CARTA CANTA/Prima parte – Montante e l’Antimafia parolaia

SCRIPTA MANENT, VERBA VOLANT. Ritorniamo sul «Sistema Montante» anche con la nostra Rubrica. E lo facciamo a puntate. Questa volta utilizziamo le dichiarazioni di chi si è occupato del falso eroe. Pupo o puparo? E rispondiamo, per l’ultima volta (perché noi di WordNews.it non dobbiamo dare conto a nessuno del nostro lavoro), a coloro che chiedono: ma perché vi state occupando del condannato (in secondo grado) ed ex paladino dell’Antimafia di facciata? Perché lo state facendo solo ora? A Lor signori noi rispondiamo così: prima di parlare di qualcosa noi studiamo, leggiamo le carte. E, poi, le pubblichiamo. I riflettori abbiamo deciso di tenerli accesi. Per molto tempo. Fatevene una ragione. Ma perchè siete interessati proprio a queste nostre pubblicazioni? 

Paolo De Chiara

Paolo De Chiara Dec 19, 2023 11:57

CARTA CANTA/Prima parte – Montante e l’Antimafia parolaia

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Antonio Calogero Montante, al secolo Antonello, fiore all’occhiello di Confindustriacelebrato paladino della legalità, arrestato lo scorso 14 maggio 2018 nell’ambito dell’indagine Double Face condotta dalla DDA della Procura di Caltanissetta e dalla locale Squadra Mobile.

Inchiesta sul “Sistema Montante”, Relazione conclusiva, ARS, Commissione parlamentare d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia, 19 marzo 2019

Il 10 maggio 2019 Calogero Antonio Montante, per tutti “Antonello”, ex presidente di Confindustria Sicilia (Sicindustria) ed ex vicepresidente nazionale e delegato per la legalità di viale dell’Astronomia, viene condannato dal Gup di Caltanissetta a quattordici anni di reclusione.

Montante è riconosciuto colpevole di avere organizzato un elaborato sistema di dossieraggio. In media, sostengono i pubblici ministeri Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso, sarebbero stati effettuati accessi abusivi per un arco di 7 anni, per cercare informazioni su personaggi pubblici…»

Linkiesta, 2 agosto 2019

La Corte d’Appello di Caltanissetta ha condannato l’ex presidente di SicindustriaAntonello Montante a 8 anni per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo al sistema informatico. In primo grado era stato condannato a 14 anni. Sconto di pena pertanto per l’ex presidente degli industriali siciliani, ritenuto a capo di un sistema di spionaggio.La decisione della Corte d’Appello è arrivata dopo 8 ore di Camera di consiglio: lo scorso 15 gennaio l’accusa aveva chiesto 11 anni e 4 mesi di carcere.

Il Fatto Quotidiano, 8 luglio 2022

 

Le condotte contestate sono gravissime: secondo gli inquirenti, Antonello Montante sarebbe stato a capo di una rete di spionaggio dedita ad acquisire informazioni riservate (anche mediante accessi abusivi alla banca dati SDI delle forze di polizia), ivi comprese quelle riguardanti l’attività d’indagine che si stava svolgendo nei suoi confronti.  

Inchiesta sul “Sistema Montante”, Relazione conclusiva, ARS, Commissione parlamentare d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia, 19 marzo 2019

A dipanare la complicata matassa dell’affaire Montante – che gli inquirenti ritengono possa anche essere in possesso delle intercettazioni tra il presidente della Repubblica Napolitano e il ministro dell’Interno Mancino sulla trattativa stato-mafia, intercettazioni che la Corte costituzionale aveva ordinato di distruggere) è il libro “Il padrino dell’antimafia – Una cronaca italiana sul potere infetto”, Zolfo editore, 312 pagine, 18 euro) dell’inviato di Repubblica Attilio Bolzoni. Siamo a inizi 2015. Il giornalista, che si trova a Caltanissetta, sua città d’origine, nota che da un giorno all’altro i quotidiani locali siciliani, che giornalmente dispensano fotografie-santini di Montante insieme al potente di turno, hanno smesso di farlo.

Linkiesta, 2 agosto 2019

Sulla scia della vicenda giudiziaria – già nelle prime ore successive all’arresto – emergevano una serie di fatti e circostanze che, seppur privi di rilevanza penale, erano tali da destare forti preoccupazioni, imponendo da parte di questa Commissione l’avvio di un’indagine. La domanda, nella sua gravità ed essenzialità, è semplice: com’è stato possibile consolidare nel tempo e impunemente un sistema di governo parallelo che ha avocato a sé gli aspetti più strategici della governance della Regione? Qual è stata la sua capacità di persuasione e di controllo sui processi decisionali, amministrativi e di spesa? In che modo Montante e i suoi sodali si sono potuti sostituire, nella distrazione o nella compiacenza di tanti, al governo regionale assumendo determinazioni di indirizzo politico, definendo organigrammi, promuovendo o stroncando carriere interne all’amministrazione, nominando o rimuovendo assessori? E infine, qual è stato il prezzo pagato da Montante e dai suoi – alla politica, all’informazione, alle istituzioni tutte – per ottenere silenzio e assenso?

Inchiesta sul “Sistema Montante”, Relazione conclusiva, ARS, Commissione parlamentare d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia, 19 marzo 2019

«Io ho soltanto voluto raccontare una storia, riportare una cronaca come fosse un articolo lungo trecento pagine che su Repubblica non avrei potuto certo pubblicare per ragioni di spazio. Di questa inchiesta su Montante ho riempito 63 taccuini».

Il Padrino dell’antimafia, Attilio Bolzoni, giornalista

 

Di questo sistema di potere parallelo, Montante rappresentava certamente la punta di diamante, l’indiscusso oracolo di una nuova stagione della legalità e, al tempo stesso, l’efficiente manovratore di interferenze, invasioni di campo e forzature istituzionali che hanno fortemente segnato un’intera stagione politica. Ma all’ombra e accanto ad Antonello Montante, nelle indagini dell’Autorità Giudiziaria di Caltanissetta, ha preso consistenza anche l’inner circle di Montante, una sorta di cerchio magico – chiuso, aggressivo e sinergico – che ha accompagnato il presidente di Confindustria Sicilia nella progressiva erosione di legittimità delle istituzioni regionali, accentrando su di sé i compiti di decidere, premiare o punire.

Inchiesta sul “Sistema Montante”, Relazione conclusiva, ARS, Commissione parlamentare d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia, 19 marzo 2019

«…non ho nulla contro don Ciotti, ritengo soltanto che lui e Libera, al pari di altre associazioni, non abbiano gli strumenti culturali per riconoscere la mafia, che è tornata ad essere sé stessa dopo la stagione stragista, che è stata solo una parentesi. Tanto che Libera ha continuato a firmare protocolli di legalità con i soci di Montante, anche quando i contorni di chi era veramente avevano cominciato a delinearsi con le inchieste in corso. Purtroppo, in tanti sono rimasti fermi alla mafia che spara. E questa è una mancanza di sapere. Le associazioni antimafia grondano di retorica. La mafia non è mai cambiata, è tornata a mischiarsi con la società. E anche lo Stato non è cambiato dopo che ha mostrato i muscoli.»

Attilio Bolzoni, autore del “Padrino dell’Antimafia”, Linkiesta, 2 agosto 2019

 

Ecco come ne parla la sentenza della Corte di Cassazione che, annullando con rinvio al Riesame l’ordinanza del Tribunale di Caltanissetta “limitatamente al reato associativo”, scrive di Montante “Un uomo che ha creato dal nulla un’allarmante e pervasiva rete illecita, giunta a penetrare non solo nei vertici delle forze dell’ordine in ambito locale, ma anche a livelli apicali di organismi istituzionali operanti a livello centrale. (…) Finanziare le campagne elettorali di esponenti politici di diversi schieramenti per potere avere sempre un punto di riferimento in soggetti chiamati a rivestire incarichi di governo, così ponendo le premesse per il dispiegarsi della propria azione corruttiva”.

Inchiesta sul “Sistema Montante”, Relazione conclusiva, ARS, Commissione parlamentare d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia, 19 marzo 2019

«È vicino a Cosa Nostra, alla famiglia mafiosa di Serradifalco». Voci e accuse di pentiti che raccontano la loro verità su Antonello Montante, presidente di Sicindustria e componente dell’Agenzia dei beni confiscati ai boss. Questi sono soltanto alcuni frammenti di dichiarazioni di tre pentiti, raccolte in tempi non recentissimi dai magistrati della procura di Caltanissetta dove l’imprenditore, che è diventato una sorta di «reuccio» dell’Antimafia ufficiale, è sotto indagine per concorso esterno in associazione mafiosa.I collaboratori di giustizia che lo coinvolgono sono cinque ma le rivelazioni che pubblichiamo sono quelle – parziali – di tre di loro, tutti mafiosi della provincia di Caltanissetta. Uno è Pietro Riggio, un altro è Aldo Riggi, il terzo Carmelo Barbieri, un insegnante di educazione fisica nipote del boss della Cupola Giuseppe Madonia.

Attilio Bolzoni e Francesco Viviano, Repubblica, 9 febbraio 2015

 

La Commissione ha ritenuto dunque di approfondire non solo – e non tanto – i comportamenti del Montante, quanto il ruolo e le responsabilità di coloro che, assieme al leader di Confindustria, hanno concorso (dentro e fuori dalla Regione) alla costruzione di questo governo parallelo e ne hanno garantito l’impunità di fronte alla pubblica opinione. Ne emerge, come vedremo, uno spaccato di reticenze e benevolenze che attraversa la Sicilia e l’intera nazione, e non risparmia nessun ambito istituzionale: dalla magistratura alla stampa, dal governo regionale a quello nazionale, dalla pubblica amministrazioneall’impresa privata.

Inchiesta sul “Sistema Montante”, Relazione conclusiva, ARS, Commissione parlamentare d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia, 19 marzo 2019

Ma ecco cosa dicono i tre pentiti. Aldo Riggi: «Conosco Antonello Montante dal 1990, periodo in cui stava realizzando un palazzo in via Valenti a Caltanissetta e per questi lavori la mia impresa realizzò lavori… li avevo già quasi terminati e venni avvicinato da Montante che mi chiese di sospendere le forniture ed i trasporti perché doveva subentrare la ditta di Paolino Arnone e del figlio Vincenzo (tutti e due testimoni di nozze di Montante, ndr)». Poi entra nei dettagli: «In particolare il Montante mi rappresentò il rapporto di amicizia che aveva con Paolo Arnone, così come mi fece capire di essere consapevole dell’appartenenza di questi a Cosa Nostra, motivi per i quali non avrebbe potuto non affidargli i lavori».

Attilio Bolzoni e Francesco Viviano, Repubblica, 9 febbraio 2015

 

Nel complesso, gli atti e le testimonianze raccolte hanno consegnato a questa Commissione una fotografia impietosa delle istituzioni siciliane. Ma emerge anche (e per fortuna) una capacità di denunzia e di resistenza morale tanto più significativa quanto più si è trovata isolata e – in taluni casi – perseguitata. Lo confermano le vicende professionali di alcuni dirigenti della Regione Siciliana, rei di disobbedienza e per questo vittime di autentiche liste di proscrizione. Lo confermano i destinatari dei “dossier” confezionati (o commissionati) da Montantepretendendo da alcuni funzionari dello Stato di compulsare gli archivi della banca dati SDI (Sistema di Informazione Interforze) per schedare avversari, antagonisti, critici o semplicemente giornalisti con la schiena dritta. Storie misere ma non episodiche.

Inchiesta sul “Sistema Montante”, Relazione conclusiva, ARS, Commissione parlamentare d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia, 19 marzo 2019

 

Dichiarazione a verbale di Pietro RiggioDopo avere premesso di non avere conosciuto personalmente Antonello Montante, ricorda che un giorno – è il 2000 voleva fare un’estorsione ai danni di un suo fratello che aveva un negozio di giocattoli. Fu fermato da Salvatore Dario Di Francesco, un boss (che poi si pentirà anche lui e accuserà anche lui Montante) «che si mostrò molto rammaricato delle mie intenzioni, poiché mi disse che i Montante erano vicini alla famiglia di Serradifalco, nel senso che si prestavano ad assumere persone indicate da quella famiglia e non erano pertanto persone da vessare, quanto piuttosto da ‘riguardare’…».

Attilio Bolzoni e Francesco Viviano, Repubblica, 9 febbraio 2015

 

L’indagine Double Face ha una genesi del tutto singolare, compendiando – così come scrive il Gip Giannazzo “…tra le altre, alcune vicende involgenti Antonio Calogero Montante, parte delle quali andavano a saldarsi con altre già risultanti da quanto in precedenza riferito a questa DDA da Riggio Pietro, Riggi Aldo e Barbieri Carmelo, così implementando il quadro di cui si disponeva e rendendo necessaria l’apertura di un procedimento nei confronti dello stesso Montante per il delitto di cui agli artt. 110, 416 bis cod. pen. – le risultanze di una complessa attività investigativa che prende avvio a seguito della collaborazione con la giustizia di Salvatore Dario Di Francesco, già reggente della famiglia di Serradifalco. È il 3 aprile del 2014. Davanti ai pubblici ministeri di Caltanissetta, il Di Francesco narrava: A seguito di tali propalazioni, nell’intento di raccogliere elementi a riscontro, gli inquirenti disponevano un servizio di ascolto nei confronti del Montante e delle persone a lui legate da rapporti personali e fiduciari, tra i quali Marco Venturi e Alfonso Cicero.

Inchiesta sul “Sistema Montante”, Relazione conclusiva, ARS, Commissione parlamentare d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia, 19 marzo 2019

 

Così Riggio non chiese più la tangente. E precisa: «Le assunzioni di cui mi ha parlato Di Francesco si riferivano ad una fabbrica di Serradifalco, gestita da Antonello Montante, fabbrica dove, per quel che mi fece intendere Di Francesco, lavoravano già persone indicate dalla famiglia mafiosa». Poi riferisce di un’altra «mediazione», quando un amico di Montante, Massimo Romano, titolare di una catena di supermercati, per aprirne uno a Serradifalco «ha chiesto il permesso ad Arnone attraverso l’intervento dello stesso Montante». Un’ultima annotazione di Riggio: «Quando ho saputo che Montante era diventato un simbolo dell’antimafia, mi sono stupito assai, sapendo della sua vicinanza a noi».

Il terzo pentito, Carmelo Barbieri: «Uno dei capi della mia famiglia, Carmelo Allegro, mi disse che i Montante erano ‘soggetti amici’..».

Attilio Bolzoni e Francesco Viviano, Repubblica, 9 febbraio 2015

 

…la Procura di Caltanissetta ordinava una fitta serie di perquisizioni nei confronti di Montante e dei soggetti a questi collegati.Anche la casa dell’imprenditore, in contrada Altarello di Serradifalco, è nella lista dei posti da controllare da cima a fondo. Ed è in quest’occasione che gli agenti della squadra mobile fanno una scoperta sensazionale, per la cui descrizione è utile rimandare a quanto rilevato nell’ordinanza: 

«Si dirà diffusamente delle importanti acquisizioni procedimentali raccolte all’esito delle attività disposte dall’Ufficio, ma in questa sede occorre dar conto di una di esse, in quanto rivelatasi, per certi aspetti, di fondamentale importanza al fine di ricostruire la ramificata rete di rapporti costruita dal MONTANTE a seguito della sua ascesa in seno alla locale associazione degli imprenditori. Si tratta, in particolare, di un file in formato excel denominato “copia di appunti in ordine cronologico (Ordinati 11.11.2015) Rev (version 1)”, rinvenuto all’interno di un pc portatile marca HP – Pavillion. (…) Il personal computer in questione veniva rinvenuto dalla polizia giudiziaria all’interno di un vano ubicato nel piano seminterrato dell’abitazione del MONTANTE di Contrada Altarello di Serradifalco. (…) 

In particolare l’accesso alla stanza in questione… era occultato da una finta parete a libreria – dietro alla quale vi era una porta blindata – ed al cui interno era custodita anche ingente documentazione cartacea. Tale è il motivo per il quale – onde facilitare la comprensione di ciò che si verrà dicendo – la stanza in questione verrà definita nel prosieguo della trattazione, anche se in maniera un po’ semplicistica, la “stanza segreta”».

Inchiesta sul “Sistema Montante”, Relazione conclusiva, ARS, Commissione parlamentare d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia, 19 marzo 2019

 

Protetto dai ministri dell’Interno Annamaria Cancellieri e Angelino Alfano, dal direttore dei servizi segreti Arturo Esposito e da quello della direzione investigativa Antimafia Arturo De Felice, dalla presidente dell’Eni Emma Marcegaglia, è stato costruito come simbolo dell’Antimafia nonostante il torbido passato e le frequentazioni in Cosa Nostra.

Attilio Bolzoni, Domani, 12 febbraio 2022

 

Abbandonata la pista iniziale, ossia quella del concorso esterno in associazione mafiosa, per mancanza di riscontri in grado di elevare specifici addebiti nei confronti di Montante, gli sforzi della Procura e degli investigatori si concentrano su un altro versante. Diventa infatti di primaria importanza valutare l’attendibilità della svolta legalitaria promossa dall’imprenditore di Serradifalco e le sue reali motivazioni.

Inchiesta sul “Sistema Montante”, Relazione conclusiva, ARS, Commissione parlamentare d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia, 19 marzo 2019

 

I suoi avvocati hanno tentato la carta della disperazione, avanzando richiesta per annullare il verdetto di primo grado, «in quanto era incapace di partecipare coscientemente al giudizio».

Attilio Bolzoni, Domani, 12 febbraio 2022

 

A tal proposito, rifacendosi a quanto rappresentato dalla Procura della Repubblica di Caltanissetta nella richiesta di misura custodia cautelare, scrive il Gip: «In ogni caso, le attività d’indagine compiute sul punto ed il coacervo di acquisizioni dalle stesse risultanti serve da cornice per delineare, in primo luogo, quali siano, a parere di questo Ufficio, “le origini” delle fortune del MONTANTE ed a comprendere, in secondo luogo, come la svolta legalitaria di cui questi si è fatto portatore non fosse altro che un mero paravento dietro cui cercare di occultare – forte di quelle relazioni che era riuscito ad instaurare proprio portando il vessillo dell’antimafia – quei rapporti che aveva certamente intessuto e coltivato con esponenti di spicco della criminalità organizzata. : (…) Serviva ingenerare la diffusa convinzione che esistesse “un vecchio sistema” – verso cui ormai ci si opponeva – caratterizzato da collusioni tra imprenditori, politici ed esponenti mafiosi, al cui interno poter ricomprendere, di volta in volta ed in maniera indiscriminata, tutti coloro che non si adeguavano al “nuovo corso”. Si è trattato, a ben vedere, della realizzazione di un sottile e ben pianificato disegno volto a ridurre al silenzio coloro che, in astratto, avrebbero potuto riferire circostanze compromettenti sul conto del MONTANTE e, ancor prima, a prevenire possibili indicazioni sui suoi pregressi rapporti con esponenti mafiosi che, laddove veicolate, si sarebbero ben potute contrastare, come effettivamente avvenuto, tacciandole come il tentativo di reazione di un sistema compromesso e colluso verso coloro che, in maniera autoreferenziale, si proponevano come portatori di una rivoluzionaria svolta improntata alla legalità. In altre parole, proprio l’accurata analisi del complesso degli elementi che sono stati acquisiti… serve a smascherare quell’inganno che è stato sapientemente costruito nel corso degli anni e che è solo servito, da un lato, a nascondere i compromettenti rapporti avuti col passato con esponenti mafiosi della provincia di Caltanissetta e, dall’altro lato, a creare un sistema di relazioni funzionale alla tutela degli interessi del MONTANTE e di coloro che allo stesso sono sempre stati vicini, che, a ben vedere, non ha fatto altro che sostituire un pregresso sistema basato sulle medesime logiche di potere… e che ha potuto prosperare – questo è il paradosso – proprio veicolando all’esterno l’immagine di una svolta legalitaria (solo proclamata) che a quel pregresso modello si voleva opporre».

Inchiesta sul “Sistema Montante”, Relazione conclusiva, ARS, Commissione parlamentare d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia, 19 marzo 2019

 

Racconti di feste di compleanno passate insieme ai “don”. Anche un Natale con il boss Vincenzo Arnone che, «in segno di rispetto», gli fa visita nella sua villa.

Attilio Bolzoni, Domani, 12 febbraio 2022

 

LEGGI ANCHE:

– Le cazzate odierne sul SISTEMA MONTANTE

– Ma che fine ha fatto il Sistema Montante?

– L’antimafia parolaia che non serve a una ceppa

– Inutili lezioni di moralità

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– «Il Sistema Montante» è ancora vivo e lotta contro di noi

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DIRETTORE WordNews.it – direttore@wordnews.it – Giornalista, iscritto all’OdG Molise. Scrittore e sceneggiatore italiano. È nato a Isernia, nel 1979. In Molise ha lavorato con gran parte degli organi di informazione (carta stampata e televisione), dirigendo riviste periodiche di informazione, cultura e politica. Si dedica con passione, a livello nazionale, alla diffusione della Cultura della Legalità all’interno delle scuole. LIBRI: – Nel 2012 ha pubblicato «Il Coraggio di dire No. Lea Garofalo, la donna che sfidò la ‘ndrangheta» (Falco Ed., Cosenza); – nel 2013 «Il Veleno del Molise. Trent’anni di omertà sui rifiuti tossici» (Falco Ed., Cosenza, vincitore del Premio Nazionale di Giornalismo ‘Ilaria Rambaldi’ 2014); – nel 2014 «Testimoni di Giustizia. Uomini e donne che hanno sfidato le mafie» (Perrone Ed., Roma); – nel 2018 «Il Coraggio di dire No. Lea Garofalo, la donna che sfidò la schifosa ‘ndrangheta» (nuova versione aggiornata, Treditre Ed.); – nel 2019 «Io ho denunciato. La drammatica vicenda di un testimone di giustizia italiano» (Romanzi Italiani, finalista del Premio Internazionale “Michelangelo Buonarrori”, 2019). Dal romanzo «Io ho denunciato», nel settembre del 2019, è stato tratto un corto e un medio-metraggio (CinemaSet, vincitore Premio Legalità, Fiumicino 2019). È autore del soggetto e della sceneggiatura del corto e del medio-metraggio «Io ho denunciato. La drammatica vicenda di un testimone di giustizia italiano», 2019 (Premio Starlight international Cinema Award, 77^ Mostra del Cinema di Venezia, settembre 2020). – nel 2022 «UNA FIMMINA CALABRESE» (Bonfirraro Editore). – nel 2023 «UNA VITA CONTRO LA CAMORRA» (Bonfirraro Editore). – Ha collaborato con CANAL+ per la realizzazione del documentario Mafia: la trahison des femmes, Speciàl Investigation (MagnetoPresse). Il documentario è andato in onda in Francia nel gennaio del 2014. Premio Adriatico, «Un mare che unisce», Giornalista molisano dell’anno, Guardiagrele (Chieti), dicembre 2019. Premio Valarioti-Impastato, Rosarno (RC), maggio 2022. Premio Carlo Alberto Dalla Chiesa, San Pietro Apostolo (Catanzaro), agosto 2022. FONDATORE e PRESIDENTE di Dioghenes APS – Associazione Antimafie e Antiusura (dioghenesaps.it) — paolodechiara.blog

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Lea ha conosciuto la ‘ndrangheta da vicino: come tante donne, ha subìto la violenza brutale della mafia calabrese. Ha denunciato quello che ha visto, quello che ha sentito: una lunga serie di omicidi, droga, usura, minacce, violenze di ogni tipo. Ha raccontato la ‘ndrangheta che uccide, che fa affari, che fa schifo! È stata uccisa perché si è contrapposta alla cultura mafiosa, che non perdona il tradimento – soprattutto – di una fimmina. A 36 anni è stata rapita a Milano per ordine del suo ex compagno, dopo un precedente tentativo di sequestro in Molise, a Campobasso.

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