MARIO RAVIDÀ, DIRIGENTE DELLA DIA IN PENSIONE, A BRIGLIA SCIOLTA SULL’ETERNA TRATTATIVA STATO-MAFIA

Inizia così il nostro scambio di idee e di opinioni con Mario Ravidà. Ha ancora gli occhi lucidi ed il cuore a pezzi per quello che gli è successo, sia a lui che alle persone con le quali ha collaborato nel corso di oltre quarant’anni di onorata e specchiata carriera nelle Forze dell’Ordine, con compiti e ruoli delicatissimi.

Buonasera Petrotto.

Tengo a precisare immediatamente una cosa: io non sono schierato ne’ da una parte ne’ dall’altra. Lei ha capito a cosa mi riferisco e cioe’ alla “divisione” per discordanze di vedute sulla strage di Borsellino, tra Fiammetta e suo zio Salvatore. Mi piace attenermi ai fatti; a quello che emerge e a tutto quello che ci puo’ portare alla verita’ su quanto accadde e su quello che ancora oggi accade.

Quello che mi spinge, come detto, e’ la voglia e il desiderio di verita’ e giustizia.

Per prima cosa perche’ in quelle stragi sono morti miei colleghi che facevano il mio stesso lavoro e per seconda cosa perche’ in qualche modo sono coinvolto, avendo partecipato alle prime indagini sulla strage, scoprendo il palazzo scomparso dalle indagini dei Graziano e perche’ successivamente ho vissuto insieme a Riccio le sue vicende, le indagini, gli arresti, sino a quando Riccio non e’ rientrato sotto le dipendenze di Mori.

Con Riccio ho mantenuto e mantengo ottimi rapporti amichevoli anche oggi.

Per tale motivo sono stato teste in tutti i processi che lo riguardavano dal favoreggiamento a Provenzano di Obinnu e Mori al processo stato-mafia, nonché al processo Borsellino quater per la vicenda del Palazzo scomparso dei Graziano e anche teste al piu’ recente processo sui depistaggi a Caltanissetta.

Riccio e’ stato colui che mi ha anche reso partecipe dei fatti accadutogli con i ROS ed in particolare la mancata cattura di Provenzano a Mezzojuso per tale motivo le mie testimonianze.

Riccio e’ un galantuomo, oltre ad essere stato un ottimo ed onesto Ufficiale dei CC.

Successivamente, dopo 5 anni, dalla morte di Ilardo,sono anche quello che ha raccolto le confidenze che mi indicavano gli autori mafiosi del delitto e sebbene io abbia fatto una relazione di servizio immediata, per nove mesi, il mio Ufficio ( la DIA di Catania), non ha fatto nulla ne un indagine ne’ un semplice accertamento.

Dopo mie insistenze, la mia relazione che indicava gli autori mafiosi del delitto Ilardo venne finalmente inviata in Procura a Catania e nemmeno la Procura fece assolutamente nulla, nemmeno una doverosa delega d’indagine.

Si sono dovuti aspettare altri 12 anni affinche’ il mio confidente di 17 anni prima, si pente e quindi contatto il Giudice Pacifico mettendolo al corrente di quanto sapeva il mio confidente ( Sturiale Eugenio) essendo stato restimone oculare del delitto Ilardo.

Alche’ Pacifico non puo’ esimersi ed istruisce il processo sugli autori mafiosi del delitto, poi condannati sino in cassazione.

Ancora si aspettano conclusioni in merito ad un fascicolo aperto sulle connessioni Istituzionali e sebbene anche da pensionato abbia fornito ulteriori elementi su appartenenti ai ROS e della Procura di Caltanissetta dove vi fu una fuga di notizie, ancora oggi quel fascicolo sulle connessioni Istituzionali non vede luce!

Le ho fatto questo resoconto per dirle chi sono stato in ambito a tali vicende ( qualora non lo sapesse) e per dirle che non mi piacciono le tesi dell’Avv/to Trizzino, i suoi rapporti con Mori e le difese prese verso i Ros; nonche’ le recenti visite insieme (Mori-Trizzino) in commissione Antimafia con la nuova gestione alla Presidenza.

Pertanto io, ripeto, riporto solo fatti che ritengo importanti per giungere alla verita’ e successiva giustizia.
Non mi schiero e non sono schierato a supporto di nessuna tesi, se prima non si raggiunge una verita’ proprio per quell giustizia e verita’, anche se fosse ormai storica ( perche’ Giudiziaria non ci credo piu’) sui fatti occorsi.

Il tutto nel nome delle vittime innocenti e cioe’ i miei colleghi.

Spero si essere stato chiaro.

Quello che segue è il mio commento a caldo. È una mia considerazione riguardante questa interessantissima nota di Mario Ravidà autore, alcuni anni fa, di un libro il cui titolo è tutto un triste e tragico programma: ‘Carne da macello‘. Ravidà è un uomo delle Istituzioni impegnato in prima linea nella lotta alla mafia e col quale in questi giorni abbiamo dialogato anche a proposito degli strettissimi legami tra Tangentopoli e Mafiopoli…

La ringrazio per queste sue precisazioni. Anch’io non parteggio per nessuno. Non sono né guelfo, né ghibellino. Comprendo, ma non giustifico pienamente, alcune sbandate dei familiari delle vittime di mafia. Purtroppo sono stati troppi i depistaggi. Così come le vittime di tali depistaggi. E chi come Lei combatteva in prima linea ne sa più di ogni altro. Per ricostruire alcune verità storiche è necessario andare sino in fondo. Una pista investigativa non sempre può e deve escludere necessariamente l’altra. Per le stragi ci sono state, probabilmente, delle più o meno volute convergenze di interesse di alcuni noti ‘criminali di Stato’.

Ma ciò che non si riesce mai a sopportare è l’ipocrisia di alcuni personaggi che hanno recitato la parte loro assegnata, da un sistema di potere perverso. Si tratta, come Lei ben sa, di alcuni vertici della magistratura e delle forze dell’ordine, oltre che della politica, ovviamente. Sono in molti ad aver mentito, sapendo di mentire o che si sono girati dall’altra parte. Magari per semplice quieto vivere o per interessi di varia natura. Inoltre, con i loro silenzi, le loro omissioni, le loro incredibili sviste, hanno causato un vero e proprio olocausto giudiziario. Infliggendo, più o meno indirettamente, delle tragiche morti fisiche, ma anche morali e civili. Solo facendo emergere tutte quante le loro nefandezze, possiamo continuare a guardare in faccia i nostri figli. O per lo meno ci sforziamo di dare ancora qualche modesto contributo, per una causa che ancora non è definitivamente persa: l’accertamento di alcune verità vere! Al netto della manipolazioni investigative e giudiziarie.
La storia non necessariamente la devono scrivere sempre i vincitori. Soprattutto coloro che sono abituati a vincere sempre sguazzando in un mare di fetida melma istituzionale.
All’indomani delle stragi si diceva che bisognava cambiare il volto delle Istituzioni. Invece abbiamo cambiato solo le maschere delle Istituzioni. Con i vari Napolitano e Mattarella ad organizzare il solito ballo in maschera!

Risposta di Ravidà: Concordo perfettamente in tutto…grazie ancora…!

Ed io di rimando…

È un grandissimo piacere potere scambiare delle opinioni su dei fatti inoppugnabili. Spero che ci si possa confrontare ulteriormente, magari nel corso di qualche dibattito pubblico. Ormai tutti parlano ma nessuno dice niente! Volutamente, ovviamente!

A quel punto visto che la conversazione è diventata oltremodo interessante gli ho chiesto se la potevo pubblicare e lui mi ha subito risposto:

Si certo, puo’ pubblicare non ho alcun problema…👍se vuole, puo’ anche aggiungere che io e un’altro mio collega ( Francesco Arena) che lavoravamo con Riccio, dopo la cacciata di quest’ultimo dalla DIA ( che ritengo concordata per riportare il Colonnello sotto un controllo piu’ “ferreo” da parte dei Ros) siamo stati convocati dai vertici della DIA di quel momento e “diffidati” per non frequentare piu’ il Riccio perché era, a dire dei vertici della DIA, un criminale che stava per essere arrestato. Cosa che avendo noi una testa pensante, non abbiamo fatto e abbiamo continuato a frequentarlo sebbene la dura diffida con minaccia di essere cacciati dalla DIA. Questo sino quando Riccio non e’ stato veramente arrestato, per fatti precedenti e che non avevano nulla a che fare con il rapporto con Ilardo, proprio nel momento in cui presentava il rapporto “grande oriente” ( dove scriveva e rapportata tutti i fatti accadutogli e le difficolta’ avute nelle sue indagini) a varie Procure e cioe’ Caltanissetta, Palermo e Catania. Arresto fatto, come detto, per fatti precedenti in cui al Riccio, per essere liberato, chiesero Ufficialmente e per iscritto, le agende con gli appunti delle confidenze fatte da Ilardo. Cosa c’entrassero tali agende con i motivi diversi per cui Riccio fu arrestato, lo sanno solo i Giudici di Genova ed in particolare il PM dell’epoca Dott. Canepa che aveva lavorato precedentemente a Gela. I motivi per cui Riccio fu arrestato, caddero quasi tutti nei successivi processi e comunque in Italia veniva arrestato per le modalita’ di operazioni antidroga che condusse e la DEA Americana, invece ritenne di premiare Riccio per i suoi successi operativi.
Questi sono state anche i contesti e i contenuti delle Nostre testimonianze nei processi che le dicevo oltre quanto gia’ detto…

Aggiungo che il nostro continuare a frequentare il Riccio, oltre alla stima per quest’uomo, era dettato da esigenze investigative poiche’ avevamo in corso un’indagine denominata “chiara luce”, iniziata da e per le indicazioni che ci provenivano dal Riccio poiche’ aveva appreso da Ilardo chi in quel momento storico reggeva la famiglia Santapaola e pertanto il nostro frequentare Riccio era essenziale per avere ulteriori notizie sull’operazione in corso. Operazione che poi porto’ all’azzeramento dei vertici della famiglia mafiosa con piu’ di 30 arresti tra responsabili e gregari dei Santapaola…
tutto per vero merito di Riccio e Ilardo che lo notiziava…oltre gli arresti dei latitanti mafiosi effettuate, sempre, su indicazione di Ilardo.

E’ chiaro che ritengo che l’arresto del Riccio sia stato strumentale per calunniare e screditare quest’uomo, poiche’ non si spiegherebbe, altrimenti, come facevano i vertici DIA a sapere molto prima che Riccio sarebbe stato arrestato se il fatto non sarebbe stato preventivamente concordato tra DIA, ROS e Magistratura genovese che procedette, tramite i ROS ad arrestare Riccio. Che cercassero le Agende del Riccio dove vi erano anche le rivelazioni di quanto era a conoscenza di Ilardo su Dell’Utri, Forza Italia e l’Avvocato Minniti fu palese poiche’ fu tentata, nel momento dell’arresto del Riccio, di fare una perquisizione a casa dell’ispettore Arena, che come detto lavorava con me e Riccio. Perquisizione finalizzata alla ricerca delle Agende che invece Riccio aveva dato ad un notaio di sua fiducia per nasconderle. La perquisizione a casa di Arena che nel momento dell’arresto del Riccio aveva accompagnato quest’ultimo all’aeroporto di Catania, non fu fatta per l’intervento del Giudice Marino che la vieto’…!

Arresti, denunce ecc per screditare e calunniare uomini che sapevano la verita’, adottato come modus operandi, anche nei confronti di Gioacchino Genchi e Carlo Pulici…!

Ne volete di più!

E qui per ora termina questo proficuo dialogo a distanza con Mario Ravidà.

Prima di congedarci non possiamo fare a meno di lasciarci andare ad una quanto mai opportuna chiosa finale…

Per forza di cose questo deve continuare ad essere il trattamento da riservare agli autentici e fedeli servitori dello Stato?

O forse è arrivato il momento di reagire, così come è avvenuto nel 1992, quando grazie all’indignazione ed alla rabbia popolare furono smascherati alcuni soggetti del sistema massomafioso, asserragliati anche dentro le Istituzioni, che brigavano da una vita per fare fuori magistrati, esponenti delle forze dell’ordine, giornalisti, imprenditori e persino parroci; tutti quanti uccisi perché si opponevano ad ogni forma di condizionamento illegale di ogni singolo settore, pubblico e privato, della vita sociale, economica, politica e culturale di un’intera Nazione.

A partire dalle ultime stragi, quelle del 1993, a quanto pare, come sosteneva Paolo Borsellino, i due poteri che si contendono lo stesso territorio, Stato e mafia, si sono messi d’accordo, stritolando ed uccidendo chiunque si è opposto a questa trentennale trattativa in maniera più sofisticata, più subdola.

Le sentenze di morte sono state inflitte in modo silente. Oggi chi si oppone al regime massomafioso imperante muore per lo più di infarto, di leucemia fulminante o a causa di un incidente fortuito.

Mentre alcuni  magistrati chiamati ad occuparsi delle inchieste più delicate, vengono ancora scelti dalle cordate, dalle logge e dalle lobby di cui parla il magistrato, oggi posato dal CSM, Luca Palamara; ex decano delle nomine di comodo dei vertici della magistratura italiana e adesso reo confesso. Primo vero pentito  di Stato! E che fanno questi magistrati, anche quando ci scappa il morto? Per cause naturali ovviamente!  Cosa succede quando qualche poliziotto, qualche testimone scomodo o qualche agente dei servizi di sicurezza viene colto da un improvviso malore e muore, o gli capita un incidente e muore? Cose che spesso capitano, sempre del tutto casualmente, magari qualche giorno prima di un interrogatorio importante o perché quel povero e disgraziato investigatore si stava occupando di un’indagine che riguardava, possibilmente, dei mafiosi travestiti da professionisti dell’antimafia. Qualche magistrato recentemente diventato famoso, in questi casi si è limitato ad archiviare e ad insabbiare non solo per paura, per quieto vivere, ma anche per obbedire al sistema che lo ha prescelto per gestire cose molto delicate che solo lui e nessun altro collega può gestire. Contemporaneamente, quei pochi soggetti del genere che ancora si prestano a coprire le malefatte di un sistema criminale, di solito diventano invece dei giudici implacabili nel perseguire e perseguitare tutti coloro che fanno emergere talune scomode verità. La loro tecnica preferita è quella di delegittimare e perseguire penalmente, per diffamazione e calunnia, chi denuncia con prove, documenti e testimonianze inoppugnabili, i crimini ed i criminali di Stato. In Sicilia questi ultimi Moicani, ad esempio, si contano si e no sulle dita di una mano. Ma sono davvero ostinati nel difendere l’indifendibile; in taluni casi mostrano apertamente ancora tutto il loro livore, il loro disprezzo e la loro rabbia. Non sopportano che degli inermi e comuni cittadini possano lontanamente mettere in discussione il loro operato. Oggi sono ancora più incarogniti perché si sentono ormai braccati ed isolati. Soprattutto da quando i loro giochini per favorire lobby, logge e cordate varie, sono stati scoperti anche dalla stragrande maggioranza dei loro colleghi che lavorano ed operano invece onestamente e correttamente in nome e per conto del Popolo Italiano.