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Omicidio Mangione a Raffadali: inflitti 30 anni in Appello

Dopo il rinvio dalla Cassazione, la Corte d’Assise d’Appello di Palermo riconosce l’aggravante della premeditazione e condanna a 30 anni il raffadalese Angelo D’Antona per l’omicidio di Pasquale Mangione.

Lo scorso 3 maggio la Cassazione, accogliendo il ricorso della Procura generale di Palermo, ha annullato con rinvio ad altra sezione d’Appello la sentenza di condanna a 16 anni di reclusione a carico di Angelo D’Antona, 38 anni, di Raffadali, imputato dell’omicidio del pensionato di Raffadali, Pasquale Mangione, 69 anni, ex dipendente del Comune di Raffadali, ucciso a colpi di pistola in contrada “Modaccamo”, nelle campagne fra Raffadali e Cianciana, il 2 dicembre del 2011. D’Antona è stato condannato in primo grado in abbreviato dal giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Agrigento, Stefano Zammuto, a 30 anni di reclusione. Poi i giudici di secondo grado hanno ridotto a 16 anni la pena non riconoscendo l’aggravante della premeditazione. Di parere opposto sono stati i giudici della Cassazione che hanno rinviato gli atti del processo in Appello per valutare la sussistenza dell’aggravante. Adesso altra sezione di Corte d’Assise d’Appello ha riconosciuto tale aggravante, e ha condannato a 30 anni D’Antona, difeso dagli avvocati Antonino Gaziano e Teresa Alba Raguccia, che hanno facoltà di ricorrere in Cassazione. Per lo stesso delitto, lo scorso 19 aprile la Corte d’Assise di Agrigento, presieduta da Wilma Angela Mazzara, ha condannato all’ergastolo Roberto Lampasona, 46 anni, di Santa Elisabetta. E il 16 luglio del 2023 la Corte d’Appello, ritenendo prevalente la collaborazione sulle attenuanti generiche, ha inflitto 10 anni di carcere ad Antonino Mangione, 42 anni, di Raffadali, che si è auto – accusato dell’omicidio coinvolgendo Angelo D’Antona e Roberto Lampasona, entrambi indicati da Mangione come esecutori materiali. In particolare Antonino Mangione ha raccontato: “Uno dei figli di Pasquale Mangione, Francesco, mi chiese se potevo organizzare l’omicidio del padre, era diventato un fastidio per lui perchè andava in giro a molestare donne in paese. Mi diede 5.000 euro che spartimmo con Roberto Lampasona e Angelo D’Antona, altri 1.300 euro li pagò a parte per la pistola che acquistai da un palmese. A commettere materialmente l’omicidio sono stati Lampasona e D’Antona. Io ho chiesto l’autorizzazione a Francesco Fragapane, il capo mandamento, che mi disse che la vittima non apparteneva a Cosa Nostra e, in definitiva, potevamo fare quello che volevamo”. Il pubblico ministero, Sara Varazi, nel corso della requisitoria in primo grado, ha affermato che il movente rivelato da Antonio Mangione non è stato riscontrato, e che non vi sono dubbi, invece, come emerge dalle intercettazioni, del coinvolgimento di D’Antona e di Lampasona. Nell’ottobre del 2021 la stessa Sara Varazi ha proposto l’archiviazione delle indagini a carico di Francesco Mangione, 49 anni. E il Tribunale ha accolto e condiviso.

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