Giovedì scorso, 30 novembre, ho assistito all’apertura di ‘LIBeRi a Ragusa’, nona edizione dell’annuale appuntamento di incontri con autori ed editori iblei che, promosso e istituito dall’omonima associazione, ha conquistato nel tempo uno spazio culturale significativo nella città.
Per l’occasione sono stato appositamente invitato in quanto autore di un articolo che ‘LIBeRI a Ragusa’ ha prescelto quale destinatario del Premio giornalistico dedicato alla memoria di Giovanni Spampinato e introdotto lo scorso anno, in occasione dell’ottava edizione della manifestazione, con il riconoscimento a Salvatore Spampinato, fratello del giornalista ucciso e autore del libro ‘Giovanni Spampinato, assassinato perché cercava la verità’. Dopo il momento fondativo celebrato – e non poteva farlo con un battesimo migliore – lo scorso anno con l’attribuzione del Premio giornalistico ad un’opera di grande pregio che riporta a galla molte verità nascoste sul delitto del 1972, da quest’anno quindi il Premio entra nella sua vita ordinaria.
Il messaggio inviato, il 13 febbraio 2015, dal magistrato antimafia De Lucia all’indagato per mafia Montante è di scioccante attualità. Il premio di ‘LIBeRI a Ragusa’ ad un articolo sulla libertà di stampa, la cattura del boss Matteo Messina Denaro da parte del medesimo De Lucia, il libro che la celebra scritto insieme al cronista di ‘la Repubblica’ Salvo Palazzolo che nel 2018 citava il Pm come ‘talpa’ di Montante per i colloqui in Dna con un suo uomo inviato per carpire notizie sull’inchiesta nissena. La lotta contro la mafia, e contro ogni crimine, ha bisogno di trasparenza, di verità, di domande senza limiti, di risposte pubbliche, quindi di piena libertà di pensiero e di parola che è bene prezioso non dei giornalisti ma della democrazia di cui, al pari dell’indipendenza dei giudici, è fondamento, perciò da mettere al riparo da ogni aggressione anche per via giudiziaria da parte o con l’avallo di non pochi magistrati.