Femminicidio, “l’ha bruciata ancora viva”: ergastolo confermato

Condannato all’ergastolo anche in Appello Pietro Morreale, il ragazzo che a Caccamo, in provincia di Palermo, avrebbe tramortito e poi bruciata viva la sua fidanzata. I dettagli.

Lo scorso 30 ottobre il sostituto procuratore generale di Palermo, Maria Teresa Maligno, a conclusione della requisitoria, ha invocato la conferma della sentenza, emessa dalla Corte d’Assise il 12 ottobre del 2022, di condanna all’ergastolo a carico di Pietro Morreale, 22 anni, di Caccamo, imputato di avere ucciso il 23 gennaio del 2021 la fidanzata Roberta Siragusa, 17 anni.

Roberta Siragusa

Adesso la Corte d’Assise d’Appello, presieduta da Angelo Pellino, ha risposto sì: “Confermiamo la sentenza di primo grado: condanna all’ergastolo”. Lui, Morreale, ha litigato con la sua fidanzata durante una cena con amici. Poi l’ha aggredita e tramortita colpendola con un sasso. Poi le ha appiccato il fuoco addosso. Poi l’ha gettata in dirupo. Poi l’indomani si è recato dai Carabinieri. E ha raccontato: “La mia ragazza dopo una lite si è prima incendiata, e poi si è buttata in un burrone”. Dopo alcuni giorni, i Carabinieri, da subito scettici sul racconto, lo hanno arrestato per omicidio pluri-aggravato. Il rapporto tra Morreale e Siragusa sarebbe stato burrascoso. Nel corso del dibattimento in Aula sono emersi 33 episodi di violenza commessi da lui nel corso del tempo contro di lei. E poi il video di una telecamera di sorveglianza nella zona dell’efferato delitto, che è stato proiettato innanzi ai giudici in occasione dell’incidente probatorio, ed in cui è stata registrata l’agonia della sventurata, che brucia divorata dalle fiamme per almeno 5 minuti. E a poca distanza è posteggiata l’auto di Morreale, nei pressi dello stadio comunale, dove la coppia si è appartata dopo avere litigato, e dove sono state trovate anche le chiavi di Roberta. E poi le macchie del suo sangue sono state rinvenute nell’automobile di lui. Pietro Morreale avrebbe assistito a quanto accaduto seduto in auto, poi avrebbe caricato il cadavere sull’automobile e poi lo avrebbe lanciato giù in una scarpata nelle campagne di Caccamo. Lei avrebbe voluto separarsi da lui, e lui non si sarebbe rassegnato, tanto che, al culmine dell’ennesimo diverbio, l’ha aggredita col sasso, le ha gettato addosso del liquido infiammabile conservato in automobile, e l’ha arsa viva.

Roberta Siragusa

Durante la stessa notte i genitori di Roberta gli hanno telefonato. Lui, verosimilmente per crearsi un alibi, ha inviato dei messaggi al telefonino di lei, scrivendole: “Dove sei. Sono preoccupato”.

I genitori e il fratello di Roberta

Al processo si sono costituti parte civile i genitori, il fratello, e la nonna di Roberta. Il condannato risarcirà la madre della vittima, Iana Brancato, per 225mila euro, il padre, Filippo Siragusa, per 229mila euro, il fratello Dario per 209mila euro, e la nonna, Maria Barone, per 117mila euro. Risarcirà anche il Comune di Caccamo con una provvisionale esecutiva di 15mila euro.

teleacras angelo ruoppolo