“Silvana Saguto”, altro processo

Imputazione coatta a Caltanissetta per l’ex magistrato Silvana Saguto, detenuta a Rebibbia: altro processo per il maxi sequestro da 1 miliardo e 600 milioni ai Virga.

L’ex presidente della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto, è ancora a giudizio. Lei, ex magistrato perché radiata, è detenuta a Roma, a Rebibbia. Sconta 7 anni e 10 mesi di reclusione, sentenza definitiva in Cassazione, per corruzione. E adesso affronterà un altro processo perché il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta, Santi Bologna, ne ha disposto l’imputazione coatta rigettando le due istanze di archiviazione delle indagini proposte dalla Procura nissena. Alla Saguto si contesta il falso in atto pubblico: il maxi sequestro del patrimonio degli imprenditori Virga di Marineo non è stato deciso in una camera di consiglio collegiale ma dalla sola Saguto. Furono sigillati 1 miliardo e 600 milioni di euro tra impianti di calcestruzzo, imprese edili, aziende agricole, di produzione di gas terapeutici e industriali, ristorazione, immobili. Alcuni collaboratori della Giustizia, come Nino Giuffrè e Giovanni Brusca, hanno raccontato di avere appreso da Ciccio Pastoia, boss di Belmonte Mezzagno, e da Bernardo Provenzano, che uno dei fratelli Virga, Carmelo, è stato sostenuto dalla mafia. Ciò alimentò dei sospetti, smentiti da Virga, risalenti nel tempo e non utili per imbastire un processo penale. Invece bastarono per la misura di prevenzione e il sequestro che coinvolse anche i fratelli di Carmelo, ovvero Vincenzo, Francesco, Anna e Rosa Virga. Poi quando Silvana Saguto non è stata più presidente della Sezione misure patrimoniali, i beni furono tutti restituiti ai Virga tranne alcuni immobili e partecipazioni societarie di Carmelo Virga già confiscate. Nel 2013 i Virga furono valutati dai magistrati e ottennero benefici dallo Stato per avere denunciato il racket, con successive condanne. Per un anno gli furono congelati i debiti con l’Erario, e incassarono 1 milione e mezzo di euro dal fondo nazionale per le vittime del racket. Poi l’8 luglio del 2015 scattò il sequestro ordinato dalla Saguto. E crollò tutto. Dalle intercettazioni emerse che lei esaminò la documentazione relativa ai Virga, migliaia di pagine, in pochi giorni prima di firmare il decreto di sequestro. Le sue parole intercettate: “Non ho avuto il tempo di guardarle, ora parto per una trasferta, quando torno, cioè domenica torno, da lunedì comincio a guardarmi le carte”. I Virga denunciarono il magistrato, sostenendo che il sequestro a loro danno, in mancanza dei presupposti, rientrasse nel ‘patto corruttivo’ di Silvana Saguto per distribuire incarichi ben pagati di amministrazione giudiziaria dei beni al suo ‘cerchio magico’ di avvocati, consulenti e professionisti in genere, poi condannati anche loro in Cassazione. Ecco perché, anche per il caso Virga, alla Saguto è stato contestato il reato di corruzione. Però, siccome è stata già condannata per lo stesso reato, e quindi “ne bis in idem”, il giudice ha archiviato l’ipotesi di corruzione rinviandola a giudizio solo per falso in atto pubblico perché il maxi sequestro miliardario ai Virga fu deciso solo da lei e non in camera di consiglio collegiale. L’udienza preliminare è in calendario il 18 aprile. I Virga sono parte civile tramite l’avvocato Luca Inzerillo.

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