sovversione dell’ordine sociale, garantendo
insieme l’opinione pubblica europea e la borghesia meridionale»5.

null

Garibaldi, temendo impedimenti e ostacoli, vince la forte inimicizia e scrive a Cavour un messaggio per coinvolgerlo nell’impresa. Convocato il 2 maggio a Bologna, incontra Vittorio Emanuele II e Cavour, illustra i piani dell’impresa, conferma l’appoggio inglese, riceve l’approvazione sotto copertura del Re e del Primo Ministro6.

null

Professor Barbero, l’altro suo collega Eugenio Di Rienzo, accademico esperto, direttore della “Nuova Rivista Storica”, noto docente di Storia Moderna presso l’Università “La Sapienza” di Roma, riprendendo
una lettera di Massimo d’Azeglio all’ammiraglio Carlo Pellion7, conte di Persano, riporta alla luce che il vero piano affidato da Cavour all’ammiraglio era quello di condurre «una guerra non dichiarata, sotto neutralità apparente, contro Francesco II».

null

Da quanto riportato si evince chiaramente che il Conte sosteneva un’azione
illegale, contro il diritto internazionale, temendone le ripercussioni a livello europeo. Quindi, il compito di Persano non era quello dichiarato di avversare il progetto, ma di fornire assistenza a Garibaldi e a tutte le
spedizioni successive di uomini e di mezzi, ponendo tutti gli impedimenti possibili alla reazione della flotta borbonica, anche al costo di continuare a corrompere gli ufficiali napoletani favorendone il trasferimento
sotto le insegne della Marina dei Savoia8.

I nuovi vespri