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“Messina Denaro”, i fiancheggiatori e l’alcova

Gentile, Leone e Gulotta, presunti fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, scelgono di essere giudicati in abbreviato. L’interrogatorio dell’operaio comunale Andrea Bonafede.

Hanno scelto di essere giudicati con il giudizio abbreviato, ovvero solo sulla base degli atti già nel fascicolo del pubblico ministero e beneficiando dello sconto di un terzo sull’eventuale condanna. A gennaio risponderanno presente all’appello del giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Palermo, Marco Gaeta, tre presunti fiancheggiatori trapanesi di Matteo Messina Denaro, custodi della sua latitanza: l’architetto Massimo Gentile, suo cognato, il radiologo Cosimo Leone, e l’operaio agricolo Leonardo Gulotta, arrestati dai Carabinieri del Ros lo scorso 27 marzo, attualmente detenuti.

Andrea Bonafede del 1970

Nel frattempo è stato depositato agli atti dello stesso procedimento un interrogatorio dell’operaio comunale di Campobello di Mazara, Andrea Bonafede, cugino del geometra Andrea Bonafede, colui che ha prestato l’identità al boss fino alla cattura. Lo scorso 19 ottobre Bonafede, già condannato in primo grado in abbreviato a 6 anni e 8 mesi di reclusione per favoreggiamento aggravato, si è seduto innanzi ai magistrati Paolo Guido e Gianluca De Leo, e ha negato ogni coinvolgimento diretto nel favoreggiamento del boss pur riconoscendo il suo ruolo di “attore”, come lo ha definito. Nell’automobile di Bonafede sono state rinvenute delle chiavi una delle quali apriva un garage a Mazara del Vallo, descritto come una sorta di “alcova” in uso a Messina Denaro. E Bonafede a domanda ha risposto: “Sono sicuro al 100% che non avevo quelle chiavi. Se era un’alcova, perché avrei dovuto avere io la chiave del cancello? Quelle chiavi, che ho usato per la mia attività di operaio del Comune, potrebbero aprire un qualsiasi lucchetto o cancello, non necessariamente quel garage. Non avevo motivo di avere quelle chiavi”. Dalle indagini sarebbe emerso che sia Bonafede sia Rosalia Messina Denaro, sorella del boss, hanno posseduto le chiavi di alcuni garage in via Castelvetrano a Mazara del Vallo, riconducibili ai fratelli Giuseppe e Sabrina Caradonna. Uno dei locali era stato trasformato in un piccolo appartamento che sarebbe stato a disposizione di Messina Denaro. E poi, lo stesso architetto Massimo Gentile è imputato di avere fornito documenti a Messina Denaro per l’acquisto di una Fiat 500 e una moto BMW. Gentile, però, sostiene che i documenti gli siano stati sottratti da Bonafede durante un periodo in cui hanno lavorato in un’azienda agricola. E lui, Bonafede, a domanda ha risposto: “Non è vero. Non ho mai sottratto documenti a Gentile. Ho avuto in uso una fotocopia per regolarizzarlo all’Inps quando raccoglievamo le olive. Questo è vero, ma i documenti per la moto e l’auto risalgono a prima di quel periodo, il 2017”. Ancora Gentile non esclude che il furto di documenti possa essere avvenuto nel periodo in cui ha lavorato anche lui al Comune di Campobello di Mazara. Sull’architetto, del quale è stato compagno di liceo, Bonafede non ha dubbi: “Non credo che Massimo Gentile fosse a conoscenza di tutta questa situazione, magari è stato raggirato. Era ignaro di quanto accadeva. Siamo tanti gli attori di questa storia, ma molte cose restano ancora da chiarire”.

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