Messina Denaro e il tesoro nascosto. Il Procuratore De Lucia: “lo stiamo cercando”

Il contrasto  da parte della magistratura inquirente , al patrimonio ritenuto nella disponibilità di  Matteo Messina Denaro  nel territorio del Belice,  vanta  numeri considerevoli. Centinaia di arresti, condanne per secoli di carcere ,  beni  confiscati per oltre 3 miliardi di Euro all’imprenditoria ritenuta collusa e il boss, stranamente,  continuava a godere di tanti soldi sporchi. 

Giusto dire che, qualche operazione, è stato errata ? Forse si

Dati pesanti che, di fatto, hanno smantellato un sistema economico sicuramente gasato e portato all’affarismo senza pietà alcuna. L’azione investigativa spesso è stata priva di strategia specifica e mirata alla logica :”dell’antibiotico ad ampio spettro”. 

Hanno usato le reti a strascico ma i soldi, secondo le indagini avvenuto dopo l’arresto, al boss di Castelvetrano,  non sono mai mancati. Come è possibile che “lu siccu” avesse tanti soldi a disposizione? E’ evidente che le indagini non hanno toccato qualcuno che invece i soldi li aveva e li dava al boss.

Il procuratore De Lucia oggi afferma che- si sta cercando il patrimonio nascosto-. Sarebbe importante capire questo aspetto . Chi è riuscito a nascondere, nonostante i rastrellamenti,  i beni  e i soldi  occulti del boss? Magari si scopre che,  qualcuno che ha pure parlato di antimafia, lo ha favorito

Una strategia che non è stata scevra da critiche. Il culmine di questo iter investigativo si è avuto con Teresa Principato. Il teorema, tutto sommato è semplice :la Principato e suoi più stretti collaboratori, hanno applicato il sistema del “calcolo delle probabilità”. Il Belice e il trapanese è stato l’obiettivo . Un obiettivo che ha mancato di centraggio.

  Chi è riuscito a fottere centinaia di investigatori continuando a foraggiare il boss? De Lucia e Guido indagano . Si spera che scoprano i veri furbi che hanno aiutato Messina Denaro  almeno negli ultimi 10 anni. Sicuramente il maledetto ha goduto di vantaggi economici provenienti dal settore olivicolo. Si vantava del suo olio biologico e delle sue olive. Chi produceva quest’olio per il signore degli abissi? Tanto da dire ci sarebbe su illustri sconosciuti imprenditori di vari settori che, negli ultimi anni nel territorio hanno realizzato fortune. Da non trascurare il settore sanitario che durante la pandemia ha fatto affari d’oro. Gettare sospetto a pioggia non ha più senso. Serve la verità. Non tutti gli imprenditori sono collusi. Serve chiarezza. Seguire le piste dei soldi come diceva Giovanni Falcone. Spesso le inchieste si sono fermate a gente morta di fame e con poco potere. Aver investigato solo nel mondo dei piccoli appalti è stato un errore grossolano. Bisognava guardare anche altrove.

L’uso di strumenti ad “ampio spettro” , un errore evidente.

La gestione  dei beni confiscati è stata disastrosa. Molte aziende sono fallite e lo Stato non ha saputo riconvertire l’economia malata in economia sana e produttiva. E’ stato creato un vero cimitero di aziende distrutte. Migliaia di posti di lavoro cancellati.  Anche questo aspetto ha dato forza al sistema Messina Denaro. La sfiducia è un verme pericoloso per la democrazia e lo Stato di diritto. Poi il Caso Saguto e Montante hanno completato l’opera .

L’arresto del boss cambia le cose

Adesso è necessario sapere tutto sul sistema Messina Denaro. Non bastano le storielle rosa. Le scopate del boss non aiutano la verità e poco interessano.

La ricchezza del boss ha origini lontane. Già il padre era uomo d’affari negli anni 80. Anni, in cui nel Belice giravano soldi a palate. Don Ciccio, ha aperto le porte della ricchezza e il figlio, con il cognato Guttadauro, hanno ingrandito il tesoro. I Messina Denaro sapevano che le leggi speciali firmate dopo le stragi potevano attaccare i loro patrimoni. E logica vuole che si immagini ad un sistema di protezione dei loro soldi , iniziato negli anni 90 e che ha trovato modifiche dopo l’arresto di Giuseppe Grigoli. E’ possibile ipotizzare la ricerca di altri sistemi per nascondere i soldi, magari attraverso banche amiche e anche finanziarie, oppure azioni, beni immobili( comprati anche all’asta), fallimenti pilotati, giri di fatture sulle olive e anche sulle speculazioni urbanistiche? Assolutamente si. Tra il 1995 e il 2012 nel territorio ci sono stati fallimenti , progetti 488 bruciati e finanziamenti pubblici sprecati a gogo. Nessuno si è accorto di nulla? Dal dubbio nasce la conoscenza. Invece, gli inquirenti, sono spesso andati troppo in largo.  Magari cercando il colpo mediatico. E il boss, ridendo, si godeva la vita e i suoi soldi. In siculo si dice: “Lu porcu l’ avia già sarvatu

 

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Jacopone da Todi